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Diario russo 18. Agosto è il più severo dei mesi

6 Agosto 2022

Agosto è un mese particolare in Russia: la stanchezza dei mesi precedenti e la bella e calda stagione dovrebbero renderlo un periodo di riposo totale, da trascorrere al mare, viaggiando o in dacia. Settimane da dedicare alle conserve di frutta e verdura, a visitare nuovi paesi o a passare il tempo in spiaggia, spostandosi in treno o volando, chi a Sachalin, chi in riva al Mar Nero.

Per chi non si è ancora rassegnato alla chiusura degli spazi aerei e non vuol rinunciare alle visite all’estero, la strada porta a Tallinn, a Minsk, a Riga o a Helsinki e da lì ci si imbarca verso la meta finale, anche se si è sostenitori della guerra, non importa: la vacanza è sempre la vacanza. Ma agosto è spesso il più severo dei mesi, con prove assai difficili nella storia del paese da più di cent’anni a questa parte, dalle battaglie iniziali della Prima guerra mondiale al putsch del 1991, fino al tragico affondamento del sommergibile Kursk nel 2000. Nelle settimane dell’agosto del 1941 le truppe naziste si spingono in profondità nei territori sovietici, conquistando Smolensk, il sud dell’Ucraina, e sempre d’agosto i carri armati del Patto di Varsavia entrano a Praga. Il 17 agosto 1998 il governo russo e la Banca centrale dichiarano il default, contrariamente alle promesse di Eltsin di qualche giorno prima.

Questa dissonanza tra eventi drammatici e l’atmosfera rilassata ancora una volta risuona tetra, mentre iniziano i primi preparativi verso il 1° settembre, inizio di scuola e università, tra quaderni e zaini già esposti nei negozi e le ultime commissioni d’ammissione per le matricole. Ancora un anno fa, ero in una di queste commissioni, ad ascoltare i sogni e la determinazione di ragazzi e ragazze pronti a studiare, nella prima di altre estati di lavoro e studio delle loro vite.

La priemka (da priemnaja kommissija, commissione d’ammissione, e priemnaja kampan’ja, campagna d’ammissione) dura da fine giugno fino al venti, qualche volta venticinque, d’agosto, ed è diversa dall’iscrizione alle nostre università: vi sono quote per l’accesso gratuito agli studi in ogni programma, spesso oggetto di una competizione sfrenata tra chi ha ottenuto il massimo dei voti all’esame statale e i vincitori delle Olimpiadi scolastiche panrusse. Durante i colloqui, i candidati mostrano tutto ciò che hanno ottenuto in anni di scuola e oltre, dalle certificazioni di conoscenza delle lingue straniere alle vittorie sportive, e parlano anche dei loro hobby.

Nel nostro caso, le conversazioni con i futuri studenti erano in inglese, e spesso e volentieri ragazzi provenienti da Ulan Ude o da Murmansk strabiliavano per saggezza, tenacia e orgoglio. Oggi, con la distruzione portata dal Cremlino in Ucraina, anche quei sogni di studiare in un programma in grado di offrire scambi con le università europee e nordamericane sono andati in frantumi, anzi: nemmeno tanto nascostamente, in alcuni atenei più zaristi dello zar si tolgono le lingue dei paesi definiti “non amichevoli” dalle autorità, come se grammatiche e parole fossero esclusiva proprietà di Stati e governi, e in una situazione inedita, mai era capitato, né in età imperiale né nei momenti più oscuri dell’Urss, di eliminare sottotraccia le lingue straniere, perché si era consci della loro utilità.

Ma d’altronde, che cosa contano i sogni dei ragazzi ora, quando c’è da costruire la retrotopia del nuovo impero, la grandezza russa restaurata da Putin, novello Aleksandr Nevskij? La nuova metodička (velina, indicazione) da parte dell’Amministrazione presidenziale su quali accenti e quali temi dovrà avere la propaganda ufficiale parla chiaro, resa nota da Meduza qualche giorno fa è una ulteriore testimonianza dell'infatuazione per una storia violata e fantasiosamente reinterpretata dal Cremlino come modalità di autolegittimazione.

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L’Operazione speciale è definita una battaglia contro i “senzadio”, come avvenuto con il battesimo della Rus’ di Kiev nel 988. In realtà gli avversari dei principi dell’epoca un dio ce l’avevano, come essi stessi adoravano divinità pagane prima di convertirsi, dettaglio di non poco conto perché in questo modo nemmeno tanto implicitamente si attribuisce all’ortodossia un primato etico e morale sulle altre confessioni, un mandato imperativo sul mondo intero dove non vi è né fede né salvezza al di fuori di essa.

Scrivevo di Nevskij reincarnatosi nel presidente, e non è una svista agostana: nella velina dell’Amministrazione presidenziale ci si riferisce alle gesta del principe, e soprattutto alla battaglia della Neva contro gli svedesi nel 1240, primo episodio della guerra perenne del cosiddetto “Occidente collettivo”, incarnatosi rispettivamente nell’Ordine teutonico, poi successivamente nella Svezia, nella Polonia, in Napoleone, Hitler e ora nella Nato.

Una interpretazione che non tiene conto del ruolo della Russia in Europa e della sua presenza attiva nelle vicende militari e politiche del continente, e dei suoi rapporti con le altre potenze, non sempre conflittuali. Nella coalizione antinapoleonica, ad esempio, vi era la Gran Bretagna, alla divisione della Polonia presero parte Austria e Prussia (poi dal 1815 insieme a San Pietroburgo nella Santa Alleanza), per non parlare dei rapporti tra Novgorod e la Lega anseatica ancora prima, molto migliori di quelli con la Moscovia.

Non dico nulla sulla Seconda guerra mondiale, perché è lapalissiano. Putin, in questa analogia, è il degno successore del Nevskij: “la società si raccoglie attorno al leader nazionale (segnalo l’anglicismo nell’originale) e risponde agli aggressori, dando prova di coraggio e eroismo sul campo di battaglia”. Ma l’Occidente è condannato alla sconfitta anche perché “la società dei consumi affermatasi in Occidente richiede molte risorse. Già da qualche secolo in Occidente sono terminate le proprie risorse e questa è stata la causa del colonialismo e del neocolonialismo.

L’Occidente afferma apertamente che la Russia possiede una enorme quantità di risorse per un solo paese e bisogna per questo dividerle.” Tesi dove vi è spazio anche per un ammiccamento al complottismo della peggior specie, perché Mosca avrebbe iniziato la guerra come attacco preventivo, evitando, si legge nel documento, quanto avvenuto nel 1941, di fatto legittimando anche quanto scritto nel 1988 dall’ex agente del GRU Viktor Suvorov, fuggito in Gran Bretagna una decina d’anni prima, nel libro Ledokol (Rompighiaccio). Secondo quanto scritto da Suvorov, Hitler avrebbe lanciato l’Operazione Barbarossa come guerra preventiva contro l’attacco sovietico, anticipando Stalin e fermando la sua potenziale conquista dell’Europa. 

Ventidue anni fa, quando il sommergibile Kursk affondò, Putin, giovane presidente reduce dall’investitura eltsiniana e da una vittoria elettorale basata su una non-campagna, non interruppe la propria vacanza a Soci. In seguito giustificò il proprio comportamento sostenendo che avrebbe soltanto disturbato i responsabili delle operazioni di salvataggio, e in un’intervista a Larry King per la CNN, alla domanda su cosa fosse accaduto al sommergibile, Putin rispose “è affondato”. Chissà cosa avrebbe risposto Nevskij.

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