Sciascia. 9+0

10 Gennaio 2012

L'8 gennaio Leonardo Sciascia avrebbe compiuto 90 anni e a noi piace festeggiarlo attraverso le parole e le immagini del suo amico Ferdinando Scianna.

 

 

“Che cretino!”, commenta il magistrato ad elogio funebre del commissario di Una storia semplice il cui errore ha rivelato le sue complicità mafiose e lo ha portato a uccidere e a esser ucciso. Cretino perché si é fatto scoprire. Intelligente, infatti, per lui, per troppi cretini veri, è chi, nel disprezzo di tutti, attraverso la menzogna la fa franca.

“Era un cretino!” simmetricamente sentenzia don Luigi, alla fine di A ciascuno il suo. Un epitaffio per il professore Laurana, il quale , per avere cercato la verità ed essersi illuso di trovare giustizia, giace ammazzato sotto grave mora di rosticci.

Perché cretino, si capisce, è anche chi, ingenuamente, la verità e la giustizia si ostina a cercarle.

Gli spettatori milanesi dell’edizione teatrale del Giorno della civetta , come chissà quanti lettori che non hanno capito o non hanno voluto capire, hanno applaudito e applaudono, con masochistica complicità, la tirata cinica e nazista del capomafia Don Mariano Arena. Non rendendosi conto che in tal modo rumorosamente accettano di appartenere a quel popolo di cornuti sul cui mare di corna i Don Mariano di sempre e di ogni dove si vantano di navigare grazie al loro cinismo criminale.

Ed è così, con la pietra tombale di una menzogna che, come sempre, e non solo nei racconti di Sciascia purtroppo, si chiudono le complicatissime storie semplici del mondo in cui viviamo.

 

Sciascia no. Sciascia non ha applaudito. Non applaudiva. Sino alla fine, anzi, ha continuato a “ scrupolosamente scandagliare le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”. Malgrado l’amarezza, malgrado il pessimismo. Da grande scrittore. Da uomo eretico qual era.

Eretico di ogni chiesa, di quella comunista come di quella cattolica, con buona pace di chi anche dopo morto continua a tentare di annetterselo. L’uomo della Volvo, personaggio metafora di cittadino che credendo nella giustizia fa il suo dovere di testimone e si mette nei guai, alla fine di Una storia semplice dice al prete assassino, che si prepara a celebrare il rito funebre di un assassinato, che lui non è della sua parrocchia, che lui non ha parrocchia.

La sola religione di Sciascia, a parte quel peculiare cristianesimo che lui ha riconosciuto in Pirandello, è forse stata la ragione, ma con una punta di eresia anche in quella.

Al brigadiere Lagandara che dice di sommare aritmeticamente gli indizi che portano alla verità, il professore Franzò consiglia di sciogliere anche nell’aritmetica qualche grano di dubbio.

C’è un paradosso in quella che, a oltre vent’anni dalla morte di Sciascia, si suole definire la fortuna di uno scrittore. Certo, continua ad essere presente, ad essere letto, ma, a me pare che la sua opera rimanga ancora occultata dentro un malinteso. Rimossa, qualche volta. Basti pensare allo spettacolare silenzio di cui nelle recenti, verbose, confuse e spesso ipocrite rievocazioni dell’assassinio di Aldo Moro é stato circondato il suo libro straordinario su quel delitto politico.

 

La tuttora bruciante attualità dei problemi mai risolti, specialmente nel nostro paese, che lui ha affrontato, il suo ruolo di protagonista nelle polemiche durissime che hanno accompagnato la sua vita lo fanno ancora leggere e considerare, sia da chi lo ama come dai molti che ancora continuano a detestarlo, troppo spesso come se lui fosse stato un sociologo, uno storico, peggio, un politico, semmai un maitre à penser, che ognuno cerca di respingere o di tirare dalla sua parte, e non il grande scrittore che è stato, che é.

Chi ricorda oggi, e a chi interessa a quali fatti e contingenti avvenimenti si riferissero nei loro grandi libri Dostojevski, Manzoni, Joseph Roth?

Quei fatti e avvenimenti che come molti altri uomini hanno vissuto e patito nella loro vita sono stati, anche, naturalmente, la materia del loro scrivere, ma la loro grandezza noi la riconosciamo nel modo in cui li hanno usati quei fatti e trasformati dentro la forma della letteratura.

Bisognerà restituire Sciascia alla potenza della sua parola. Solo allora lo si farà uscire dal malinteso paradossale che ancora lo nasconde.

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