Speciale

Tavoli | Tullio Pericoli

4 Febbraio 2013

La prima cosa che colpisce è l’ordine: la forbice, il tagliacarte, il cutter, allineati sulla destra, quasi a contenere la zona più caotica del tavolo, lì dove c’è stata, e presto ci sarà ancora l’azione; sopra la serie dei colori, più dietro la cortina dei contenitori, con le matite, a sinistra come a destra. Gli strumenti del lavoro – pennelli di varia dimensione, piccoli, sottili – lì davanti, in ordine sparso. Ma è soprattutto al centro, dove il nero si addensa compatto, una macchia dilatata d’acqua che tiene il posto dell’opera che è apparsa, tempo prima, o che deve ancora apparire.

Il tavolo di lavoro per un pittore è un campo di forze che si contendono lo spazio, che fremono, per emergere, per farsi opera, là dove invece la calma meditativa di Tullio Pericoli agisce per disciplinare le energie già nella disposizione stessa degli strumenti. Un momento di pausa, di riflessione, così appare, tra un momento e l’altro del suo fare. E l’opera che verrà.

 

 

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