Sebastian Lelio. Gloria
“Gloria, manchi tu nell'aria”. Usciti dal cinema, dopo aver visto “Gloria” di Sebastian Lelio, non sarà facile togliervi dalla mente la hit di Umberto Tozzi. Non solo perché un'affascinante versione cilena del pezzo accompagna la luminosa scena finale e i titoli di coda, ma anche perché Gloria, la protagonista ultracinquantenne del film, vi mancherà veramente.
Vi spiacerà non sapere più niente di lei, anche se durante il film avrete maturato una fiducia tale nelle sue possibilità di rialzarsi dopo ogni caduta che la separazione non sarà affatto angosciosa. Gloria non ci fa mai veramente preoccupare per lei perché è una donna matura, matura nel senso più gustoso del termine. Nell'accezione comune la “maturità” è associata alla pace dei sensi, se non alla rassegnazione. “Dorme lo spirto guerrier” della giovinezza, quando si approssima la sera, e solo chi nella vita non ha mai smarrito la via sembra potersi meritare sonni tranquilli.
Gloria è la dimostrazione che la sera è fatta anche per ballare e che il senso della vita non è dato, ma si incontra ogni giorno nel dipanarsi imprevedibile delle nostre esistenze. È l'antitesi della rassegnazione e anche quando il suo coraggio non è premiato, sa raccogliere con cura le parti di sé sparse in riva al mare dopo una notte in cui il ritmo ha preso il sopravvento sulla ragione. Si potrebbe dire che si comporta come un'adolescente, cercando l'amore con la foga di chi non ha ancora smesso di idealizzare i sentimenti, in realtà si comporta solo come una persona viva che il passare degli anni non ha reso diffidente e incline alle generalizzazioni.
Per Gloria gli uomini non sono ancora tutti uguali, nonostante gli uomini che la circondano facciano di tutto per corroborare questo pregiudizio da zitelle. Il vicino del piano di sopra è un po' suonato, passa le notti a inveire contro una donna che, possiamo immaginare, è fuggita da lui. L'ex marito soffre della sindrome del coccodrillo e, alla prima occasione, sfodera le familiari lacrimucce di chi ha molto da farsi perdonare. Insuperabile il nuovo amore: un uomo immaturo, bugiardo e parecchio vile. (Per non parlare del fatto che indossa una pancera, regalando immancabili scene tragicomiche nei momenti d'intimità). E di momenti intimi ce ne sono molti, anche espliciti. Assistere all'amore tra due persone non più giovani può suscitare un po' di imbarazzo, ma Sebastian Lelio racconta le cose come stanno e non si preoccupa di risparmiare agli spettatori piccoli disagi.
La sua Gloria è carne e sangue. Paulina Garcìa, Orso d'Argento come migliore attrice al Festival di Berlino, ci regala un personaggio indimenticabile che, nell'abbandonarsi al flusso, non dimentica di mettersi il collirio per curare l’incipiente glaucoma e di struccarsi accuratamente prima di andare a dormire. Una donna che si vuole bene, anche quando viene tradita. Una donna che invecchia bene perché ha scoperto che il segreto dell’eterna giovinezza è non rimpiangere i tempi andati.
Il film di Sebastian Lelio rispetta le promesse del cinema cileno, che, nonostante la battuta d’arresto seguito al colpo di stato di Pinochet, sembra destinato a volare alto e a non rassegnarsi a essere ammirato nel mondo solo per la psicomagia di Jodorowsky.