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Arturo Schwarz | Luca Maria Patella / Il poeta anarchico che trasformò l'orinatoio in feticcio

10 Aprile 2017

Un errore comune, a proposito dell'orinatoio, è pensare che sia stato Duchamp a trasformarlo in opera d'arte semplicemente firmandolo, dichiarandolo tale ed esponendolo in una mostra. In realtà Duchamp non ha fatto niente di tutto ciò: è stato il sistema dell'arte, quasi cinquant'anni dopo, a farlo. E uno dei principali artefici di questo anomalo processo di “artificazione” è un italiano altrettanto anomalo: Arturo Schwarz. 

Nato ad Alessandria d'Egitto nel 1924 da un ebreo tedesco e un'ebrea italiana, Schwarz è una figura eccentrica ed eclettica: poeta, trotskista, anarchico, surrealista, studioso dell'alchimia e della cabala, critico e gallerista di fama internazionale. I suoi precoci contatti con André Breton e tutti i grandi nomi del surrealismo gli hanno permesso di portare contributi importanti alla conoscenza dell'arte surrealista e dadaista. A Duchamp, in particolare, Schwarz ha dedicato un intenso lavoro critico, curando il primo grande catalogo generale e proponendo un'importante interpretazione basata sul pensiero alchemico. Decisiva, per il nostro argomento, è stata la sua iniziativa di costruire le repliche di 14 readymade, che hanno contribuito in maniera determinante a fare di Fountain il feticcio artistico che conosciamo. Le repliche dell'orinatoio realizzate nel 1964 sono in tutto 13: otto numerate più quattro fuori edizione e un prototipo. Oggi sono sparse in vari musei e in qualche collezione privata.

 

Sono andato a trovarlo poco dopo il suo novantatreesimo compleanno. Vive circondato da libri e da opere d'arte nella sua casa milanese, assieme alla giovane compagna, Linda, sposata pochi anni fa. Ma tra le opere che riempiono tutte le superfici libere della grande sala in cui ci troviamo, l'orinatoio non c'è.

“Ho regalato la maggior parte delle mie cose. E tutti i readymade”, dice con tono deciso. Linda indica un angolo della sala: “Me lo ricordo, era lì per terra...”. (Per la cronaca, Schwarz, i readymade, li ha anche venduti e con successo: l'ultima grande asta è stata quella tenuta il 13 maggio 2002 da Phillips de Pury & Luxembourg a New York, dove 14 readymade di una serie completa vennero valutati complessivamente tra gli 8,5 e i 12,6 milioni di dollari: vennero battuti per 5,3 milioni, ma al venditore pare ne fossero stati garantiti molti di più).

 

 

Il suo incontro con Duchamp avvenne verso la metà degli anni Cinquanta e, come lei ha raccontato in varie occasioni, fu preceduto da uno sogno sorprendente...

Sì, sognai che Duchamp stava cercando un suo manoscritto che non trovava perché era finito dietro un cassetto. Glielo scrissi e lui mi rispose con un telegramma e una sola parola: “Trouvé!”. Da allora diventammo amici. Andai a trovarlo a New York. Era un uomo di grande intelligenza e grande cultura, una persona molto, molto semplice, accogliente e affabile. Non si rendeva conto dell'importanza del suo ruolo nel mondo dell'arte... Non ci faceva caso proprio.

 

Qual è la cosa che più l'ha colpita, quando lo ha conosciuto?

La sua filosofia. Il suo modo di vedere l'arte e la gente. Un modo tutto suo... Da un lato c'era l'indifferenza totale, dall'altro c'era sempre la curiosità per quello che succedeva attorno a sé.

 

Com'è nata l'idea di fare delle repliche di Fountain e degli altri readymade?

È stata quasi una sua richiesta. Diceva che era continuamente ossessionato da persone che volevano fargli firmare oggetti per trasformali in readymade: gli portavano dei portabottiglie e gli chiedevano di firmarli. Allora decidemmo di fare noi un'edizione. Fu lui a decidere quali readymade replicare e il numero delle repliche.

 

Qual era il rapporto di Duchamp col denaro?

Indifferenza. Non ho mai discusso di denaro con lui... Il nostro rapporto non aveva nulla di commerciale, era un rapporto di amicizia. Non c'erano interessi economici di nessun genere. Aveva quello che gli bastava per vivere. Non era alla ricerca di denaro: non lo disprezzava, né lo apprezzava. 

 

Le copie dell'orinatoio e degli altri readymade possono essere considerate un monumento ironico al feticismo del sistema dell'arte attuale?

Non credo. Sono copie, come quelle di qualsiasi altra scultura. Comunque Duchamp non considerava l'orinatoio un'opera d'arte. Lo scelse come espressione di humour. E lo divertiva l'idea che finisse in un museo.

 

Duchamp ha detto: “Il fatto che i readymade vengano guardati con la stessa ammirazione che di solito si riserva agli oggetti artistici significa, probabilmente, che il mio tentativo di farla finita con l'arte è fallito”. Lei crede che alla fine Duchamp si sia arreso al sistema dell'arte?

No, era indifferente alla contraddizione. Era anarchico. Come lo sono io. Non a caso si definiva “anartist”, in assonanza con “anarchist”.

 

Vale anche per lei che, pur professandosi ancora trotskista e anarchico, è il principale responsabile dell'artificazione dell'orinatoio?

È la vita. Piena di contraddizioni.

 

 

Luca Maria Patella, MUT/TUM

 

Duchamp l’ho incontrato personalmente, ma vorrei dire di aver voluto essere… il suo analista (!). [La mia competenza di Jung, ecc., data dal 1957, con Ernst Bernhard]. Riguardo al meraviglioso Pissoir del ’17: ho notato che – nel ’18 – DUCHamp inventa la sua ultima opera dipinta, che intitola Tu m’. Se il Pissoir è rovesciato “fisicamente” (a formare la Fontaine), ho pensato che lo abbia anche rovesciato “linguisticamente”: poiché i “suoni” MUT e TUM sono esattamente speculari! Ho così costruito una mia opera, intitolandola MUT/TUM (vedi immagine allegata). In essa, il piccolo pannello perpendicolare, che separa le 2 metà, non contiene un vetro, ma una coppia di specchi, situati dorso a dorso (ogni specchio riflette una metà della scritta, e così la completa: proprio dove, in realtà, la copre ed occulta nell’altra metà). L’opera viene quindi a mostrare e dimostrare tutto il problema…
Ho scritto su ciò vari saggi, mentre, ad esempio, Bernard Blistène o Harald Szeeman l’approvarono in pieno. Al MUKHA di Antwerpen, nel ’90, ho realizzato una vasta Antologica, intitolata “DEN & DUCH dis-enameled”: DENis Diderot & DUCHamp sverniciati!

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