Il conflitto e l'archivio, per un'archeologia del sapere di Antonio Caronia

1 Giugno 2015

Il fare cultura di Antonio Caronia è passato attraverso varie discipline, lasciandole indipendenti o a volte incrociandole. Come studioso sapeva benissimo stare dentro le discipline, per poi romperle e meticciarle. Questo ha fatto sì che lasciasse contributi tra saperi difficilmente connettibili. Questo rende urgente un'archeologia e una genealogia del suo pensiero prima che il tempo disimpegni le memorie. Antonio Caronia è stato molte cose, un matematico, un letterato, un saggista e un mediattivista, un esperto d'arte e anche un bravo attore. Infatti si dava con generosità come personaggio drammatico nei film realizzati dai suoi studenti nelle Accademie di Belle Arti milanesi dove insegnava. La sua figura incarnava due aspetti tangenti della cultura e delle connessioni che è interessante testimoniare: il conflitto e l'archivio.

 

La Biblioteca di Antonio Caronia, foto di Matteo Giovanelli, 2013

 

La sua pratica di conoscenza era tutta incentrata sulla supremazia dell'essere rispetto al dispositivo tecnico, che fosse l'alfabeto o l'internet. Caronia testimonia lungo tutto il suo fare una incessante ricerca della libertà dell'essere e una scelta: quella del mantenimento di questa stessa libertà a priori (trascendentale). Sapeva benissimo che il mezzo tecnico diventa il fine, e per questo praticava con lucida consapevolezza la multidisciplinarità, ovvero l'eterodossia accademica. La sua pratica era il conflitto, che applicava alle categorie del macro e del micro. Ovvero il primo implicato dai conflitti che si presentano negli aggregati politico-sociali, dove gli attori sono entità collettive quali partiti, movimenti sociali, gruppi e movimenti; il secondo implicando relazioni "faccia a faccia", dove gli attori sono gli individui. Esisteva quindi una continuità tra il suo attivismo politico trotzkista e libertario e il suo agire sempre e comunque inquisitorio nella dialettica culturale. Era un metodo che il farsi soggetto di conoscenza utilizzava sempre e comunque per agire un “vero” procedurale: questo farsi dispositivo del soggetto entrava in discussione con l'altro e con l'altra disciplina, perché sapeva bene che l'unica forma di sapere implica la rottura e la ricostruzione dell'omeostasi. Ovvero l'implicazione del confronto, o, direbbero i moderni, la giustapposizione dei punti di vista e dei postulati, a sua volta implica la verità.

 

Questo soggetto attivo nel conflitto, ricercava sempre e comunque strumenti di gestione: si dava proprie regole per far sì che le forze distruttive del conflitto non compromettessero la tenuta del confronto appunto implicato. Di fatto, ricercava un confronto caldo, ovvero umano, fondato sull'essere e contemporaneamente evitava il conflitto sconfinato e quello occulto perché senza senso; lavorava dialetticamente per concordare una soluzione che una volta dichiarata disinnescava il conflitto. Era un vero e proprio processo euristico, conoscitivo e di validazione del sapere, in quanto implicava il senso di un"esser-ci" nel conflitto (infatti non si può non essere nel conflitto), laddove il ci sta a indicare il modo in cui concretamente (fenomenologicamente) l'Essere si dà nella tensione della verità (dell'uno e/o dell'altro). Ecco, il “soggetto attivo” proposto da Antonio Caronia fondava una euristica e una ermeneutica tutta centrata su una presenza eroica e conflittuale di un soggetto che pretende di ascoltare e di essere ascoltato e che pone le sue ragioni con la veemenza poetica della sua stessa presenza, azione, potremmo dire “nuda vita”. E qui risiedeva anche il conflitto psicologico del “soggetto attivo”, che fa parte di quel narcisismo condizione necessaria e sufficiente per la conoscenza e origine e fine di ogni energia creativa e pulsionale alla base del desiderio di sapere che giustifica e necessita tale tensione. Insomma chiamatelo conflitto, controversia ma il “soggetto attivo” non può accettare la posizione dell'agnostico, il ἀ- "senza", e γνῶσις (gnōsis), "sapere", "conoscenza", era proprio quello che a Caronia non interessava, a cui opponeva come soluzione un ateismo libertario, anarchico, procedurale di fecondissima portata. Potremmo dire in una libertà conoscitiva à la Feyerabend e oltre.

 

La Biblioteca di Antonio Caronia, foto di Matteo Giovanelli, 2013

 

Accanto alla figura del “soggetto attivo” stava con pari dignità il Caronia bibliotecario, l'archivista. Infatti accanto alla libertà dell'essere quello a cui teneva di più era la sua biblioteca di circa 7000 volumi. La sua biblioteca era lo “scrigno”, “ripostiglio” θήκη/théke della sua opera e dei suoi libri βιβλίον/biblíon, ma anche e soprattutto il regno del suo essere e la fortificazione della sua libertà. Appunto la sua opera principale era il suo essere libero nell'essere, e per farlo accanto alla procedura cibernetica esposta sopra necessitava di un “territorio mobile” da abitare, che, seppur fondato e tangibile, lo accompagnasse nelle sue peregrinazioni, fossero esse reali e/o della casa dell'essere. Questo ruolo contemporaneamente reale e virtuale, in una parola mobile, era la biblioteca dei testi letti, commentati, tradotti, scritti e quindi conservati. Se la procedura per coltivare la libertà dell'Essere era il conflitto, la Biblioteca ne era il territorio fortificato, il castro. Il termine "libro" è sinonimo di "opera letteraria", ovvero di vero e proprio contenuto di cui il libro è mero contenitore, e per estensione di tutte le varie vite, teorie e storie di cui ogni libro della biblioteca di Caronia è mero contenitore, insomma di tutta la libertà a priori la biblioteca è il contenitore e la fortificazione necessaria.

 

Il conflitto e la biblioteca (la sua fortificazione), e il loro uso strumentale all'essere e alla libertà, sono testimonianze dell'opera di Antonio Caronia, intellettuale, studioso, attivista politico, che dopo aver indossato i panni del rivoluzionario passò, nell'età matura, alla politica di base nell'educazione, luoghi appunto della formazione dell'essere e della costruzione dei territori futuri.

Proprio per recuperare e sistematizzare tale contributo i giorni 5 e 6 giugno 2015 si tengono a Milano presso l’Accademia di Brera due giornate di studi destinate all'archeologia e alla genealogia del sapere di Antonio Caronia. 

 

 

In occasione di

The Logic Lane, Giornate di studio su Antonio Caronia, Milano 5-6- giugno 2015, Accademia di Belle Arti di Brera.

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