Il cielo era rosa sopra Berlino / Lilly Reich: una pioniera del design
Sebbene abbia contribuito al progetto di alcuni tra i più eleganti oggetti d'arredo del novecento, divenuti delle icone del design, e a quello di straordinari interventi di interior design, non sono in molti a conoscerne il nome. Su Lilly Reich (1885 -1945), infatti, non esiste alcun testo in italiano e si contano sulle dita di una mano persino quelli in tedesco, sua lingua madre, in inglese, in boemo e in spagnolo. Per di più è raramente menzionata nei libri di storia dell'architettura e del design, e neppure viene data la giusta importanza alla sua fondamentale collaborazione a progetti spesso erroneamente attribuiti al solo Ludwig Mies van der Rohe (1889 - 1969). Eppure lei è stata una delle poche donne ad aver insegnato al Bauhaus, tra l'altro proprio interior design e furniture design, e la prima ad esser stata nominata nel Consiglio del Deutscher Werkbund – DWB – inoltre ha lavorato in tandem con due mostri sacri del design: con Josef Hoffmann a Vienna, quand’era giovanissima, quindi, e per tredici anni, con Mies, appunto, del quale è stata anche compagna per un tratto di vita.
Insieme agli altri suoi meriti di ordine creativo, oggetto di questo omaggio, Lilly Reich ha avuto anche quello fondamentale di aver salvato dalla distruzione disegni e fotografie dei progetti del periodo tedesco di Mies van der Rohe. Durante la seconda guerra mondiale, infatti, prima che venissero distrutti nei bombardamenti, ebbe la lungimiranza di inscatolare 3.000 lavori di Mies e 900 suoi, affidandoli all'amica Eduard Ludwig perché li nascondesse nella casa di campagna dei suoi genitori. Dopo la fine del conflitto, poiché la casa si era venuta a trovare nella Germania dell'Est, i disegni sono rimasti inaccessibili ancora per decenni, ben oltre la morte di Reich, e soltanto nel 1964 Mies ne ha potuto negoziare il riscatto dal blocco orientale, donandoli poi, nel 1969, pochi mesi prima di morire, al MoMA e salvando così dall’oblio il patrimonio culturale insito in entrambi i lasciti, nel proprio e in quello di Reich.
Invece, l’archivio personale di Reich, quello delle sue opere successive alla collaborazione con Mies, è andato purtroppo completamente distrutto sotto i bombardamenti di Berlino del 1943, per questo oggi sono così rari i suoi disegni autografi, ma questi pochi, conservati al MoMA e negli Archivi del Bauhaus, appaiono illuminanti per avanzare importanti considerazioni sulla sua maternità di alcuni progetti, la cui paternità è stata per lungo tempo attribuita al solo Mies.
Già ai suoi esordi, Lilly Reich ha ottime frequentazioni professionali che gioveranno al suo processo formativo. Nel 1908, infatti, lasciata Berlino per Vienna, studia con Josef Hoffmann alla Wiener Werkstätte (1903-1932), l’atelier-laboratorio fondato dallo stesso Hoffmann, in collaborazione con Kolo Moser e patrocinato dell'industriale Fritz Waerndorfer per produrre oggetti di elevata qualità (metalli, porcellane, vetri, gioielli, mobili, tessuti per arredamento e per abiti) con lo scopo di introdurre un tocco di raffinatezza nella vita quotidiana dei più, nel segno del Gesamtkunstwerk (opera d'arte totale).
La Wiener Werkstätte, per certi versi ispiratasi al movimento inglese delle Arts and Crafts, con il suo porre l'accento sulla funzionalità e sulla qualità estetica della produzione di oggetti d’uso, è di fatto venuta a costituire un’importante premessa alla nascita del design.
Nella sua permanenza viennese, Reich lavora ad alcuni progetti a fianco di Hoffmann, tra i quali spicca la mitica serie Kubus (di dichiarata suggestione cubista e non soltanto nel nome), costituita da poltrona e divano, entrambi veri must del proto razionalismo, la cui eleganza è ancora oggi insuperata e ambita.
Al suo rientro a Berlino, nel 1912, frequenta assiduamente Anna e Hermann Muthesius (quest'ultimo fondatore del DWB) e collabora con Else Oppler-Legband (allieva di Henry van de Velde, quindi assistente di Peter Beherens e co-fondatrice del DWB) alla Scuola Superiore di arti decorative. È in questo periodo che Reich inizia ad occuparsi di allestimenti, settore nel quale eccellerà per tutta la vita, maturando una particolare sensibilità per i contrasti di superfici (lucido/opaco; setoso/scabro, etc.), per le trame e per i pattern dei tessuti, ma soprattutto per la loro fluidità sinuosa, i cui morbidi andamenti saprà trasferire nella terza dimensione dei suoi progetti architettonici e nelle curve dei suoi oggetti d’arredo. Ma soprattutto sarà rivoluzionario il suo criterio espositivo, teso a non considerare più il visitatore come riguardante passivo, ma a coinvolgerlo, di volta in volta, a ‘partecipare’ dei prodotti o della loro genesi. Così, nel 1926, chiamata ad allestire lo stand Von der Faser zum Gewebe (Dalla fibra al tessuto), alla Fiera Internazionale di Francoforte, ha fatto dei telai meccanici in funzione i veri protagonisti dell'esposizione, non solo per rendere noto al pubblico il processo di produzione industriale dei tessuti ma anche per dimostrare la conciliabilità del binomio arte/industria, allora al centro del dibattito fra gli artisti del Bauhaus che Reich frequentava e al quale ha partecipato fattivamente.
Divenuta membro del DWB nel 1912, ne aveva scalato presto le vette, entrando a far parte, il 25 ottobre 1920, addirittura del Consiglio di amministrazione, prima donna a rivestire questa carica, con il ruolo tra l'altro, di responsabile dell'allestimento delle grandi esposizioni, grazie al quale realizzerà con Mies van der Rohe il padiglione tedesco all'esposizione universale di Barcellona nel 1929.
Queste prestigiose investiture Reich se le era conquistate sul campo, con il proprio lavoro, infatti, nonostante non avesse studiato architettura, ne aveva esercitato la professione con successo, progettando, ad esempio, un alloggio tipo per una famiglia della classe operaia per la Gewerkschaftshaus (casa del sindacato) di Berlino, per il quale ricevette molti plausi dei colleghi ingegneri e architetti (tutti maschi) per la chiarezza compositiva degli spazi e per il funzionalismo degli arredi da lei concepiti.
Progettò abiti, tessuti e vetrine per negozi importanti, frequentemente pubblicati sulle principali riviste tedesche di settore; nel 1912, poi, il suo allestimento della Die Frau in Haus und Beruf (la donna in casa e al lavoro), promosso dal Lyzeum-Klub nei padiglioni del Giardino zoologico di Berlino, le permetterà di ottenere, di lì a due anni, l'incarico di allestire la mostra del DWB a Colonia, in qualità di responsabile della sezione dedicata alle abitazioni moderne. Sempre per il DWB, tra il 1921 e il 22, allestì anche due mostre di Arte Applicata tedesca negli Stati Uniti, in cui furono esposti oltre 1.600 oggetti, per far conoscere la qualità del design tedesco, facendole guadagnare l'incarico di responsabile dell'organizzazione e della progettazione delle fiere DWB al Frankfurter Messeamte. Si trasferì allora a Francoforte, dove conobbe Mies van der Rohe, a sua volta appena eletto vicepresidente del DWB. Fu lì che i due si innamorano e decisero di condividere vita e lavoro, in un sodalizio che durò fino al 1938, quando Mies emigrò negli Stati Uniti.
Dopo un collaudo nel 1925, in cui Mies van der Rohe aveva chiamato Lilly Reich a progettare lo stand AEG alla Gewerbehalle Stadtgarten nel centro di Stoccarda, dove la nostra aveva ‘messo in scena' gli elettrodomestici e le caldaie, con tocco magistrale, come fossero sculture (con la splendida grafica di Willi Baumeister), e dopo l'arredamento di casa Wolf, costruita da Mies quello stesso anno sulla riva, oggi polacca, del fiume Neisse, il loro primo progetto comune di grande rilievo risale al 1927. Si tratta dello Stuttgart Weißenhof 1927, Die Wohnung, la mostra di architettura dimostrativa organizzata dal DWB che segnò un cambiamento rivoluzionario nel modo di esporre, grazie anche al fondamentale contributo di Reich. Per la prima volta, infatti, il visitatore si trovava ad essere coinvolto in prima persona all'interno degli spazi in mostra, sperimentandoli direttamente, anziché limitarsi a guardarli “in vetrina”, come era accaduto fino a quel momento.
Ma il Weißenhof Die Wohnung fu soprattutto un evento in cui venne scritta una pagina fondamentale della storia del Movimento Moderno. Si è trattato infatti del primo “manifesto costruito” della poetica della nuova architettura, reso noto e amplificato su scala mondiale grazie alla successiva pubblicazione di due testi fondamentali: il primo, a firma di Henry-Russell Hitchcock e di Philip Johnson, International Style, del 1931 e l’altro, I Pionieri del Movimento Moderno da William Morris a Walter Gropius, scritto da Nikolaus Pevsner nel 1936, due autentiche bibbie della storia dell'architettura moderna.
Coordinati da Mies van der Rohe, che ne ha progettata anche l’impostazione urbanistica, sulla collina di Stoccarda, nel complesso residenziale di Weißenhof 1927, (Weißenhofsiedlung), si sono trovati a lavorare gomito a gomito 16 architetti, invitati a costruire 21 edifici modello, con 63 alloggi. Si trattava del gotha del Movimento Moderno nordeuropeo da J.J.P. Oud e Mart Stam (Rotterdam), a Le Corbusier e Pierre Jeanneret (Ginevra-Parigi); da Josef Frank (Vienna), a Victor Bourgeois (Bruxelles); da Peter Behrens, Hans Poelzig, Mies van der Rohe, Ludwig Hilberseimer e Bruno e Max Taut (Berlino), a Walter Gropius (Dessau); da Adolf Rading e Hans Sharoun (Breslau), a Richard Döcker e Adolf G. Schneck (Stoccarda).
Nella progettazione degli interni del Weißenhof di Stoccarda, al fianco di Ludwig Mies van der Rohe ha lavorato anche Lilly Reich, responsabile, tra l’altro, del famoso arredamento dell'appartamento nel condominio Weissenhofsiedlungs ideato da Mies e dello stand Wohnraum in Spiegelglas (spazio di vita in vetro a specchio) una sala tutta di vetro, uno spazio astratto, mentale, anch'esso realizzato su disegno di Mies per l’Associazione Tedesca dei Fabbricati di Vetro.
Lo scopo era quello di dimostrare al pubblico, nel modo più efficace, l’utilizzo possibile di materiali fragili come il vetro, nelle sue varie colorazioni, trasparenze e spessori, per la costruzione di ambienti domestici e lavorativi. Questo spazio quasi metafisico viene di fatto a costituire la premessa ai futuri capolavori progettati da Mies e da Reich, quali Villa Tugendsth a Brno del 1928 e il Padiglione Tedesco a Barcellona del 1929, dove i due maestri hanno dato prova al mondo di come la configurazione di uno spazio possa essere definita dal materiale impiegato (vetro, marmo, etc.) o dagli oggetti d'arredo in esso contenuti, senza necessariamente dover ricorrere a divisori architettonici, quali diaframmi o addirittura pareti.
Un altro progetto comune dello stesso anno, stavolta a Berlino, è stata la mostra Café Samt und Siede (caffè velluto e seta), in cui Reich ha dato prova delle proprie straordinarie capacità nel concepire gli ambienti espositivi in quel modo fluido che le era caratteristico, mirante, con la semplificazione degli stand e la loro riduzione all'essenziale, ad esaltare la forma scultorea degli oggetti esposti. A Mies spetta invece l’aver concepito, come sua prerogativa, lo spazio indiviso. Merito di Lilly è anche l’elegante cromatismo giocato nella combinazione di giallo dorato, velluto nero inchiostro con tenda di seta rossa, quale tricromo omaggio ai colori della Repubblica di Weimar (1919 - 1933); (sulla Repubblica di Weimar si legga qui).
Nonostante fosse un evento dedicato alla moda femminile, nella mostra Café Samt und Siede per la prima volta il grande pubblico dei non addetti ai lavori si è trovato a poter provare in prima persona i mobili in acciaio tubolare con audaci piani a sbalzo dei quali aveva solo sentito parlare o di cui aveva letto sulle riviste, e l’esperimento ha avuto un enorme successo.
Lilly Reich, infatti, aveva acquisito nel tempo una notevole competenza nell'impiego delle nuove tecnologie e nell’uso dei nuovi materiali industriali e tra questi ha da subito prediletto il tubolare d'acciaio, con cui, unica donna in quello scorcio di secolo (fatta eccezione per Charlotte Perriand, naturalmente), ha progettato un gran numero di arredi, realizzati e messi in produzione dalla ditta Bamberg Metallwerkstätten, che ha saputo rispondere alle aumentate richieste di una clientela in rapida espansione (si veda qui sotto il foglio di catalogo, concepito con le silhouette degli arredi in vendita, così come aveva già fatto Thonet).
Christiane Lange, nel suo volume “Ludwig Mies van der Rohe & Lilly Reich: Furniture and interiors”, pubblicato a Berlino nel 2007 da Hatje Cantz Verlag, riferendosi a Hermann Lange, industriale tessile, amico e committente di Mies van der Rohe, per il quale Mies ha progettato la Haus Lange a Krefeld e l'appartamento Crous a Berlino, per Mildred Crous, una delle figlie di Lange, sottolinea che "il daybed progettato da Reich e Mies per l'appartamento Crous nel 1930 è il primo modello del daybed su piedi tubolari in acciaio, che divenne uno dei mobili più famosi di Mies van der Rohe dopo la seconda guerra mondiale." Nel libro, Lange ricorda inoltre che Mies non ha realizzato alcun mobile di successo prima e dopo la sua collaborazione con Lilly Reich.
E questo fa riflettere.
L’anno successivo, nel 1931, poi, Philip Johnson incaricò Mies e Reich di ridisegnare il suo appartamento a New York, dove i due progettisti hanno inserito una nuova versione del daybed con un cuscino di sostegno e un cuscino trapuntato (memento dell’hoffmanniano Kubus, al cui disegno Reich aveva collaborato in gioventù?), gli stessi ancora presenti nella versione attualmente in commercio. Sebbene al MoMA si conservino le tavole di progetto a firma di entrambi, Knoll continua a proporre questo oggetto di design, ormai divenuto un must, con il solo nome di Mies.
E anche questo induce a pensare.
Anche a Barcellona Mies van der Rohe e Lilly Reich hanno lavorato insieme al progetto del famoso padiglione, così come hanno lavorato insieme a Brno, a Villa Tugendhat.
Nel 1929, infatti, a seguito dei successi ottenuti nella mostra del DWB, Mies e Reich vengono nominati direttori artistici della sezione tedesca dell'Esposizione Universale di Barcellona, per la quale è stato progettato il Padiglione destinato alla coppia reale spagnola, capolavoro dell'architettura e del design moderni. Il contributo di Reich al progetto è la poltrona che porta il nome della città, insieme al pouf che l'accompagna, divenuti da subito delle icone della modernità. Purtroppo, nonostante le evidenze documentali, la maternità di queste opere non sempre le viene riconosciuta.
Finalmente, il 29 febbraio 2012, dopo due anni di ristrutturazioni e di restauri, Villa Tugendhat a Brno, nella Repubblica Ceca, è stata riaperta al pubblico come sede espositiva. Progettata da Ludwig Mies van der Rohe nel 1928-1930, quando era direttore del Bauhaus, per Fritz Tugendhat e per sua moglie Greta, questa villa è una delle architetture più significative del Movimento Moderno, dal 2001 patrimonio dell'umanità, riconosciuto dall'UNESCO. A Lilly Reich si deve l'allestimento degli interni e il progetto degli arredi, in tandem con Mies, tra i quali spicca la nota poltroncina Brno, un vero gioiello del design. Per Mies e Reich, infatti, gli arredi ‘erano’ architettura e come tale li hanno progettati, per questo sono così speciali.
Tutti conosciamo l’espressione più famosa attribuita a Mies van der Rohe: "Less is more", era solito ripetere il maestro per definire il proprio linguaggio progettuale, governato dal principio della sottrazione e da quello della sospensione, mirato a raggiungere l'essenzialità dell’atto costruttivo. E, a ben guardare lo stile delle creazioni di Lilly Reich, parrebbe proprio che anche lei fosse portatrice sana dei medesimi principi. Li ha appresi, infatti, fin da giovane, quand'era a Vienna, sotto l'influenza di Loos, facendoli propri e perfezionandoli poi lungo il corso della sua vita professionale, nella quotidianità con Mies. Severa, essenziale, quasi austera persino nel vestire, eppure elegante, Reich, come Mies, mirava alla semplificazione delle forme, scevre da ornamenti, di cui ha colto la sostanza profonda, estrapolandone la bellezza pura, quella che trae origine dal rispetto degli equilibri proporzionali e dall’armonia relazionale fra le parti che compongono il tutto, così ogni suo progetto e ogni sua realizzazione sono funzionali e perfetti in sé, classici, insomma, nella loro ima sostanza.
Nonostante la sua levatura professionale, la prima mostra le è stata dedicata a più di cinquant'anni dalla morte, con il titolo: "Lilly Reich: Designer and Architect". Era infatti il 1996 quando il MoMA ne ha affidata la curatela a Matilda McQuaid, a quel tempo Associate Curator del Department of Architecture and Design, e a Magdalena Droste, allora curatrice degli Archivi del Bauhaus.
Ci sono voluti poi altri vent'anni, perché se ne potesse vedere un'altra: esattamente nell’aprile 2016, infatti, Magdalena Droste ne ha curata una, meno imponente, in Villa Tugendhat, allestita dall'Associazione culturale tedesca di Brno in collaborazione con la Scuola di arte e design e la locale scuola tecnica terziaria, con il titolo: “Výstava Lilly Reich ve vile Tugendhat”.
Curioso che a scrivere di Lilly Reich siano state soltanto autrici donne, da Matilda McQuaid, a Magdalena Droste, da Christiane Lange, alla spagnola María Melgarejo Belenguer.
Speriamo non debbano trascorrere altri vent'anni prima che si torni a poter ammirare le sue opere in mostra. Intanto Berlino sonnecchia e Barcellona dorme. Sarebbe bello che fosse Milano ad occuparsene, nel tanto atteso nuovo museo del design.
Nel frattempo, non si può fare a meno di chiedersi quousque tandem i pezzi di design che Mies van der Rohe e Lilly Reich hanno progettato insieme verranno pubblicizzati e venduti come opera del solo Mies. Nel 2019, fanno ormai 50 anni da quando, con la donazione di Mies al MoMA dei documenti che Reich ha salvato dalla distruzione nazista, il mondo ha la verità a disposizione.
E dunque?
Quousque tandem?