Il genere è questione dibattuta / Maschile e femminile

10 Febbraio 2018

Oggi il genere è questione dibattuta. Basta sfiorarla e si rischia di urtare sensibilità. Qui si spera di non farlo, tenendosi a un’osservazione di futile linguistica della lingua. Non di quell’importante linguistica, al giorno d’oggi così fiorente, che si occupa di serie questioni morali e sociali e cui la lingua fa da pretesto. È appena il caso si dica infatti che sotto il nome di genere va anche una banale categoria grammaticale. Come tale, il genere è uno dei valori coi quali le lingue giocano a istituire differenze, che è il loro modo d’essere e di funzionare. 

 

Se ci si pensa un attimo, la cosa non è irragionevole. Monotonia, uniformità, assenza di variazione sono il contrario di ciò che fa efficace l’espressione e la conseguente comunicazione. Un segnale sempre eguale a se stesso? Chi si metterebbe a produrlo? Chi vorrebbe ascoltarlo?

 

Bene. Si venga allora al punto. C’è il caso, poniamo, di “Il leone è fuggito”. Di che genere è “fuggito”? Del genere che è uso chiamar maschile. Concorda con “il leone”, che è maschile. Tollerando appena che gli si ricordi una simile ovvietà, “Embè?” starà commentando chi legge “questo stupido dove vuole arrivare?” 

È che, accanto, c’è il caso di “Il leone ha ruggito”. Di che genere è allora “ruggito”? La domanda stavolta imbarazza. Sì, c’è una “o” in fondo a “ruggito”, come in fondo a “fuggito”. Ma c’è qualcuno disposto a lasciarsi ingannare da una simile apparenza: l’abito non fa il monaco, diamine!

E allora? Alla buona, si sta scoprendo che, nella lingua, “fuggito” è maschile solo in quanto, se in gioco ci fosse “la leonessa”, suonerebbe “fuggita”, femminile. Non capita lo stesso con “ruggito”: “il leone” o “la leonessa”, in tale caso, pari son. Ma il ragionamento a questo punto non dà scampo: se non compare al femminile con “la leonessa”, quando si accompagna con “il leone”, “ruggito” non è maschile. E che finisca per “o” non conta. È una “o” completamente diversa dalla “o” di “fuggito”. Eguali d’aspetto, differenti di funzione. Una è marca di maschile, l’altra di assenza di genere.

 

Conclusione: perché qualcosa sia maschile, nella lingua, bisogna che, dandosi le condizioni, possa cambiarsi in femminile. Non può? Non è maschile. Non ha genere. Senza femminile, niente maschile. E ci sono allora forme che paiono maschili ma non lo sono. Nel loro caso, semplicemente, la differenza di genere non è pertinente. Così funziona la lingua. Forse varrebbe la pena di rifletterci.

 

Comparso, sotto il titolo di "Le sfumature della questione di genere", sul Corriere del Ticino del 13 ottobre 2017.

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO

Bollo blu Dona (Mobile)