L’oscurità luminosa / Miss Rosselli
L’11 febbraio del 1996 moriva Amelia Rosselli, un grande poeta del Novecento. Si gettò dalla finestra della sua mansarda di via del Corallo lo stesso giorno e mese di una poetessa che aveva molto amato e tradotto, Sylvia Plath. Da anni ormai non scriveva più: “Prima avevo la poesia. Ho scelto di non sposarmi per non distrarmi da lei. Ma ora che la scrittura mi ha abbandonata non ho più nulla”, aveva detto in un’intervista a Sandra Petrignani. D’altra parte i suoi disturbi, sia fisici che psichici, le impedivano di concentrarsi; sentiva le voci, era convinta di essere perseguitata dalla CIA, e contro il nemico rappresentato dalla CIA combatteva da anni, chiedendo aiuto a chiunque e diffidando sempre. Chiunque poteva essere un nemico, un complice di quei fascisti che avevano assassinato suo padre e suo zio, Carlo e Nello Rosselli, nel ’37 a Bagnoles de l’Orne. Da quel momento la storia di Amelia Rosselli è una storia di peregrinazioni e inutili tentativi di sfuggire al trauma che ha marchiato in modo definitivo la sua e la nostra storia.
Alla fine degli anni ‘40 si trasferisce a Roma; si dedica alla musica e poi alla poesia. A Roma trova molti amici, vive di collaborazioni, campa con poco. Tutti la conoscono, tutti prima o poi salgono a casa sua per chiacchierare; lei è generosa, se si fida non è mai avara di consigli o attenzioni. Renzo Paris è uno di quegli amici che la stanno a sentire e la sostengono. Amelia un po’ lo adora un po’ lo maltratta; lui ne è attratto, ma lei è talmente elettrica e sconcertante che Paris non osa nemmeno provare a baciarla. In Miss Rosselli, pubblicato da Neri Pozza, lo ripete spesso: Amelia era una medium, una sciamana dotata di un’energia arcaica e misteriosa. “Ne ero posseduto”, dice. Non riesce a togliersela dalla testa né da viva né da morta, ma dopo la sua morte è come se Amelia tornasse a richiedere quello che le è dovuto: un tributo non solo di amicizia ma anche di attenzione critica. D’altra parte è impossibile dimenticare la voce di Amelia Rosselli: non solo quella fisica, con quel nodo di lingue diverse che viene fuori a ogni giro di frase, ma specialmente quella poetica, in cui la forma chiusa è chiamata ad arginare il caos incontrollabile della psiche, della vita di una mente in stato di guerra.
Miss Rosselli si muove sui piani paralleli del racconto biografico e dell’evocazione di una presenza – quella di Amelia Rosselli nella vita di Renzo Paris – che lo scrittore romano cerca affannosamente di puntellare, di rendere di nuovo concreta malgrado gli anni trascorsi e la morte. Paris cerca i segni di questa presenza in una Roma ormai molto diversa da quella in cui Amelia visse i suoi anni di maggiore creatività, la evoca attraverso un attento lavoro biografico come pure attraverso le testimonianze di quelli che l’hanno conosciuta.
Ognuno di loro ne consegna un ricordo singolare; Paris stesso e Walter Siti, ad esempio, hanno conservato fedelmente il consiglio di pubblicare solo “le cose che non si capiscono, tralasciando quelle che sembrano più chiare”, mentre nel recente Sogni e favole Emanuele Trevi racconta di non aver mai dimenticato quello che gli disse un cameriere di Trastevere, una sera di tanti anni fa, mentre passava Rosselli: quella è una poetessa, un’anima in pena.
Nonostante l’apparente oscurità, la poesia di Amelia Rosselli nel corso degli ultimi trent’anni ha continuato a guadagnare lettori ed esegeti sempre più agguerriti. Credo dipenda dal fatto che si tratta di un’oscurità perfettamente luminosa, che si deve attraversare pronti a un’esperienza trasformativa, radicale. Amelia Rosselli lo dice a proposito di Plath, ma l’affermazione è perfettamente sovrapponibile alla sua esperienza: “Che poi la ricerca artistica all’alto livello al quale la portò la Plath, e a una tale intensità, sia un rischio mortale di per sé, purtroppo ogni artista lo sa bene fin dall’inizio del suo vocazionale sperimentare con la vita”. Quando Paris ricorda il suo modo di appostarsi all’angolo di una strada con uno sguardo radente, come per paura di incontrare se stessa, è proprio questo che intende: ha vissuto e scritto senza mai scindere poesia, vita e storia, ma sempre con la minaccia di incontrarsi, ovvero, di incontrare la propria morte. Sempre con l’ascia dietro le spalle.