Sotto i mari della Cina

10 Luglio 2023

La fantascienza cinese nelle sue alterne fortune è sempre stata sospinta da due obiettivi: promuovere il sapere scientifico utilizzando la forma narrativa e riflettere criticamente sulla realtà sociale. All’inizio del secolo scorso, quando l’ordine imperiale era prossimo al crollo e la Cina era il “malato dell’Asia”, emerge il romanzo scientifico che, tentando di compensare la debolezza nazionale, proietta il paese in un futuro di forza, ricchezza e sviluppo tecnologico. Con la Repubblica Popolare si affaccia una narrativa di stampo utopico-scientifico, caldeggiata dal governo quando prevede un futuro raggiungibile con la lotta di classe, ma nel contempo osteggiata per il timore che venga incrinata l’ideologia ufficiale con altre visioni del futuro. Soltanto negli anni novanta, con l’apertura al mondo occidentale e l’intensificarsi delle traduzioni di opere straniere, questa letteratura è stata totalmente appoggiata per contribuire a rendere popolare la dimensione scientifica accantonando l’impegno militante. E così ha iniziato a farsi strada una nuova generazione di autori, la cd “new wave”, che ha gradualmente ridefinito convenzioni e stili. A modo loro essi recuperano il passato, raccontano le pieghe nascoste del presente proiettandolo nel futuro, espandendo la libertà espressiva su una materia plasmabile e ancora in costruzione. Questa produzione si propone di sperimentare nuove tecniche narrative come riflessione sul mondo cinese, e in particolare sui sogni e sugli incubi generati dalla tumultuosa modernizzazione e la parallela crescita economica (Iannuzzi, FantAsia, Doppiozero). 

Lungi dall’essere una sterile letteratura di evasione, la “science fiction” cinese si presenta così come una raffigurazione allegorica del reale e, al contempo, un riflesso del mondo e la riflessione su di esso. Una sorta di “realistica irrealtà” in cui si combinano elementi apparentemente incompatibili come razionalità e magia, utopia e realismo, e si rielabora il mito del progresso e dello sviluppo tecnologico. Poiché, come è stato osservato, “la finzione è ovunque e lo scrittore ha il compito semmai di inventare la realtà”, le storie rivelano la freddezza di chi non intende svelare le deviazioni del presente con fatti inconsueti, ma ritiene sufficiente descriverli come appaiono.

Decisivo è l’atteggiamento nei confronti della variabile ‘tempo’, come ha osservato Francesco Verso, studioso di questa letteratura e tra i suoi promotori italiani. La narrativa cinese secondo Verso predilige un andamento in cui il tempo non segue una linea retta, ma il passato diviene un veicolo per raccontare il presente e nel contempo proiettarlo nel futuro. I rapporti intergenerazionali tra i giovani e i vecchi, tra un passato contadino, un presente urbano e un futuro ultratecnologico, tra il confucianesimo di ieri e il capitalismo di oggi sono elementi lontani tra loro, ma intrecciati in un canovaccio “non-lineare”. Si dà così vita a una situazione immaginata ma scientificamente plausibile, a quella cornice alternativa, “il novum” di cui parla Darko Suvin, con cui osservare le trasformazioni del paese. Viene descritta una politica che disegna obiettivi sociali utopici (il cosiddetto “sogno cinese”) intrisi con quelli distopici e una società che si struttura su applicazioni innovative: avveniristici servizi online, strumentazioni futuristiche spingendosi tecnologicamente nel futuro. 

Negli ultimi decenni la fantascienza cinese si è presentata al mondo con un ingresso tumultuoso, rappresentando una delle nuove realtà del momento, sia letterarie che editoriali. Autori cinesi vincono prestigiosi premi editoriali come il famoso premio Hugo, vendono migliaia di copie, compaiono traduzioni direttamente dai testi originali. In Italia, dopo le meritevoli ed esoteriche raccolte di Urania, sono uscite antologie quali Nebula: Fantascienza contemporanea cinese e Sinosfera (2018) o traduzioni di romanzi soprattutto per i tipi romani di Fiction Future, come le due antologie. Ne è ulteriore e significativo esempio l’uscita in questi giorni del romanzo sul futuro dell’intelligenza artificiale (AL 241, Luiss University Press, 2023) scritto da Chen Quifan, autore già noto in Italia per racconti (nelle antologie World Science Fiction, Antropocene, Futugrammi, Come ho imparato ad amare il futuro, Nebula) o per romanzi (Il sole cinese, L’eterno addio, Marea tossica). 

In questo terreno di coltura nasce e cresce la narrativa dei cd “tre generali”, Liu Cixin di cui ci siamo è già occupati (Liu Cixin e la fantascienza cinese, doppiozero), Wang Jinkang e Han Song, accumunati dallo sperimentalismo, dalla carica sovversiva, dalla sofisticazione artistica. Il loro è stato definito uno “spirito avanguardistico” che rifiuta le visioni ottimiste della politica ufficiale per rappresentare invece gli aspetti rimossi e invisibili. Di Han Song è comparsa di recente la traduzione di Oceano Rosso (ADD edizioni, Torino, 2023), dopo alcune sue narrative presenti nel panorama italiano (tra le altre “Paradiso 38” in Sole cinese, Future Fiction 2021 e “Controlli di sicurezza” in Sinosfera cit.). Nato nel 1965, giornalista presso l’agenzia di stampa ufficiale del regime, viene criticato per una visione troppo cupa, dominata da un’ansia angosciata verso un paese che cancella il passato ma tiene sulla corda il popolo sull’avvenire, spingendo ad andare veloce in avanti senza però conoscerne le ragioni e gli scopi. Votata al progresso, la sua Cina risulta però vuota sul versante spirituale tanto da fargli osservare che “pur sviluppata economicamente ad essa mancano ancora molte cose come la legge, la solidarietà umana, il rispetto e l’interesse per gli altri. Anche in ambito scientifico da tempo non ha prodotto invenzioni o novità, forse perché non abbiamo vissuto un rinascimento come quello occidentale… La scrittura ha un ruolo fondamentale perché permette di pensare a più di una possibilità, anche se nel mio paese esiste sempre una sola possibilità, un solo futuro deciso dall’alto. Di futuri dovrebbero invece essercene diversi e ognuno dovrebbe poterlo scegliere”.

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Esemplificativo è il racconto I mattoni della rinascita nella antologia omonima (Future Fiction, 2020) ove si narra di un architetto che produce materiale da costruzione grazie alle carcasse dei morti a causa di un terremoto, quello realmente verificatosi a Wenchuan nel 2008. Dopo aver costituito una vera e propria attività commerciale, l’architetto vende questi mattoni che contengono anche le anime dei defunti. Questo “riciclo” permette una rapida ricostruzione del paese risollevando le sorti dei sopravvissuti, tanto che l’architetto viene insignito di riconoscimenti per la sua brillante intuizione e il suo vivace spirito imprenditoriale. La popolazione è talmente coinvolta da questi “mattoni della rinascita” che spera si verifichino altri disastri per poterne utilizzare di nuovi, giungendo ad invadere ed infestare una civiltà aliena per favorire uno sterminio di massa e fabbricare così altri mattoni con i loro cadaveri. La vera provenienza di questi mattoni non è nota alla popolazione, convinta che siano formati da detriti e paglia, ma ignorando la presenza dei resti umani. Metafora potente che non si può ridurre a un semplice messaggio sull’uso dei che i vivi si sentono autorizzati a fare, spesso senza interrogarsi su quanto avvenuto in passato o senza indugiare sulle cause dei disastri in quanto si tratta del punto di partenza per la ripresa. 

Secondo Chiara Cigarini, curatrice dell’edizione, “l’autore ha inteso attraversare frontiere spaziali tra la Cina e il mondo e temporali (passato, presente e futuro coesistenti nella sua produzione), oltrepassando il confine sempre più sottile tra scienza e magia… sfumando la razionalità nell’irrazionale, individuando nel misticismo una cifra che riporta la fantascienza cinese alle sue origini fantastiche”. 

In un’altra prova (Metropolitana, 2011) Han Song colloca i cinesi in una metropolitana perché in superficie si sono verificate devastanti calamità. L’incubo si svolge dentro quelle carrozze, simbolo del progresso già a partire dall’epoca maoista, epoca in cui fu ordinata la costruzione. La metropolitana, senza fermarsi, viaggia verso un futuro incerto e chi sale non può più scendere. I passeggeri iniziano a manifestare comportamenti strani: alcuni diventano cannibali, altri si trasformano in insetti privi di coscienza, in un processo di degenerazione che travolge e uccide. “Questa metropolitana è nel cuore della terra, costruita con congegni elaborati, diretta verso paesi dove non riescono ad arrivare perché si sono trasferiti su un altro pianeta. La terra è ormai deserta e sono rimasti solo i cinesi che continuano a vagare” (intervista a Pieranni e Decarlo, Il Manifesto quotidiano, luglio 2013). 

Venendo a Oceano rosso, Han Song ritrae un futuro lontano dove l’inquinamento è ovunque e costringe gli esseri umani a spostarsi nelle profondità dell’oceano. Romanzo crudo, estremo, che richiama istintivamente il “Mondo sommerso” di Ballard, è una riflessione sulle sorti dell’umanità e su come essa si rapporti con i propri simili e con l’ambiente circostante. 

La narrazione si apre con Stellamarina, protagonista e voce narrante, che proietta il lettore in un mondo subacqueo apparentemente primitivo, di colore rosso per il sangue della violenza che lo domina e per le scorie radioattive. Le risorse dell’oceano sono però limitate, per cui quegli umani sono costretti a uccidersi e a mangiarsi a vicenda per sopravvivere, alle prese con la morte per malnutrizione o l’uccisione da parte di predatori o di piante acquatiche ostili, ma soprattutto dei loro simili. Il cannibalismo, spesso metafora della letteratura cinese per rappresentare le coercizioni della società e della cultura, denota un mondo soffocato dagli istinti più barbari. E questo riferimento potrebbe essere stato introdotto per non trascurare i numerosi, antichi episodi di crudeltà, di omicidi dinastici e usurpazioni della politica cinese antica. 

La struttura narrativa esordisce con “Il nostro presente” anteponendolo alla seconda parte successiva intitolata “Il nostro passato”, confondendo così i piani temporali e quindi interpretativi. Il presente, barbaro rispetto al precedente periodo, riavvia il processo di civilizzazione, mentre il passato appare in controluce come un’inquietante anticipazione del futuro. In questo percorso l’imbarbarimento in atto non è quindi il ricordo del passato, ma la “regressione nel futuro”. È un viaggio nel tempo dai passaggi alterati in cui, come osserva l’autore, ‘il futuro è come il passato che si ripete’. I momenti si intersecano in una trama nella quale i periodi storici sono imperfetti, coagulati, indistinti. E il destino del popolo, così come quello dell’umanità, sembra essere destinato al fallimento. 

La lettura mostra un’interpretazione quasi visionaria del ciclo della vita dove il cibo è dominante e le donne sono merce di scambio con finalità riproduttive. E proprio in questo ambiente il protagonista avrà modo di confrontarsi con una realtà insuperabile: le gerarchie. Le tribù hanno un capo, un leader, ma la supremazia di uno sugli altri è stabilita in modo indefinito, in una continua alternanza di conflitti che generano mutamenti ininterrotti. 

Con il cambiamento della condizione degli abissi, con la diminuzione di cibo e di ossigeno, le donne, in difficoltà negli spostamenti, rischiano di diventare loro stesse cibo e con la loro estinzione si estinguerà la stirpe intera. È presente un cambiamento che modifica l’ecosistema oceanico, ostile alla specie umana come lo sono le piante che, seppur prive di intelligenza, manifestano la loro malevolenza verso gli umani che di esse si cibano. Pertanto si impone la ricerca di nuove mete, di un oceano blu, ma purtroppo si raggiunge solo una nuova grotta con più ossigeno e acqua fresca, ma non la leggendaria città Sottomarina che il protagonista cerca spasmodicamente per ripararsi dai pericoli dell’oceano. 

Ed ecco finalmente sopraggiungere il periodo della rinascita. Stellamarina cambia le abitudini della tribù, si unisce alla moglie Bella che avvierà una discendenza pura e in salute. Si procede in uno stato quieto sino a quando sopraggiungono nuovi cambiamenti oceanici che impongono nuove migrazioni che condurranno, queste sì, alla città Sottomarina. Ormai decaduta ed abbandonata, essa segnerà però l’avvio della rinascita attraverso una nuova civiltà, intravedendo nel progresso una dimensione avveniristica anche della società cinese. 

Intanto, fuori dalle acque divampano le guerre cosmiche in cui si confrontano navicelle spaziali con alieni robot. Due disertori, senza trovare tracce di vita, sorvolano l’oceano rosso e si chiedono se chi vive in fondo al mare sappia di astronavi. Si immergono nelle acque per rendersi conto della situazione, ma vedono solo nastri simili a spine di pesce staccatisi dalla corteccia cerebrale, che paiono a loro agio nelle profondità delle acque. Creano suoni che entrano nella mente degli astronauti i quali si rimettono in volo, ma notano quegli stessi nastri sulle pareti dell’astronave. “Quelle creature non avevano bisogno di astronavi, non avevano bisogno di lasciare l’oceano in quanto l’universo si trovava già in ogni goccia d’acqua. Lo spazio era costellato di nastri che sfrecciavano a formeadi lacrima. Il loro spazio era un bacino di acqua rossa, estesa a perdita d’occhio, liscia, senza increspature” (p.386-387).

Per Han Song scrivere è come suonare e come cantare: “Scrivo fantascienza perché credo che sia la letteratura più libera. Come la musica rock, essa è ribelle, l’universo non ha limiti, il pensiero non ha freni. Come voi avete infranto molte restrizioni legate alla religione del Medioevo, la Cina di oggi somiglia a quel periodo. La fantascienza può avere un ruolo decisivo nella liberazione del pensiero in Cina” (intervista citata).

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