Speciale

Tavoli | Corrado Stajano

13 Gennaio 2014

Bisognerebbe ricorrere al paradigma indiziario del suo amico Carlo Ginzburg per trovare un filo tra le infinite suggestioni che offre il tavolo di lavoro di Corrado Stajano. Respinto sdegnosamente al mittente il sospetto di mise en scène, partiamo dalla cosa più ovvia, i libri: Guicciardini, Calamandrei, Antonio Cederna, moralisti della più bella tempra a cui si può associare lo scrittore cremonese (l’origine è denunciata da una bella scatola verde, in legno, del torrone Flamigni, in alto a sinistra).

 

Ma qualche indizio che la serietà è temperata da un istinto giocoso-burlesco – Giufà, la metà sicula – proviene dalla cancelleria, francamente in sovrannumero, con matite Staedler, quelle rosse e blu per le bozze, penne e pennarelli, quaderni e quadernini, alcuni, a dire il vero, un po’ vezzosi, un cancellino scolastico, una bussola, un tagliacarte dei Vietcong, regalo dell’amico Tiziano Terzani. Altro tema, le amicizie.

 

Una cartolina da Asiago, “saluti a grande velocità” di Ermanno Olmi, antico compagno di lavoro, una guida dell’Acropoli portata da Antonella Tarpino che forse conosceva il bellissimo capitolo greco de La stanza dei fantasmi, ultima opera del nostro, solitamente tombale mentre è al lavoro. Rivelano un’altra ossessione le due schegge nella parte alta del tavolo: risalgono alla seconda guerra mondiale, un tema che ritorna in tanti suoi libri.

 

In questa affollatissima scrivania, dove ogni oggetto racconta una predilezione, una storia (e qui non si riesce a raccontarle tutte), non si capisce se la risma di fogli bianchi sia lo strumento della prima stesura dei suo libri oppure se da qualche parte è nascosta una macchina per scrivere. E il computer ? Semmai lo usasse, lo fa nottetempo.

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