Chiara Camoni: scarti, ceramiche e altri animali

15 Aprile 2024

Chiara Camoni, Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse: una mostra sentita, curata, da visitare, meglio se con calma, in orari di bassa affluenza, e di giorno, con la luce naturale.

L’area shed dell’HangarBicocca ha infatti cambiato aspetto: l’artista ha voluto aprire le pareti che danno sull’esterno per far filtrare il giorno, e ora risulta luminosa e vitale. Inoltre non ci sono pareti divisorie a occludere la vista. Lo spazio si presenta quindi unitario e gli innumerevoli elementi che vi si trovano disseminati sono abbracciabili con uno sguardo. Ciononostante, non ci si sente abbandonati: grazie a una serie di elementi disposti in piano l’area espositiva è stata accuratamente compartimentata. Ispirandosi agli anfiteatri antichi e ai giardini all’italiana tardo-rinascimentali l’artista suggerisce la presenza di stanze, di tracciati, di ambienti da percorrere o in cui sostare liberamente, seduti eventualmente su panche appositamente predisposte. Il principio regolatore che ha seguito è radiale e simmetrico; ma di una simmetria che non ha nulla di rigido: piuttosto è rapportabile all’ordine fisiologico presente nelle cose della natura, a partire dal corpo.

Nello spazio esiste dunque un asse centrale, con un ingresso cui presiedono due leonesse ieratiche, antiche, in pietra leccese; mentre l’uscita è segnata da due cani accucciati con naturalezza su tappeti di lana; sono ritratti di Bruno e Tre, membri della famiglia allargata dell’artista.

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Chiara Camoni, “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.”
Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024.
Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio.

Le aree che si aprono lateralmente all’asse centrale sono definite da numerose composizioni a pavimento; tra i motivi principali: aree archeologiche che si configurano come resti di antiche, splendide città ricche di strade, edifici e colonne; e forme spiraliformi che, dotate di testa e assottigliate in fondo, si rivelano essere grandi serpenti. Il tutto realizzato utilizzando per lo più pezzi di marmo e di onice dalle diversissime sfumature di bruno, giallo, grigio, verde. L’artista ne trova in abbondanza durante le passeggiate lungo i torrenti dell’Alta Versilia, dove vive e lavora. Si tratta infatti di scarti di produzione delle cave della zona. Per sbarazzarsene li si getta nei corsi d’acqua. Smussandosi, queste pietre lasciano emergere sinuose linee stratigrafiche. Evocando dunque, attraverso l’utilizzo dei marmi restituiti dal terreno, i sedimenti di antiche civiltà e il rettile ctonio e metamorfico per antonomasia, tra i più legati al racconto mitologico, tutte queste opere parlano di un tempo lungo, archeologico o addirittura geologico.

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Chiara Camoni, Leonesse, 2024 (particolare), Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024
Prodotto da Pirelli HangarBicocca, Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano
Foto Agostino Osio.

Altri elementi che abitano lo spazio comprendono tappeti di erbe selvatiche intrecciate, sculture antropomorfe come Ninessa, o in forma di animali come il piccolo gufo in ceramica sospeso in aria o la lupa ingabbiata in una struttura che la contiene.

Molti oggetti ancora si trovano disseminati nello spazio. Tra questi c’è Carrozzone, a metà tra un teatrino ambulante su ruote e una piccola carrozza di viandanti, con sportelli e tende colorate; in realtà un assemblaggio di materiali svariati, per lo più di recupero, tra i quali ci sono cimeli di genere, compresi libri e vecchi indumenti, e un video che rappresenta una festa popolare. La scelta di questi oggetti è stata fatta, su invito di Camoni, da collaboratori e artisti amici. Non è un caso: in molti casi Chiara Camoni coinvolge nel proprio lavoro altre persone, e se le sue opere tendono a suscitare un senso di condivisione è perché collaborazione e mutualità sono tra le sue idee guida.

Un’altra presenza significativa è rappresentata dai numerosi recipienti in ceramica e grès, grezzi o smaltati. Molti appartengono alla serie dei Vasi Farfalla. Leggermente diversi gli uni dagli altri, modellati amalgamando materiali quali sabbie, terricci, ceneri di vegetali raccolti nei dintorni dello studio, questi manufatti ricordano anfore, ciotole e coppi arcaici; ma sono abitati da fiori freschi, a simboleggiare la forza rigeneratrice della natura. Il loro aspetto, però, eccede sempre la mera funzionalità. È come se, pur nella loro semplicità, essi fossero memori della forza magica e rituale che gli oggetti potevano avere nell’antichità, quando il loro ruolo era di accompagnare non solo la quotidianità, ma anche i momenti di passaggio più importanti dell’esistenza.

Ancora, in diversi punti dello spazio, ci sono drappi di seta su cui sono impresse sagome ottenute attraverso la stampa diretta di fiori, foglie ed erbe dalle proprietà tintorie. Montati a mo’ di paraventi su lineari strutture in ottone disposte a cerchio, essi danno adito a spazi attraversabili ma circoscritti che evocano un ambiente intimo e abitabile.

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Chiara Camoni, “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.”
Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024
Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio.

Non è forse solo una coincidenza che questi tessuti siano stati realizzati in occasione di una residenza in Puglia durante la quale l’artista ha collaborato con le Costantine, un gruppo di artigiane e filantrope che dagli inizi del novecento promuovono l’arte della tessitura come mezzo di emancipazione femminile.

Tutto infatti, nell’ambiente variegato di questa mostra, e più in generale nel lavoro di Chiara Camoni, si declina al femminile. A partire dall’elemento antropomorfo rappresentato dalle dieci Sisters: grandi figure inginocchiate o sedute, regali nei loro manti ampi e sontuosi.

Le Sisters sono fatte di terracotta grezza, composte di un’infinità di piccoli elementi inanellati, che conservano le impronte delle dita che le hanno modellate. Possono avere fiori colorati che germinano dalla testa e rami come pròtesi o come scettri. Sono cariche di ogni cosa, dalle masse di fili aggrovigliati ai ninnoli, ai piccoli oggetti dall’aspetto apotropaico. Di volta in volta assertive o ironiche, dotate di due facce o di tanti occhi, o illuminate dalle luci di candele multicolori, con un sorriso appena accennato, sono inquietanti, ermetiche nel loro intreccio di arcaico e di culturale, di magico e di domestico, di confidenziale e di oscuro. Figure sodali, certo, ma mai docili, catalizzatrici invece di un’energia ambivalente: complici, probabilmente, nel bene come nel male.

Pur nella loro troneggiante presenza, le Sisters si inseriscono organicamente nell’ambiente, tra le altre presenze con le quali sembrano intrecciare gli sguardi e intessere dialoghi segreti.

Come a dire che l’umano è uno degli attori di un più ampio ecosistema, che contribuisce a creare e all’interno del quale co-esiste e co-agisce. E del resto è chiaro che esse stesse appartengono a regni diversi. Tra innesti di rami a mo’ di arti e di fiori a mo’ di strascichi, l’impressione è quella di una natura arcana, plurale, cangiante.

A questo si aggiunge il fatto che le Sisters sono destinate a essere smembrate e riassemblate a ogni mostra. Esse si presentando quindi ogni volta rinnovate e così dicono la vulnerabilità e la resistenza, la trasformazione incessante e la ciclicità di quella natura dalla quale paiono essere appena emerse e alla quale, come l’umanità tutta, continuano ad appartenere.

Una tra loro si propone in un modo diverso: è la Burning Sister, realizzata in Grecia, sul bordo del mare, interamente con materiale vegetale: rametti, foglie e bacche. È adornata di collane di fiori. In mostra è presente tramite un video proiettato su una superficie che si rivela essere il retro di una vecchia credenza svuotata di tutto, assunta a emblema di un vivere intimo e familiare. Viene ripresa al crepuscolo; l’artista le dà fuoco, e lei brucia, fino alla completa combustione. Le ceneri verranno raccolte e trasformate in smalto che vetrificando colora di tinte rosate le ciotole riposte su una delle poche mensole rimaste sul fronte della credenza. Il mobile ospita anche alcuni altri elementi realizzati con materiali di scarto della sua produzione.

Il video mostra l’azione dall’accensione e la combustione dall’inizio alla fine. Così il tema della casa si salda con quello della ciclicità, della mutevolezza di ogni cosa, dello scarto come risorsa e nuova origine.

In questa mostra, in cui nulla è per conto proprio, ogni dettaglio parla di un’interconnessione radicale degli esseri che compongono il vivente; di una trasmissione continua tra entità e tra epoche; di una rete ampia, che non ha confini e che comprende l’odierno e l’arcaico, il grande e il piccolo, l’umano e gli altri animali, l’animato e l’inanimato.

L’invito è ad andare oltre la separatezza e a riflettere su ciò che potremmo definire un’ecologia della co-esistenza.

Fino al 21 07 2024
Pirelli HangarBicocca
a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli 

In copertina, Chiara Camoni, Sister, 2022, Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024, Prodotta da Biennale Gherdëina, Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano, Foto Agostino Osio.

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