In bicicletta. Tagliamento e Tocai
Dalle Dolomiti alla laguna, dai mosaici ai campanili, dalla sabbia alla roccia, dal boreto agli sclopit, da Ippolito Nievo a Lelio Luttazzi. Il Friuli Venezia Giulia è la più caleidoscopica delle regioni d’Italia. E questo viaggetto in bicicletta si deve accontentare solo di un piccolo assaggio.
Si comincia dalla Bassa, dalla lingua di Lignano, la Key West d'Italia, dove veniva Ernest Hemingway a fare la posta alle anatre selvatiche nei capanni alla foce del Tagliamento. Il vecchio Papa passò di qua intorno nel secondo dopoguerra, ospite a villa Manin-Kechler, a Codroipo. E tramite il conte Kechler, Hem, cacciatore non soltanto di anatre, mise gli occhi su una giovane preda, Adriana Ivancich, nobile veneziana, che aveva a sua volta una villa di delizia a San Martino al Tagliamento.
Qui tornò Hemingway nel 1954, da convalescente, dopo essere miracolosamente sopravvissuto a un incidente aereo in Africa. Quando passava di qui, Lignano non era ancora stata concepita nella sua visionaria forma di chiocciola dall’urbanista Marcello D'Olivo. Hemingway a parte, nella spirale di Lignano Sabbiadoro si sono persi altri due narratori, o meglio, due acuti descrittori di luoghi come Giulio Mozzi e Dario Voltolini (Sotto i cieli d’Italia, Sironi, 2004).
Parto in bici dalla foce del grande fiume cilestrino e ne risalgo la sponda sinistra fino a Pertegada.
Si viaggia sospesi sulla strada arginale, guardando dall'alto in basso – come piaceva fare in viaggio a Saul Steinberg, quasi fosse in sella a una cavalcatura – boschi golenali e campi di mais, vigneti di chardonnay e retri di officine meccaniche con grandi e abbandonate insegne di ristoranti un tempo luminose.
Anche le rive del Tagliamento invitano a fermarsi a guardare l'acqua che passa, come è passata di qui, in bicicletta, nelle estati del secondo dopoguerra la giovinezza luminosa e spensierata, attivista e clandestina di Pier Paolo Pasolini: i bagni nel fiume, le sagre di paese e le balere, i comizi politici del PCI, quando era giovane segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa della Delizia.
Le strade sterrate sono il filo impuntato di un territorio che la bicicletta-ago segna mentre va in cerca di storie.
Come quelle della gente che qui ha lavorato alla Grande Bonifica e che ha vissuto nei grandi casoni ora diroccati in mezzo a questi polder friulani, tra idrovore costruite coi motori dei sommergibili della Prima guerra mondiale, ciuffi di canna gentile, che un tempo era risorsa industriale per le fibre di viscosa, e pietre miliari che punteggiano la strada a bordo laguna, fino alle foci dello Stella.
È un torrente di risorgiva ma sembra la miniatura di un grande e placido fiume. A vigilare sulle sue sponde, lungo una proda erbosa biancheggiata da una coppia di cigni ai piedi di un salice, ecco la chiesetta trecentesca della Beata Vergine della Neve di Tittano. Sotto al portico illuminato da un tramonto di mezza estate, una lapide del 1947 ringrazia la Madonna per aver preservato dalla morte dell'ultima guerra trascorsa tutti i figli del paese.
Ultimi colpi di pedale e siamo arrivati.
A cena, alla Cantina da Mario, nelle campagne di Latisana, in una vecchia cjasa furlana di sasso con pergola e imposte rosse, l'oste Toni, padovano trapiantato qui come un vitigno tra le ghiaie del Tiliment, dice che "Chi beve Tocai no more mai". Lo traduciamo ai colleghi inglesi, stupendoci di conservare la rima: "If you drinks Tocai you'll never die". E a chi sottolinea, didascalico, che il Tokaj adesso si deve chiamare Friulano, Toni risponde: "Mi nasso Toni e morarò Toni. Se el Tocai nasse Tocai no pol morir Friulano".