Speciale

Occhio rotondo 46. Tundra

5 Gennaio 2025

È solo di notte al buio che ci si accorge che il cielo arriva fino a terra e tocca i nostri piedi. Certo non è sempre possibile percepire questa sensazione nelle nostre città così piene di luce, ma in luoghi deserti appare un’esperienza esaltante e insieme commuovente. Chi ha frequentato l’Africa, nei suoi luoghi solitari e deserti, sa che il cielo anche di giorno sembra altissimo, così da farti provare la sensazione di essere minuscolo. Molto diverso è andando verso Nord. Lì, al vertice del Mondo, il cielo sembra bassissimo, tanto da poterlo toccare con un dito. Lo scrive Valentina Tamborra, fotografa, in un libro intitolato I Nascosti (introduzione di W. T. Vollmann, Minimum fax) dedicato alla tundra: “Per questo quando l’aurora boreale fa la sua comparsa si ha l’illusione che accelerando il passo si possa arrivare a sfiorarne l’origine, un po’ come accade quando vediamo un arcobaleno e ci piace immaginare che da qualche parte la giù in fondo lo si possa avvicinare”. L’ultima foto che chiude il libro di grande formato raffigura appunto la tundra (Saitijavri): uno spazio bianco senza fine che continua verso l’alto coperto di nuvole del medesimo bianco-grigio, un unico colore dove a malapena si scorgono i profili di protuberanze là in fondo. Valentina Tamborra descrive il camminare in questo orizzonte basso dove non si sentono i passi: “Camminare nella tundra significa addentrarsi in un mondo ovattato e lasciare di sé ben poche tracce: la neve ricopre presto il paesaggio e tutto torna come prima, in una perfetta rappresentazione della nostra impermanenza nel mondo”. Qui abitano i Nascosti, la popolazione cui è dedicato questo album fotografico che è anche il resoconto di quattro anni di viaggi e permanenze nel Nord estremo. Il nome di questo popolo è Sami, ma noi li abbiamo conosciuti con il nome che li indicava nei nostri libri scolastici: lapponi. La parola deriva dallo svedese lapp, che significa “toppa”, per indicare che questi uomini e donne delle terre ultime erano considerati dei pezzenti. Nella versione della Genesi dei sami si racconta che Adamo ed Eva avevano vari figli che giocavano nella tundra ed erano sempre ricoperti di fango. Così che, quando Dio visitò Eva, lei si vergognò di mostrare i suoi figlioli e quindi mandò avanti Caino e Abele che erano i più puliti e nascose invece gli altri. Dio la interrogò: “Sono questi i tuoi figli?”. Eva annuì. “Solo questi?”, richiese ancora Dio. E lei rispose di nuovo di sì. Così Dio sentenziò: “Dunque ciò che è nascosto resterà nascosto”. In questo modo nacque il popolo della terra: “nascosti alla vista, ma ugualmente figli di Dio”. Valentina che li ha frequentati e raccontati con la sua macchina fotografica ci ragguaglia sul loro numero: forse ottantamila persone mai censite ufficialmente divise tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, mai reputati un popolo dai Norvegesi, e non solo da loro, tanto da proibirne la lingua e cercare di assorbirli negando la loro identità. Sono loro, i Sami, le renne e la tundra i protagonisti di questo meraviglioso libro di immagini e racconti. La tundra, come abbiamo imparato dai sussidiari delle elementari, è un’altra parola sami, significa “terra brulla”. Una terra bassa che la fotografa ha ritratto vivendoci in mezzo. Le fotografie della neve e dei paesaggi, quasi sempre con i Sami che lavorano o vi abitano, non sono prese da fuori, ma da dentro. La neve è parte del sentire di Valentina Tamborra, fotoreporter di professione, che l’ha vissuta, come racconta nei suoi brevi testi, attraversandola, candendoci dentro, lottando con il gelo di terre al limite dell’inabitabile. Questo omaggio al popolo Sami è carico di affetto, ma anche di tensione, di curiosità e sorprese, di scoperte e di dettagli etnografici. L’orizzonte incluso nelle sue immagini è sempre basso, compreso nel riquadro fotografico, così da dare l’idea di qualcosa di limitato eppure tangibile. La parola che lo indica viene dal greco, in specifico dal participio presente di un termine che significa “limitare”. È “la linea apparente, a forma di cerchio o di arco di cerchio, lungo la quale in un luogo aperto e pianeggiante, il cielo sembra toccare la terra o il mare” (Treccani). Nella fotografia, che chiude come un congedo il libro, l’orizzonte non è una linea ma un aggregato di bianchi e grigi che si compenetrano gli uni negli altri delineando un continuum senza fine, così che il sopra è sotto e il sotto sopra. La neve, sempre la neve, dappertutto, in alto e in basso, così che anche le nuvole sembrano composte della medesima materia biancastra sospesa e impalpabile ma tenacemente presente. 

2020 Saitijavritundra, I Nascosti © Valentina Tamborra

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Tamborra, Tundra

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