Gabriele Basilico: fotografo-architetto

17 Ottobre 2013

E’ nata a Genova, nel ‘95 -proprio nei giorni di questa foto di Gianni Berengo Gardin ritrovata da Giovanna Calvenzi - l’idea di una campagna fotografica sul nuovo paesaggio italiano. E’ nata durante una delle lunghe camminate tra le banchine, le navi, i container del Porto che Gabriele stava fotografando con la solita paziente passione e che Maurizio Maggiani trasformava in bruciante scrittura. Avevo chiesto a Gabriele e Maurizio di lavorare insieme sulla vita meticcia del Porto che amavamo e un giorno, con quella semplice improvvisazione che distingue le persone straordinarie, a loro si era unito Gianni Berengo Gardin.

 

 

In quei giorni Gabriele era stato invitato da Francesco Dal Co a realizzare una sorta di introduzione al Padiglione Italiano della Biennale di Architettura del ’96. E Gabriele mi aveva chiesto di aiutarlo. Stavo lavorando sui paesaggi della diffusione urbana - quel mondo di edifici solitari ed ammassati che in pochi anni aveva invaso e trasfigurato il territorio italiano; e proposi a Gabriele di introdurre il Padiglione dedicato alla “nuova architettura italiana” con il controcampo crudele della mediocrità diffusa, vera cifra di quell’Italia della villetta recintata con videocitofono e cantinetta che Berlusconi aveva celebrato e ormai portato ad un prosaico trionfo.  

 

Si trattava di scegliere delle porzioni di mediocrità e di campionarne alcuni paesaggi. Decidemmo, insieme a John Palmesino e altri amici della nascente Multiplicity, di scegliere sei sezioni di territorio perimetrale alle grandi aree urbane, proprio dove più violenta era stata l’invasione di quel pulviscolo incongruo di villette, palazzine, centri commerciali, autolavaggi, svincoli, rotonde che unendo i piccoli centri storici li aveva tutti saldati (insieme al loro capoluogo) in un’unica piastra di “Anticittà”. E scegliemmo sei “sezioni” di 40 chilometri per 4 attorno a Milano, Mestre, Firenze, Ancona, Napoli, Reggio Calabria entro cui Gabriele si sarebbe mosso in totale libertà; con il solo fuoco di ritrarre la prorompente mediocrità della nuova provincia italiana.

 

La prospettiva di dedicare ore di lenta esplorazione all’Anticittà italiana, mediocre e sublime metafora della nostra anima profonda, poteva apparire un affronto per lo sguardo di un fotografo abituato a catturare i paesaggi lirici dei grandi Porti mediterranei, delle vallate atlantiche, delle densità metropolitane. Gabriele ne fu invece entusiasta. E quell’entusiasmo trasformato subito in progetto, scadenze, prove di stampa fu per me la scoperta della grandezza di un intellettuale del pensiero visivo travolto dalla passione pura per lo spazio; lo spazio materico e corrugato, mediocre e sorprendente, dove scorrono le nostre vite.

 

Decidemmo di montare le serie di foto straordinarie di Gabriele in sequenza sui muri della stanza introduttiva del Padiglione Italia, attorno ad una grande mappa satellitare dell’Italia stampata sul pavimento, da cui - come estrusi - emergevano sei plastici delle porzioni di territorio scelte per la campagna fotografica.   

 

Il risultato fu quello di una Wunderkammer della mediocrità, che pure inaspettatamente e crudelmente rendeva irrilevanti - perché in fondo simili nella comune e piccola presunzione - anche i modelli di architettura in scala 1:1 che i giovani architetti scelti da Dal Co avevano disposto in serie nelle stanze successive del Padiglione. Gabriele fu giustamente premiato dalla Biennale e da quel lavoro. Da quell’installazione nacque un libro che raccoglie le nostre visioni e pensieri.

 

Oggi, a 17 anni di distanza, le sequenze di immagini dell’Italia che Gabriele costruì girando nelle sei sezioni di paesaggio, restano una testimonianza cruciale sull’Italia individualista e anti-urbana allora in piena costruzione. Ma restano soprattutto a raccontarci dello sguardo di Gabriele Basilico; del suo rispetto per l’umiltà degli edifici ordinari, della sua pietas verso le piccole arroganze in stucco e ferro battuto, dell’attrazione verso il vuoto degli sterrati e dei parcheggi scrostati. Del suo geniale e appassionato amore per la condizione urbana.

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