Televisione

16 Novembre 2016

La televisione ha cominciato a diffondersi negli Stati Uniti e in Europa negli anni Quaranta, mentre in Italia ha avviato le sue trasmissioni il 3 gennaio 1954. Inizialmente, è penetrata nella società italiana collocandosi in spazi di natura pubblica come i bar, i cortili, le piazze, le sale cinematografiche o quelle parrocchiali e soltanto in un secondo tempo è entrata nelle abitazioni private. Lo ha fatto però in una maniera particolarmente efficace, insediandosi stabilmente nel giro di pochi anni nei salotti e nelle abitudini degli italiani. Ciò le ha consentito di contribuire a quell’intenso processo di unificazione linguistica e sociale delle diverse culture regionali che si è sviluppato in quel periodo. La RAI, infatti, ha cominciato a svolgere all’epoca un ruolo pedagogico-culturale strettamente derivato dalla sua natura di ente di Stato e ha mandato in onda perciò dei programmi (Telescuola, Non è mai troppo tardi) tesi a favorire un processo di alfabetizzazione di massa della popolazione.

Grazie alle sue specifiche caratteristiche, il mezzo televisivo ha contribuito però all’unificazione degli italiani anche attraverso la creazione di un forte senso di comunità. Il che è avvenuto soprattutto grazie alla sua possibilità di presentare eventi capaci di coinvolgere contemporaneamente grandi masse di persone, come è successo ad esempio con la trasmissione il 20 luglio 1969 dei primi passi compiuti sulla Luna dall’astronauta americano Neil Armstrong. 

 

 

Ciò è stato possibile naturalmente anche perché i due canali della RAI operavano all’epoca in una condizione di monopolio. Tutti i programmi avevano elevate quantità di spettatori e questo nonostante la televisione dei primi anni si proponesse con il tono povero e dimesso del bianco e nero. È soltanto infatti a partire dal primo febbraio 1977 che la RAI ha cominciato a trasmettere a colori. Tale innovazione ha portato con sé la possibilità non soltanto di rappresentare più vivacemente la realtà sociale, ma anche di comunicare dei significati di abbondanza e benessere. Si può dunque sostenere che la televisione a colori ha permesso il costituirsi di un ambiente ideale per il successivo imporsi del modello consumistico proprio delle televisioni commerciali. 

 

 

Con la sentenza n. 202 della Corte Costituzionale ha avuto fine infatti nel 1976 il monopolio della RAI, la quale ha avuto comunque a sua volta nel 1979 la possibilità di disporre della nuova terza rete. Così, in pochi mesi le televisioni private sono passate da 40 a più di 500. In seguito a ciò, l’imprenditore edile Silvio Berlusconi ha potuto creare nel 1978 Tele Milano, la sua prima emittente televisiva. Nel 1980, ha cominciato a trasmettere con il marchio del biscione di Canale 5 e ha dato così vita al primo network televisivo privato italiano, che ha successivamente inglobato le già esistenti Italia Uno e Retequattro. 

Per il mondo rigidamente chiuso della televisione italiana dominata dalla RAI, l’arrivo dei canali commerciali ha rappresentato una vera rivoluzione. Ne è nata infatti una contrapposizione tra due opposti modelli di televisione: quello pubblico, della televisione proveniente da un passato fatto di bianco e nero e che cercava di accreditarsi come strumento in grado di mostrare la realtà così com’era, e quello commerciale e consumista, della televisione capace di far sognare le persone, che doveva invece il suo crescente successo proprio alla capacità di sganciarsi da ogni riferimento alla realtà quotidiana. A partire dalla fine degli anni Ottanta, però, questi due modelli hanno cominciato ad avvicinarsi, perché la RAI ha sempre più ridimensionato il suo ruolo di televisione pubblica. 

 

Parallelamente, con l’incremento del numero di canali e soprattutto con la diffusione del telecomando e la possibilità conseguente di saltare tra un canale e l’altro, ha cominciato a incrinarsi il rapporto di potere tradizionalmente esistente tra il mezzo televisivo e i suoi destinatari, le cui possibilità di scelta sono enormemente aumentate. Durante gli anni Novanta, questo processo si è intensificato, perché il sistema televisivo ha visto la progressiva moltiplicazione dei canali tematici e personalizzati. E poi è arrivata anche la televisione a pagamento, a cominciare da quella di Sky, insediatasi in Italia nel 2003. E oggi vari operatori come Chili o Netflix sfruttano abilmente le possibilità tecnologiche offerte dal Web. 

Lo spettatore, avendo visto crescere il suo potere, è diventato sempre più infedele. Il consumo televisivo però, nel complesso, continua a essere elevato. Certo, è cambiato, perché la possibilità tecnologica di disporre di un programma in qualsiasi ora della giornata ha causato una desincronizzazione della fruizione, che ha determinato a sua volta un indebolimento di quella funzione di regolazione del tempo sociale che veniva tradizionalmente svolta dalla televisione generalista. Così come si è prodotto un indebolimento della sensazione di far parte di una comunità immaginaria riunita nello stesso momento davanti a un unico schermo. Tale sensazione non è però scomparsa. Le immagini, semplicemente, vengono fruite in tempi differenti, ma sono le stesse immagini che consumano anche molte altre persone. 

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