Speciale

L'urna di Don Bosco

10 Aprile 2014

Liceo Monti di Chieri, venerdì 17 gennaio. Non sono superstizioso; dovrei cominciare? Lezione di Storia sul concetto di laicità nel Rinascimento. Alla fine un alunno si avvicina timidamente: “Lo sa, vero, che venerdì in Auditorium ci sarà l’urna di Don Bosco?”. L’urna di chi?! Si tratta senz’altro di uno scherzo, dunque sogghigno con aria di intesa. “No, non scherzo; non lo ha saputo allora!”
No, non lo sapevo. E come me non lo sapeva quasi nessun altro, a parte gli insegnanti di Religione e il loro ciellino corteo, naturalmente. Nessuna discussione in Collegio docenti, nessuno che ci abbia chiesto un’opinione. Niente.

 

Torno a casa e smanetto su Internet. L’urna di Don Bosco, un manichino con la mano destra originale del Santo, sta facendo il giro d’Italia in bara di vetro. Passa di oratorio in chiesa, di basilica in cattedrale. E naturalmente finisce nell’Auditorium di una scuola statale. La mia!
Non riesco a crederci. Da anni lotto per la laicità della scuola pubblica. Meglio dire: da anni riporto sonore sconfitte, in uno Stato come il nostro in cui anche gli atei o i musulmani sotto sotto sono cattolici e l’onestà intellettuale è uccel di bosco. Ma questo è davvero troppo!
Comincio a diramare la notizia, chiedo l’opinione degli alunni. Raccolgo le solite frasi: “Tanto le cose vanno così”, “Che cosa ci vuol fare”, “L’Italia dopotutto è un Paese cattolico”, ecc.

 

Scopro che i colleghi di Religione da settimane preparavano l’evento, con lezioni sull’importanza civica ed il ruolo educativo del Santo. In men che non si dica, ricollego. Ecco perché, mi dico, da giorni quando entro in scuola esce un prete, quando esco entra una suora... Qualche mattina fa stavo quasi per farmi il segno di croce davanti alla bollatrice!

 

Per non parlare della recente circolare diramata dal Preside: il Comune di Chieri che invita per conto dei Salesiani gli insegnanti statali a un corso di aggiornamento tenuto dai religiosi sull’educazione dei giovani! Un pasticciaccio tutto Made in Italy tra sacro e profano, con un solo punto chiaro: se la capacità educativa dei professori è quotidianamente messa in dubbio, quella dei preti, dalle nostre parti, resta inattaccabile.
Provare a fermare il treno in corsa? Nessuna illusione: so bene come vanno ‘ste cose. Nella mia scuola una mattina alla settimana, dalle otto meno dieci alle otto, si riunisce un “gruppo di preghiera” che recita salmi e rosari. Non si capisce perché mai questo gruppo senta l’esigenza di pregare in un Istituto pubblico avendo tutte le possibilità di farlo in chiesa. O forse si capisce eccome: i fedeli si riuniscono in quella classe esattamente con le stesse finalità di chi vuole un’urna nell’Auditorium di un liceo statale. La cittadina in cui si trova la mia scuola, infatti, per metà è in mano ai Salesiani. Non si può certo dire che questi non sappiano dove metterlo, il loro manichino.

 

Il giornale locale conferma: venerdì 24 gennaio, dalle 10, inizierà per gli studenti delle superiori della cittadina la venerazione dell’urna. “Venerazione”, c’è scritto proprio così!
Lunedì 20. Vado dal Preside e gli manifesto tutto il mio dissenso; gli spiego le ragioni per cui ritengo il suo un grave errore. Mi sento rispondere che comprende appieno le mie argomentazioni. Solo che... ormai il permesso è concesso. Gli dico che intendo scrivere qualcosa contro questa iniziativa; controbatte: “Fa benissimo!”.

 

Esco avvilito. Dentro, gli ho spiegato che siamo educatori; che dobbiamo insegnare ai ragazzi l’uguaglianza, le pari opportunità, il rispetto per le convinzioni, le fedi e le posizioni di tutti. Ho insistito sull’importanza di insegnare che nessuno, in uno stato democratico, può prendersi dei privilegi sugli altri. Ho tirato in ballo persino il mio amato Kant. Ha detto che il permesso a far transitare l’urna in Istituto lo aveva accordato perché gliel’avevano presentato come il coronamento di un’attività didattica incentrata sullo studio del Santo. Non capisco, io in quarta ho appena finito Giordano Bruno... Autorizzare un bel rogo in Aula Professori? Meglio non dirlo: i colleghi ci metterebbero la firma. Gli ho chiesto cosa farebbe se dieci diverse confessioni religiose gli chiedessero di poter pregare in una classe del suo Liceo il martedì, dalle otto meno dieci alle otto. Gli ho domandato se gli esperti di Don Bosco abbiano accennato in classe anche ai suoi roghi di libri protestanti, agli inciuci con Rattazzi per aggirare (solo lui) la legge Siccardi o per non pagare (solo lui) la Tassa sul Macinato. Tutte cose che fanno di questo Don Bosco, a prescindere dal valore sociale del suo operato, un religioso tanto intollerante quanto intrallazzatore. Un Santo molto all’italiana, insomma.

 

Tutte parole al vento: ancora una volta la Chiesa spadroneggerà su tutto e tutti, calpestando con scarpe chiodate la bistrattata laicità dell’istituzione scolastica pubblica.
Martedì 21 gennaio. Inesorabile, passa la Circolare. Comunica ai ragazzi gli orari di esibizione dell’urna. Allude al carattere facoltativo dell’iniziativa. Mi pare il minimo, dato l’abuso perpetrato nei confronti di un luogo pubblico. Invece no: è il massimo della libertà e dell’apertura che ci possiamo aspettare dalle nostre parti. Mi rifiuto di leggere la comunicazione agli alunni. Tanto sanno già tutto.
Giovedì 23, Collegio docenti. Su un centinaio di insegnanti, solo in due ci lamentiamo dell’iniziativa. Ci viene risposto che il termine laicità va “interpretato”. Sicuramente, ribatto, la migliore interpretazione consiste nel piazzare una reliquia in una scuola pubblica. Come se poi non avesse un significato ben preciso, quel termine: ci abbiamo costruito sopra il Rinascimento. L’abbiamo inventato noi italiani, quel concetto. Ne avete scordata la definizione? Chiedetela a noi, agli inutili colleghi di Filosofia. In realtà, cosa significhi laicità lo sapete fin troppo bene. Altrimenti non avreste fatto tutto di nascosto! Una “organizzatrice” arriva a accusarmi di scarsa democraticità per non aver letto la Circolare agli alunni. Proprio lei e proprio quella Circolare! Evidentemente ormai è “interpretabile” anche il senso del pudore.

 

Venerdì 24 gennaio. L’urna, puntuale, fa il suo ingresso trionfale nel liceo, tra applausi scroscianti e segni di croce. La sostengono gli alpini, ingarbugliando ancor più il folle intreccio tra Stato e Chiesa. C’è persino la Croce Rossa. Quando mia madre era moribonda mi hanno chiesto un euro a chilometro, per portarla da un ospedale all’altro. Quanto avrà pagato Don Bosco?

 

Fuori dai cancelli un insegnante (di un’altra scuola!) protesta, improvvisando una mini urna contenente un mucchietto di cenere. Sotto si legge: “Ceneri di Giordano Bruno”. Accidenti, neanche ci fossimo messi d’accordo! Ma anche lui è isolato, guardato con sospetto dai ragazzi che entrano. Si dice che a prenotare il nostro Auditorium si siano fatti sotto anche i Testimoni di Geova, subito respinti: “Il permesso va richiesto in Provincia”.

 

Il manichino avanza ondulante, ma qualcosa stride. A ben pensarci, c’è davvero troppo silenzio. Sicuramente Don Bosco preferirebbe irrompere nell’atrio con un chiassoso e festante sottofondo di campane. Ecco, mi dico. Al prossimo Collegio docenti, ora, so cosa proporre!
Vuoi mettere che figurone farebbe, su un lato della scuola, un maestoso e imponente campanile?

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