Alfabeto finanziario 3. Che cos'è l'euro digitale
Un nipote scatenato sui siti delle criptoattività. Un mercoledì di novembre l’assemblea di condominio del nostro palazzo è saltata, per mancato raggiungimento del numero legale. Alcuni hanno esultato e si sono precipitati a casa per vedere la partita della Champions League di calcio. Altri condomini si sono depressi, constatando che la tortura della riunione era solo rimandata.
Mentre stavo per lasciare la riunione, sono stato avvicinato dalla signora Menegazzi e dal signor Angeloni, gli inquilini del sesto piano. In maniera gentile si sono detti preoccupati per il nipote Giuseppe. Ecco una sintesi delle preoccupazioni “A dottò, semo aggitati pe’ nostro nipote Giuseppe. Sta tutto er giorno davanti ar computer a comprà Bitcoin e altre cose. Ma noi non ci capiamo un cavolo. A scuola va bene, è bravo, educato, ma vorremmo esse sicuri che non faccia cavolate. Sta sempre a giocà su una piattaforma, che ora è diventata pure ’o sponsor della prima squadra di calcio della capitale. Mo Giuseppe dice che nun compra più Bitcoin, che s’è buttato sulle stable coins, su Tether. Ma che vor dì? E poi abbiamo letto che la Banca centrale europea vo’ fa’ l’euro digitale. Se semo persi a capì ste cose. Pe’ favore ce dia ‘na mano a capicce quarcosa.
Ho cercato di tranquillizzare Menegazzi e Angeloni. Di seguito riporto la sintesi della chiacchierata (p.s.: mi sono perso la partita di Champions).
I pagamenti stanno diventando sempre più digitali. Con l’esplosione della pandemia abbiamo fatto più pagamenti usando strumenti elettronici e digitali. È una conseguenza in parte banale. Non si poteva uscire. Era complicato andare in banca, allo sportello dell’ATM, a prelevare banconote. È cresciuto il commercio elettronico. Sono aumentati gli acquisti on line, fatti con le carte di credito, le carte di debito, le carte prepagate, i bonifici fatti al computer, strumenti che ci consentono di pagare usando i soldi detenuti sui depositi bancari. Il numero dei pagamenti eseguiti con il contante è sceso. La pandemia ha accelerato tendenze già in atto. Indietro non si torna. Saremo sempre di più pagatori digitali.
Le stable coins. Bitcoin non ha sfondato come mezzo di pagamento. È stato utilizzato soprattutto come un investimento, il cui valore è cambiato in misura rilevante e repentina nel tempo. Nel 2021 Bitcoin ha superato i 60.000 dollari, è crollato sotto i 40.000, è tornato intorno ai 60.000 dollari. Come ha detto il banchiere americano J. Christopher Flowers, Bitcoin è ridicolo – laughable – come strumento di pagamento: è troppo instabile, troppo rischioso, troppo lento, troppo inquinante. È probabile che Bitcoin rimanga un prodotto di nicchia, poco diffuso tra il pubblico.
Anche Giuseppe, come hanno notato Menegazzi e Angeloni, si è spostato sulle stable coins (Tether è una delle più diffuse), sviluppate dal mercato per reagire alla variabilità di Bitcoin. Le stable coins sono monete private: si consegna una unità di euro – è un esempio inventato – e si riceve una stable coin. Il nome esprime la motivazione dell’innovazione: offrire una moneta dal valore stabile, che non cambi nel tempo. L’obiettivo è perseguito investendo l’euro ricevuto – torniamo all’esempio – in depositi bancari o titoli pubblici a breve termine. Ma non c’è nessuna garanzia che la stabilità sarà ottenuta. Il mondo delle stable coins non è regolamentato. Chi ha consegnato un euro, e in cambio ha ottenuto una stable coin, non è certo di poter avere indietro l’euro inizialmente investito. E gli acquisti di criptoattività avvengono spesso su piattaforme anch’esse non regolamentate.
Il progetto più importante di una stable coin è quello proposto nel 2019 da Zuckerberg, il patron di Facebook, con il nome di Libra, poi cambiato in Diem. La nuova moneta sarebbe spedita e ricevuta usando le applicazioni di Facebook, tipo Messenger e WhatsApp. Come osservato da molti, c’è il sospetto che a Zuckerberg non importi nulla dei pagamenti degli oltre due miliardi di persone che usano Facebook: vuole solo avere un nuovo meccanismo per intercettare abitudini e preferenze dei consumatori. I Governi e le banche centrali hanno reagito al lancio di Libra/Diem sottolineandone i problemi: assenze di tutele per i risparmiatori colpiti da frodi o mancati rimborsi, rischi di utilizzo per riciclaggio e finanziamento del terrorismo, mancanza di norme sulla privacy. In tutto il mondo si discute dell’introduzione di regole per il controllo delle criptoattività, incluse le stable coins.
Ma intanto è in corso un boom delle piattaforme che danno la possibilità di comprare criptoattività. È una bolla – influenzata dall’aspettativa che l’universo delle stable coins sarà sottoposto a regole – analoga a quella delle dot.com nella seconda metà degli anni Novanta del Novecento. Come dice l’Economist, non sappiamo se siamo nel 1994, quando la bolla iniziò, o nel 1999, quando la bolla delle dot.com scoppiò.
Che cosa è e perché potremmo fare l’euro digitale? A ottobre del 2021 la Banca centrale europea ha avviato una fase di investigazione, di due anni, per l’introduzione di un euro digitale. L’investigazione non vincola una futura decisione, che sarà presa nei prossimi anni.
L’euro digitale è la forma digitale della banconota. Perché introdurlo? Perché in futuro la domanda di contante da parte del pubblico potrebbe ridursi; questo, di fatto, è già il comportamento di molti dei nostri figli. Oggi possiamo in ogni momento trasformare 100 euro di depositi in 100 euro di banconote. Ma se la domanda di banconote si riducesse, sarebbe importante offrire un’alternativa ai cittadini, sempre più digitalizzati: in futuro sarà così possibile trasformare 100 euro di depositi in 100 euro digitali. L’euro digitale è un’àncora introdotta nel sistema dei pagamenti, un’àncora che si aggiungerà alle banconote, il cui futuro, come detto, è incerto.
Oggi nel sistema dei pagamenti le monete pubbliche, le banconote, convivono con le monete private, i depositi; le une possono essere sempre trasformate nelle altre, senza perdite di valore. In futuro i cittadini europei avranno a disposizione due monete pubbliche, le banconote fisiche e gli euro digitali, da una parte, e le monete private, i depositi e le stable coins, dall’altra parte. Non è prudente lasciare ai cittadini solo la scelta di convertire i propri depositi bancari in stable coins private: come abbiamo ricordato, non sono ancora sottoposte a controlli pubblici, non sono coperte da assicurazioni o da altre forme di tutela della clientela.
Ma anche quando le stable coins saranno regolamentate, l’euro digitale servirà ad assicurare la sovranità monetaria dell’Europa. Immaginate cosa accadrebbe se una grande parte dei nostri depositi si spostasse verso monete private offerte in altri paesi e gestite da multinazionali. La Banca centrale europea non ha alcun interesse allo sfruttamento commerciale delle informazioni che acquisirà dai cittadini che useranno l’euro digitale. E poi c’è una componente geopolitica: la Banca centrale cinese sarà probabilmente la prima di un grande paese a offrire una moneta digitale di banca centrale. Le sperimentazioni dell’offerta di uno E-Yuan sono in uno stato avanzato. Banche centrali di molti paesi stanno studiando l’offerta di una moneta digitale.
L’euro digitale sarà uno strumento di pagamento, non una riserva di valore, non un investimento. Non vogliamo intaccare in forte misura i depositi bancari, perché altrimenti avremmo effetti negativi sull’offerta e sul costo dei prestiti per famiglie e imprese. Non è la prima volta nella storia dell’umanità che non c’è coincidenza tra la moneta come mezzo di pagamento e la moneta come riserva di valore. Come raggiungere l’obiettivo di un euro digitale che sia soprattutto strumento di pagamento? Si sta pensando all’introduzione di limiti di detenzione o alle transazioni per ogni cittadino o a penalizzazioni basate su tassi di interesse disincentivanti per grandi investimenti in euro digitale.
La signora Menegazzi tira le conclusioni. “Grazie dottò, mi marito s’è addormito, lo scusi, ma io ho capito. Stamo a digitalizzà tutta ’a società, tocca farlo pure pe’ le banconote, tocca fa l’euro digitale”.
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