"Uomo di poca fede, perché hai dubitato" / Christo. Camminare sulle acque

26 Giugno 2016

“Tutto quanto il cuore desidera può essere sempre ricondotto all’immagine dell’acqua”, così scrive Gaston Bachelard, il filosofo degli elementi materiali, nel suo L’Eau et les rêves. Così si può spiegare l’accorrere di migliaia di persone, oltre 450.000, sul Lago d’Iseo per percorrere la passerella stesa da Christo, artista bulgaro-francese, sulle acque dolci dell’invaso lombardo.

 

Per Bachelard l’acqua esprime il principio femminile, la dolcezza, ed è imparentata con il latte, fondamentale alimento materno. Per Jung, cui il filosofo s’ispira, l’acqua ha una funzione importante nei sogni; figura dell’inconscio, indica sia la nascita che la morte. Le acque del ventre materno sono la prima culla, ma anche la tomba; simbolo di purificazione, di rinascita, e insieme di morte. L’acqua è ambivalente, e dominarla diventa un’ambizione insopprimibile.

 

Ma non c’è solo questa doppia simbologia ad attrarre inconsapevolmente le folle verso il tappeto artificiale steso tra le rive del Lago d’Iseo e attorno alla villa-isola di San Paolo.

 

Un episodio dei Vangeli narrato dai sinottici  Matteo e Marco – ma non Luca –, e da Giovanni: il miracolo compiuto da Gesù sulle acque del Lago di Tiberiade o Mar di Galilea. Gesù s’intrattiene con la folla che ha appena sfamato con il miracolo dei pani; ordina ai discepoli di salire in barca e precederlo sull’altra sponda, a Betsaida. Dopo aver congedato i suoi ascoltatori, il Messia sale sul monte per pregare. I discepoli si staccano da terra; tuttavia ben presto incontrano molte difficoltà a causa di un vento contrario, che agita le acque. Verso la fine della notte, secondo il racconto di Matteo 14, 22-36, Gesù decide di raggiungerli; lo fa camminando sulle acque. Vedendo arrivare verso di loro un uomo che solca le onde, i discepoli sono turbati. Non lo riconoscono e dicono a se stessi: “È un fantasma”. Si mettono a urlare. Gesù si rivolge loro: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Pietro: “Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque”. Gesù di rimando: “Vieni”. Il discepolo scende dalla barca e comincia a camminare anche lui sulle acque. Nel mentre s’alza di nuovo il vento, e Pietro ha paura, così comincia ad affondare: “Signore, salvami!”. Il Messia stende la mano e l’afferra: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato”. Sale con lui nella barca e subito il vento cessa. Gesù di Nazaret non è l’unico ad aver camminato sulle acque. Nella religione egizia si attribuisce a Horus la medesima straordinaria attività. Ma è nella narrazione dei Vangeli che si è fissata per noi l’immagine dell’evento miracoloso, collegata all’idea del dubbio, della poca fede dei discepoli, cui non è bastato l’episodio della moltiplicazione dei pani.

 

Credono ai fantasmi, non alla capacità che Gesù ha di superare i limiti umani.

 

Chissà da quanti anni Christo – nome da predestinato – pensava di rinnovare in forma artistica il miracolo della camminata. Forse gli è sorto dopo essere fuggito dalla Bulgaria comunista dentro un carro merci nel 1956, o dopo aver incontrato a Parigi quella che è stata la sua musa, nonché straordinaria organizzatrice dei suoi lavori, Jean-Claud Denat de Guillebon. Con lei ha fondato nel 1970 la prima Corporation, la Valley Courtain Corporation, per realizzare un progetto in Colorado: il grande telo arancione – suo colore preferito – con cui chiudere la valle.

 

 

Il proposito di camminare sulle acque deve aver preso forma in lui pian piano, come raccontano le cronache di questi giorni. Non realizza solo un sogno personale, ma anche uno collettivo: la lievitazione; e sfida uno degli elementi fondamentali dell’esistenza, l’acqua, di cui siamo composti in gran parte. L’acqua ci attrae e ci respinge, ci consola e ci impaurisce. In questo modo Christo ha dimostrato la sua fede nell’arte, un’arte aiutata dal denaro, da moltissimo denaro – non a caso è stato il primo artista ad accedere ai prestiti bancari per realizzare le proprie opere –, con cui realizzare un sogno impossibile, per cui persino Pietro e gli apostoli dubitavano del loro Messia. Nei primi versetti della Genesi si dice che lo Spirito di Dio aleggia sulle acque. Adesso lo possiamo fare anche noi.

 

Niente è impossibile all’arte. Forse è anche per questo che nell’immaginario collettivo sembra aver preso il posto della religione.

 

Questo articolo è apparso su La Repubblica.

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