Spacca la melagrana
Ci sono alberi che sfidano la pazienza. Esigono dedizione. Pretendono primavere di speranze frustrate, stizzite estati in attesa di un fiore, immaginando la variazione degli arancio nell’angolo dei diospiri. Ma il melograno (Punica granatum) non ne vuol sapere di soddisfare le aspettative. Da anni caccia solo foglie, rigogliose, piccole e coriacee di un lucido verde chiaro: non un calice, un frutto. L’invidia ti consuma al vedere nei giardini altrui già gonfiarsi i balausti (i pomi) e mostrare la corona. Allora non restano che le minacce. A volte, anche con gli alberi funzionano: «Basta, di te non ne voglio più sapere. Un taglio netto. Se non mi dai almeno una prova, un segno certo che le mie cure sono corrisposte, ne trovo un altro, più affidabile».
Si dev’essere spaventato: dopo un paio di settimane è comparsa una trombetta arancio sul ramo più arrendevole. Una sola. Pure vittima di grandine grossa. Ma tanto basta per alimentare la fantasia fino alla prossima stagione quando, forse, si potrà cogliere finalmente un frutto. E i versi di Jolanda Insana prenderanno un suono più concreto, più nostro: «Spacca la melagrana/ e scarta la scorza che allappa/ tinge di nero le dita/ e smorza i bottoni delle papille/ schiaccia e succhia la frescura rubina/ i grani della vita sono di grana fina/ e se ne apprezza il sapore/ con forte dentatura/ rinegozia l’esistenza/ e restituisci al corpo il suo sudore/ il suo ardore» (Spacca la melagrana da La tagliola del disamore).
Albero antico il melograno, biblico. Da sempre il frutto è simbolo di fecondità, di abbondanza; dall’inarrivabile Cantico dei cantici («come spicchio di melagrana la tua gota dietro il velo») ha continuato a ispirare poeti e artisti. Simbolo di vita che si dona e si rinnova: Botticelli lo dipinge nelle mani di Maria e del suo bambino. Ed è un balaustio spaccato, con i prismi granati ben visibili, stretti in una delle logge fibrose in cui il globo si divide. Così le spose turche, dopo la cerimonia nuziale, lo gettano a terra: tanti i chicchi che usciranno dalle membrane traslucide, tanti i figli che verranno. Per gli ebrei è simbolo di giustizia. Melograni fregiavano i bronzei capitelli del tempio di Salomone (Re, 7, 18-20-42). Piccoli e preziosi rimonim adornano i puntali dei rotoli della Legge: 613 arilli come i 613 comandamenti della Torah, dice la tradizione popolare.
Per questo un giardino senza melograno non è giardino che si rispetti. Per questo se non fruttifica sono da temere bibliche disgrazie.