È tutta colpa della tv? / Media cattivi maestri

7 Giugno 2016

Ha avuto recentemente una grande diffusione nel Web un video postato su YouTube nel quale dei ragazzini giocavano per le strade di Napoli con delle pistole finte e si muovevano in una maniera che sembrava ricordare quella dei boss della fiction televisiva Gomorra. E anche alcuni recenti fatti di cronaca hanno portato davanti agli occhi di molti delle efferate esecuzioni di esseri umani che possono averli portati a pensare a scene che avevano già visto in numerosi film thriller. Dobbiamo forse concludere da ciò che i comportamenti malvagi di alcune persone sono direttamente influenzati dai contenuti dei media? Ad esempio, da quelle serie televisive che godono oggi di così grande successo? La risposta classica degli studiosi di media è sempre stata che non è possibile stabilire un rapporto di causa-effetto tra ciò che le persone vedono sugli schermi e i loro comportamenti. 

 

D’altronde, gli esempi citati riguardano degli individui particolari, mentre molti studiosi hanno sempre sostenuto che in condizioni normali gli effetti prodotti dai media, anche a lungo termine, sono “filtrati” dalla cultura sociale e soprattutto dalle relazioni esistenti tra gli individui all’interno dei gruppi sociali. È dunque solamente quando tale azione di filtro non viene esercitata dalla società che i media hanno la possibilità di manifestare con forza i loro effetti. I quali pertanto influenzano dei soggetti particolarmente deboli, come i bambini, oppure dei soggetti adulti che non possiedono gli strumenti culturali adeguati per rielaborare i contenuti trasmessi. È lecito però pensare che potrebbe anche non essere così e che forse dovremmo porre una maggiore attenzione ai modelli di comportamento che vengono presentati da parte dei media. 

 

D’altronde, la capacità dei media di esercitare degli effetti sugli individui e sulla cultura sociale è stata ampiamente dimostrata da parte di numerose ricerche. L’hanno confermato tra l’altro, in una lunga serie di studi iniziata negli anni Settanta, lo statunitense George Gerbner e i suoi collaboratori, i quali hanno efficacemente dimostrato che la televisione, presso i suoi spettatori più fedeli, ha la capacità di dare vita a un universo simbolico estremamente coerente al suo interno e dunque credibile e convincente. Tale universo presenta degli stereotipi culturali particolarmente efficaci, che sono relativi soprattutto agli ambiti della fiction e dell’informazione e sono difformi dalla realtà, ma sono comunque in grado d’influenzare la percezione e l’interpretazione del mondo degli individui. Gerbner ha chiamato la sua concezione «teoria della coltivazione», perché a suo parere ciò che fa la televisione è soprattutto “coltivare” la percezione individuale della realtà. Insomma, la televisione, secondo questa interpretazione, è in grado di creare, attraverso un processo di accumulo graduale che si sviluppa nel tempo, un territorio simbolico che tende a imporre agli individui dei valori che diventano dominanti all’interno del sistema sociale. 

 

Va considerato inoltre che si è dimostrata valida sin dagli anni Settanta anche la cosiddetta «teoria dell’agenda setting», la quale sostiene che tutti i media contribuiscono a modificare l’agenda dei temi e dei valori posti all’attenzione individuale e sociale. Ne deriva pertanto che tendono ad alterare la cornice di riferimento attraverso la quale le persone attribuiscono un senso alla propria realtà. La teoria dell’agenda-setting sostiene infatti che esistono delle correlazioni tra il livello di importanza attribuito dalle persone ai principali problemi sociali e lo spazio a essi dedicato da parte dei mezzi di comunicazione, dunque tra l’agenda degli individui e quella sviluppata dai media. Le persone cioè vengono influenzate dai media determinando non tanto ciò che esse devono pensare, ma quello a cui devono pensare, cioè gli argomenti ai quali sono portate a prestare una maggiore attenzione. Il potere d’influenza dei media dunque si manifesta non tanto intervenendo su singole opinioni o determinando direttamente dei comportamenti, ma attirando l’attenzione degli individui su determinati temi, eventi o personaggi. 

 

Più di recente, anche il sociologo Manuel Castells ha sostenuto nel volume Potere e comunicazione, dopo aver analizzato numerose ricerche condotte negli ultimi anni sugli effetti prodotti dai media nella società, che i mezzi di comunicazione promuovono delle narrazioni della realtà sociale che sono in grado di generare una condivisione di significati e pertanto anche di provocare delle emozioni che spingono gli individui ad adottare dei comportamenti conformi a tali significati. 

 

Dunque, su questa questione sembra che non ci possano essere dubbi: i media esercitano degli effetti sulle persone e la società, e a volte tali effetti possono essere anche molto potenti. Questo almeno è quello che ci dicono decenni di ricerche condotte in tutto il mondo sui media tradizionali e in particolare sulla televisione. Sugli effetti prodotti da Internet nella cultura sociale sappiamo invece ancora molto poco. Si ritiene di solito che in questo caso gli utenti siano maggiormente attivi e interattivi, ma è lecito pensare che le diverse ore passate quotidianamente dalle persone a contatto con questo mezzo di comunicazione possano comunque avere degli effetti. È dunque necessario che anche sull’uso di Internet vengano condotte delle ricerche che ci possano confermare o meno quello che già sappiamo sui mezzi tradizionali.

 

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