Speciale
Tavoli | Liliana Moro
Sulle oasi di tavolo rimaste scoperte da oggetti, una decisa zoomata rivela le cicatrici della superficie tenera: i segni generati dal tempo come un pennarello sbiadito, i solchi di una taglierina o di matite appuntite. Una panoramica in senso orario, punta la lente sul primo oggetto disposto in alto a destra: un registratore a cassette, decisamente vintage, la spina staccata. Perché nella lista dei tools di Liliana Moro, il mangianastri c’è sempre, magari appena rientrato da un field recording fuori dalla finestra, o dalla borsa di Liliana di ritorno dal supermercato. Simmetricamente opposto ce n’è un altro, anzi sono due, più piccoli, uno a fianco all’altro, sul tappeto verde di un block notes chiuso. L’orecchio non ha palpebre – dicono.
Libri. Fiabe Sonore, Femminismo a parole, racconti di giochi editi dall’Unità, nascosti da un ciuffo di fili di lana colorata, vagamente somiglianti a un fiore di loto, una ninfea. Inserto di Repubblica Cultura ripiegato sul titolo in primo piano: A Sylvia. Sylvia Plath, morta suicida all’età di 30 anni.
E poco distante, a rivendicare il suo posto d’eccellenza, The complete dramatic works di Samuel Beckett. Pausa. Perché Beckett – pausa – è colui che l’ha ispirata Liliana, fin da quando nel 1993 – pausa - nasceva Nessuno, installazione sonora che rilegge le note integrali di Giorni Felici – comprensiva di pause. Pausa. Il dramma di Becket si prodiga sul tavolo di sinonimi che tracciano semanticamente la biografia di Liliana Moro. Dramma spezzato da refusi infantili, orecchie da ciuchino e un intero muso d’asino di peluche, di cui si immaginano gli occhi cascanti, la fronte increspata, ma non è forse la favola a svelare il bene e il male del mondo a chi ancora non ne ha saggezza? Liliana sembra essersi appena allontanata da qui, dalla sedia che non si vede, dalla casa che la contiene, come la scena di un delitto appena compiuto. Il delitto è un’opera d’arte, titola Liliana un’opera del 2000, forse qualcosa sta per accadere. O è già accaduto.
Martina Angelotti
@martinanji