Janisse Ray, meraviglie selvagge 

12 Dicembre 2023

Il nuovo libro di Janisse Ray, Wild spectacle, è una finestra spalancata sulla meraviglia della natura. Basta affacciarsi e ci si ritrova in un universo così vivo, vario e imprevedibile da cambiare per sempre lo sguardo che posiamo sulla Terra e, viene da augurarsi, il nostro modo di abitarla e farne esperienza. Pagina dopo pagina, la scrittrice americana ci porta con sé nella natura selvaggia del Montana e del Mississippi, nei territori remoti del Costarica, nella giungla del Belize popolata di uccelli variopinti, in Messico lungo le rotte della migrazione delle farfalle monarca e fra i ghiacciai in scioglimento dell’Alaska. E a coronare il viaggio, la tappa forse più inaspettata nella comune dimensione del quotidiano.

I saggi di Wild spectacle – Alla scoperta di meraviglie in un mondo oltre l’umano – da poco in libreria per Meltemi con prefazione di Matteo Meschiari, nella traduzione di Giulia Vallacqua, sono stati composti nell’arco di vent’anni. Le destinazioni e i protagonisti mutano ma la tensione che li attraversa rimane la stessa, spiega l’autrice. “Parlano del desiderio di immergermi nella variegata natura selvaggia, di sondare territori selvatici, di essere io stessa selvaggia e, forse, di diventare il tipo di persona che ascolta gli animali e a cui gli animali prestano ascolto”. 

Sono racconti di viaggi mozzafiato e paesaggi grandiosi che spiccano nello scenario così vivace del nature writing americano per il loro tono sommesso e inconfondibile. In Janisse Ray l’amore per la Terra e lo stupore davanti alla bellezza e ai delicati equilibri del mondo naturale s’intrecciano sul filo della scrittura al tessuto dell’autobiografia e ai richiami all’azione senza scivolare nel sentimentalismo o nei catastrofismi oggi così di richiamo. “Il pensiero di Ray – scrive Matteo Meschiari nella prefazione – non cerca la confusione di metafore e piani, la seduzione simbolica e alchemica, ma si attiene con molto coraggio poetico e molto buon senso pratico al terreno di ciò che accade, al pensiero tattile della cosa in sé”.

Mentre le avventure si dipanano sulla base di una competenza naturalistica maturata in anni di studi e ricerche, a scandire lo spettacolo del mondo sono il ritmo umano delle amicizie e degli amori, lo sperdimento della solitudine e lo struggimento della maternità – è la storia di una donna appassionata e anticonformista che nell’incanto nei territori più estremi sfiora il senso dell’eterno, incontra sé stessa e il suo destino. 

E mentre la narrazione procede, la scelta di schierarsi dalla parte del Pianeta assume contorni sempre più precisi, fino alle estreme conseguenze. Il suo amore per la natura non è un concetto mistico o astratto ma aspira a farsi pratica di vita. Salvare il mondo si può, è il messaggio di Ray – basta che ciascuno faccia la sua parte e alla svelta. Con il tempo, i suoi percorsi si spingono dunque sempre meno lontano e diventano occasionali. “Sono una viaggiatrice, – scrive – ma più il clima si destabilizzava, meno riuscivo a giustificare quello che vedevo come un’altra forma di consumo personale”. Da un decennio la scrittrice, fin dalla giovinezza in prima linea del movimento ambientalista, “per il bene del clima e della vita sulla Terra”, ha smesso di volare e ridotto in modo drastico il consumo di combustibili fossili. 

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Per un’autrice che ai territori remoti ha legato il suo nome è una scelta radicale che rischia di segnare la conclusione di una brillante carriera letteraria. Per Janisse Ray diventa invece la chiave d’accesso a un’altra dimensione. Per ritrovare la meraviglia del mondo, indica Wild spectacle, non è necessario avventurarsi in Belize o in Alaska – basta spingersi fuori di casa, alzare gli occhi al cielo o abbassarli a terra. “Oltre le case e le buche delle lettere, le strade e i ponti, si può scorgere un regno che esiste accanto a questo mondo in cui viviamo noi umani”, scrive. “Sì, un altro mondo costeggia quello costruito. Spesso la vista di quel mondo è distorta come attraverso un vetro incrinato, limitata da strette aperture di campo, angoli e crepe. È fuggevole, non disponibile su richiesta”. 

È un altrove a portata di mano, elusivo come certi sogni di prima mattina – per coglierlo bisogna aprire la mente, disporsi all’inaspettato e sprofondare nel viaggio. In questo senso Wild Spectacle è una guida preziosa. “[...] pensai alla maniera in cui una persona impara a conoscere un luogo. È un processo reciproco di incorporazione, di integrazione di una vita a un’altra”, scrive Ray. Prima ci si fa il bagno nel lago, continua. “Poi si cammina scalzi, nudi se possibile. Poi si mangia e si beve dal luogo. Si dorme con esso. Si osserva e si ascolta. Si studia. Si impara. Si ascolta. Poi si resta”. 

È un dono che la scrittrice, 61 anni, maneggia fin dall’infanzia. Nata nel sudest della Georgia, in una zona rurale che da adulta descriverà come orribile, attraversata dall’autostrada e punteggiata da case mobili e distese di gramigne, cresce fra i rottami dell’autodemolizione gestita dal padre. La sua è una vita isolata, in una famiglia di evangelici cristiani, dove la televisione è vietata ma l’amore per la natura incoraggiato con calore. È allora che sboccia la sua vocazione. “Ero sempre stata innamorata del mondo, da quando avevo memoria. Già da bambina trovavo nella natura una pace che non avrei potuto scorgere tra la gente”. 

Inseguendo quel sogno, Ray se ne va di casa a 18 anni. Si trasferisce nel nord dello stato per i primi due anni di college, Georgia, dove scopre l’attivismo ambientale e si specializza in specie a rischio, e poi si sposta in Florida. Spinta dalla passione per la letteratura e l’ecologia, approda all’Università del Montana e si innamora del West. Sa però che non può restare. 

A riportarla in Georgia, insieme al figlio, è la passione per il complesso ecosistema dei pini palustri che un tempo attraversavano il Sud degli Stati Uniti e oggi sono in via di sparizione. Sono gli scenari del suo libro più famoso, il memoir Ecology of a Cracker Childhood (1999), vincitore dell’American Book Award, dove autobiografia e storia naturale si saldano nella potente descrizione di un disastro ecologico che vede intere foreste svanire. 

Negli anni successivi arrivano altri libri dove letteratura, autobiografia e difesa dell’ambiente si saldano: Wild Card Quilt: Taking a Chance on Home (2003) che racconta il ritorno in Georgia, dove oggi vive con il marito in una fattoria sostenibile e Pinhook: Finding Wholeness in a Fragmented Land (2005) che narra il recupero della zona paludosa che unisce le paludi di Okenofee in Georgia alla foresta di Osceola in Florida. Grazie all’impegno di Ray e altri ambientalisti, quel lembo di terra è ora una zona protetta. La storia ecologica del fiume Altamaha sarà al centro di Drifting into Darien: A Personal and Natural History of the Altamaha River (2011) e altri libri, fra cui alcuni di poesia, seguiranno mentre attraverso articoli e interventi pubblici il nome di Janisse Ray diventa uno dei più conosciuti dal pubblico statunitense. 

La sua è una lezione in netta controtendenza. In un tempo di immagini che danzano senza tregua sugli schermi, avatar e nanosecondi di attenzione, il suo è un percorso lento che procede in profondità e recupera la dimensione della complessità e della fatica. È l’antitesi del turismo formato Instagram che oggi modella i comportamenti e l’immaginario. Raggiungere la meta, ci ricorda Ray, richiede tempo, pazienza, determinazione. È la capacità di lasciare andare giudizi e pregiudizi e farsi roccia, foglia, animale – l’arte di diventare trasparenti e lasciarsi attraversare dal mondo per incontrarlo nella sua bellezza più autentica e ritrovare il senso di una comune appartenenza alla meraviglia della vita su questa Terra.

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