Per la prima volta in lingua italiana / Il parassita di Serres: la relazione come dono

1 Giugno 2022

Eccomi, a tavola. Senza essere invitato (o forse sì?), sono a tavola di un altro e mangio a sue spese. Il suo nome? Michel Serres. Il mio status? Tecnicamente ne ha uno solo: “parassita”. Da diversi anni, ormai, godo dei pasti del mio ospite e, via via, dell’amicizia degli altri commensali, già da tempo introdotti alla stessa tavola. Con rispetto e con la coscienza di essere in debito, mi nutro di idee, di massime, di uno stile di pensiero e di vita. Il pasto più succulento? Un’idea fondamentale, che non cessa di riempirmi la bocca: la scomparsa del mondo contadino, i progressi della medicina, l’installazione di oggetti-mondo con impatto globale (rifiuti radioattivi, satelliti, Internet..), ci parlano di un mondo che si biforca improvvisamente da continuità storiche millenarie, che accelera le sue trasformazioni, che s’inventa e chiede l’invenzione di una filosofia, di una nuova filosofia per il nuovo mondo.

 

Confessione inaggirabile, per me, questa, prima di accingermi a recensire Il parassita, scritto da Michel Serres nel 1980, e che, per la prima volta, esce in lingua italiana, a tre anni dalla morte del filosofo francese, nell’edizione curata da Gaspare Polizzi, per l’editore Mimesis (San Giovanni Sesto, MI). L’iniziativa di Polizzi consegna al pubblico italiano un altro assaggio dell’avventura filosofica di questo straordinario e ostinato ricercatore e frequentatore dello spazio del pensiero, inteso come zona di apertura al possibile. 

 

Non ci si lasci ingannare dal titolo: non è un libro di microbiologia, è un libro di filosofia. Filosofia della relazione e dello scambio. Certamente, il parassitismo è un fenomeno diffuso e universale, o meglio un operatore concettuale che permette, secondo Serres, di comprendere trasversalmente una vastissima gamma di fenomeni biologici, storici, antropologici, sociologici, economici, finanziari, psicologici. E nel mosaico fluviale di esempi che il libro fa, mescolando racconto e filosofia e attingendo dalla Bibbia a Platone, da La Fontaine a Rousseau, Serres ibrida continuamente scienze naturali e scienze umane. Ma il parassitismo è pur sempre il caso particolare di un fenomeno più ampio che lo ricomprende: lo scambio, innanzitutto. Tendiamo a restringerlo ai rapporti sociali, economici, rituali.

 

Certo, ci dice Serres, senza circolazione di beni, denaro, parole, saperi, simboli, non si dà collettivo; ma, non si dà vita senza trasferimenti di energia e di informazioni, e nemmeno si dà l’universo inerte. Una molteplicità di scambi registriamo sia nella sfera del vivente, sia nella sfera dell’inerte e sulle diverse scale: dalla scala gigantesca dell’universo e del mondo, poi a quella, ordinaria, delle forze e delle energie, alle condotte sociali e umane, fino a scendere ai livelli molecolare, atomico e delle particelle. Scambi che non spiegano solo la stabilità e le strutture di ciò che esiste, ma anche la loro evoluzione nel tempo. 

Tuttavia, l’approccio analitico della razionalità cartesiana, che ancora impronta i metodi delle scienze umane e sociali, ci fa dire che i soggetti scambiano oggetti, beni e simboli, ipostatizzando i primi e i secondi. A rigor di termini, prima e senza che questa circolazione entri in gioco e funzioni, i soggetti non vivono, gli oggetti non esistono. Vivono ed esistono solo nello scambio. Facendo sua la prospettiva di Gregory Bateson, Serres ci ricorda che non solo l’esistenza precede l’essenza, ma anche che la relazione precede l’esistenza. 

 

E generalizzando il principio a tutto il regno del vivente, per Michel Serres si possono classificare sei tipi di scambio, non sempre equilibrati e simmetrici, ma diversamente bilanciati. Nella competizione, ciascuno perde: i due piatti della bilancia portano il segno meno; nello sfruttamento, nel parassitismo e nell’attività predatoria, uno perde e l’altro vince: un piatto porta il segno meno e l’altro il segno più; per il commensalismo, uno vince, l’altro né perde né vince: più su un piatto, zero sull’altro; il neutralismo fa in modo che i due né perdano né vincano: zero a zero; e l’antibiosi che uno perda, mentre l’altro né perda né vinca: meno da una parte, zero dall’altra; infine, il mutualismo o la simbiosi segnano un più, per entrambe le parti; i due vincono insieme. Fuori dalla bilancia: la grazia o gratuità.

 

 

Dalla tavola sinottica, Serres estrapola e focalizza la sua attenzione sul parassitismo, relazione diffusa, semplice e stabile, ma anche dinamica, perché da potenzialmente mortifera per uno degli attori, evolve in un nuovo equilibrio di reciproco e vitale vantaggio per i partner, cioè si trasforma in simbiosi.

ll parassita sfrutta un organismo che è il suo ospite. Se la predazione è l’attacco del grosso sferrato al piccolo, il parassitismo è l’attacco del piccolo sferrato al grosso. E a differenza della predazione, che si conclude rapidamente con l’annientamento o l’assimilazione dell’altro, il parassitismo è un’interazione durevole, in ogni caso dura un po’: il parassita prende l’ospite come habitat e se ne serve come risorsa alimentare e energetica. Svolge a suo favore il metabolismo dell’ospite, così ne diventa dipendente. Il parassita prende tutto e non dà niente, l’ospite dà tutto e non prende niente.

 

Il parassita è il nemico dell’ospite. Ecco il parassitismo: strana combinazione di ospitalità e ostilità. Sovente, il parassita è patogeno e la storia finisce male: o il parassita indebolisce l’ospite fino al punto di distruggerlo, condannando se stesso a morte, privo ormai della sua fonte di nutrimento; oppure, l’ospite espelle il parassita. Ma, le vicende dell’evoluzione c’insegnano che più volte di quanto non crediamo, la storia ha un lieto fine: la relazione di parassitismo può mutarsi in mutualismo e talvolta simbiosi, coabitazione biunivocamente benefica, e relazione di ospitalità depurata da ogni ostilità. La maggior parte dei microrganismi che consentono la nostra digestione, simbionti del nostro intestino, discendono direttamente da parassiti infettanti che uccisero un gran numero di nostri antenati nel corso di terribili epidemie. 

 

La medesima cosa accade nei rapporti umani e sociali, quando l’ostilità e la sopraffazione si mutano in doveri di ospitalità, scambi di doni, reciprocità, contratti di scambio e di associazione. Gli esempi di Serres spaziano dai nuclei degli eucarioti che provengono dall’associazione simbiotica di due procarioti alle favole di La Fontaine. Ma potremmo evocare anche Diomede, acheo, e Glauco, troiano, che, nel sesto libro dell’Iliade, scoprendo nella loro discendenza vincoli di ospitalità, li rinnovano, rinunciando a battersi e scambiandosi come dono le armi (quanti Diomede e Glauco potrebbero fare la stessa scoperta nelle fila degli eserciti russo e ucraino?..). 

E ancora: non è, forse, riconducibile alla medesima traiettoria evolutiva, dal parassitismo al mutualismo e alla simbiosi, il passaggio che ha trasformato il nostro atteggiamento ostile e parassitario di cacciatori e raccoglitori nel rapporto tendenzialmente mutualistico di agricoltori e allevatori con piante e animali, per il tramite dell’animismo e del totemismo?

 

Poi, senza ritegno, da pochi secoli si è iniziata l’avventura moderna di «padroni e possessori della natura». Con questa veste, Cartesio c’innalzò al di sopra del regno animale, come imbattibili e inimitabili «sostanze pensanti». In verità, ci chiedeva di prolungare la nostra condotta animale (o infantile) di parassita, che usa e abusa dell’organismo-ospite e che se ne appropria sporcando (ovvero, oggi, inquinando e riversando rifiuti). Questo dominio si è spinto così oltre da ritorcersi contro chi ciecamente si ostina a perseguirlo. Al punto da costringere a riconoscersi parassiti globali che possono sopravvivere se diventano simbionti, se stipulano appunto con chi li ospita, la Terra, un contratto globale di simbiosi. Il parassita di Michel Serres ci permette di mettere immediatamente a fuoco il punto in cui la storia plurale e millenaria di Homo sapiens si sta per biforcare: o la morte o la simbiosi.

 

Torno al mio pasto confessato, alla tavola di Michel Serres. Parassita non aggressivo, ma abusivo. Un colpo di scena mitiga il rimorso e capovolge la mia posizione! Una commensale, una ex-studentessa di Serres, diventata professoressa, racconta: «Visto che io mi preoccupo dei miei studenti, uno di loro mi ha chiesto: ‘Perché si preoccupa tanto di noi?’. ‘Perché quando ero una studentessa’, risposi, ‘uno dei miei professori si preoccupava così tanto di me che io gli chiesi: ‘Perché si preoccupa tanto di me?’. E lui mi rispose: ‘Affinché tu, quando diventerai professoressa, ti preoccupi dei tuoi studenti. Non renderai a me quello che ti dono, perché non si risale il corso di un fiume, né tanto meno quello del tempo, ma lo renderai ai tuoi successori, rispettando il senso della corrente. Farai la staffetta, passerai la palla’». Ora so che, silenziosamente Serres mi ha invitato alla sua tavola, mi ha concesso di prendere come un parassita, solo per ridare non a lui, ma ai miei futuri studenti. Mi ero intrufolato da parassita, ora un contratto silenzioso mi obbliga alla relazione più impegnativa: il dono gratuito. Penso, in parte, già di adempierlo. In ogni caso, lo prometto solennemente al mio ospite: mi preoccuperò dei miei studenti, mi preoccuperò di imbandire, anche col tuo cibo, un’altra tavola per loro. Grazie, Michel. 

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