Le rose di Pantani

15 Febbraio 2014

«Il 14 febbraio 2004 sarà ricordato come un giorno funesto, per tutto questo paese di ipocriti matricolati che siamo. Bisogna ritornare su questo fatto, tanto eclatante e già tanto rimosso con le autopsie, che ci assolverebbero, per l'overdose di cocaina che ha stroncato il cuore di Marco, il Pirata Pantani. Non trovate qualche assonanza fraterna con «corsaro» Pasolini? Tutti e due imprendibili, soprattutto sulle salite, sulle vette del corpo e dello spirito.»

Così scriveva, il 31 marzo 2004, a p. 26 del quotidiano “l’Unità”, il poeta e critico letterario Gianni D’Elia. L’articolo Pantani suicidato da tutti viene ora riproposto integralmente, col titolo Il pirata Pantani e il Corsaro Pasolini, nel numero 4 di cycle!, bookzine di cultura della bicicletta, pubblicato da Ediciclo Editore, in libreria da giovedì 13 febbraio.

 



Erano passati meno di cinquanta giorni dalla morte di Marco Pantani, «poeta della pedalata», intorno alla cui fine D’Elia ritrovava le stesse tragiche zone oscure e le stesse dinamiche di rimozione che hanno caratterizzato la tragica e misteriosa fine di Pier Paolo Pasolini, la notte del 2 novembre 1975, all’idroscalo di Ostia. Oggi il testo di D’Elia si trova nel libro Riscritti corsari (Effigie, 2009, pp. 172, 15 euro), raccolta di “prose civili” uscite in rivista tra il 2001 e il 2006 e che, nel solco della tradizione pasoliniana, dichiarata a partire dal titolo, provano a ricostruire, tra consumismo e disperazione, demenza televisiva e abolizione dei diritti elementari della Costituzione democratica, la trama invisibile di quella “mutazione antropologica” avvenuta nel cuore del Paese negli ultimi vent’anni.

Nel 2007 comparivano invece, nella raccolta Trovatori (Einaudi), i versi dedicati a Marco Pantani. Sono terzine assonanti e musicali che danno voce a una moltitudine di personaggi, in un canto collettivo che si fa omaggio appassionato alle cose e alle storie che si sono perdute, appartenute a un’epoca forse migliore, per ideali coltivati con passione e impegno civile quotidianamente praticato con naturale semplicità. I versi di D’Elia possiedono qui una forte oralità, che rimanda da un lato alla tradizione della poesia popolare – «tra cantina e cantiere» si dichiara in un verso – e a quella antica dei trovatori provenzali, senza dimenticare certa filosofica cantabilità leopardiana.

«Siam tante voci, raccolte in un cerchio…»
«Ad una ad una, dal coro, ci stacchiamo…»
«Prima, come le altre, rivolte all’interno…»

«Poi, il nostro verso, sole, ridiciamo…»
«Ai lati del palco, in fila, ci mettiamo…»
«Maschi e femmine di questo concerto…»

«Al centro del cerchio, si scopre pian piano…»
«Una bici da corsa, rovesciata…»
«Con le ruote che girano per aria…»

«Se è stagione, ogni attore reca in mano…»
«Il papavero rosso del campione…»
«Fiore del sole, poesia del corridore…»

«L’umiltà della strada e del sudore…»
«Si sente, fin da qui, il fiato del mare…»
«Nella risacca roca è un pedalare…»

«Altro non fu l’ebbrezza che malore…»
«Nel grande spazio, già si fa la nave…»
«Passato e istante il futuro fan sazio…»

«Di questo tempo ossesso è il nostro strazio…»

«Le rose che attendevano Pantani…»
«Piene di spine e sole di dolore…»
«Dal podio del mondo alle ferite mani…»

«Raccontate la storia del campione…»
«Di un sistema drogato che fa esami…»
«Come di questo vincere si muore…»

«Se vivere non basta più al domani…»
«E come tocca correre poi a folle…»
«Estinguere quel male che più impari…»

«Come il Pirata ciclista l’autore
assassinato di SCRITTI CORSARI…»
«Scesi dal galeone, come cani…»

«Matati dal deserto delle folle…»
«O gente del deserto, offri una rosa…»
«Piangerà anche i sassi… una cosa pietosa…»

«Spettacolo d’Italia, amore e orrore…»
«È tutta un’onda in pianto la Riviera…»
«Nel Paese dei Balocchi è notte nera…»

«Marco, vola sulla bici leggera…»
«L’ultima tappa è quella anche più vera…»
«Tu te ne vai dal falso di quest’era…»

«MARCO, VOLA SULLA BICI LEGGERA!... »

 

 

Questi stessi versi, ricomposti in diversa sequenza e con alcuni adattamenti prosodici, sono andati a costituire le parole di una canzone di Claudio Lolli, Le rose di Pantani, contenuta nel cd La scoperta dell’America, pubblicato nel 2006. 

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