Marco Belpoliti: autotopografia del Nord
Accanto alle tante attività che da decenni svolge con operosa e assidua passione sulla scena della cultura italiana, Marco Belpoliti si è di recente inventato una originale forma di scrittura memorialistica: un modo di parlare della propria esperienza vissuta attraverso i luoghi, gli oggetti, gli spazi, gli incontri. La prima prova è stata il volume Pianura, del 2021; ecco ora una sorta di seconda puntata, intitolata Nord Nord. Sui vari usi e sulle possibili valenze semantiche del raddoppiamento si è già esercitato Stefano Bartezzaghi, con la precisione e l’arguzia che gli conosciamo (Norditalia pallido e assorto, «la Repubblica», 3 febbraio). Per parte mia mi limito a segnalare l’oscillazione tra un effetto di intensificazione (superlativa o antonomastica) e l’insinuazione di una titubanza o d’un suppergiù. Anche il testo di Pianura si apriva nel segno di una ripresa lessicale («Piatta, è piatta»); ma lì si trattava di una conferma, di un riscontro oggettivo, mentre qui la geminazione del titolo veicola un dubbio. Che cosa s’intende quando si dice Nord? Esiste davvero il Nord? Un tema ricorrente del libro è la non esistenza reale del Nord («Il Nord è solo un’idea, un fatto cangiante, qualcosa di relativo e perfino di elusivo»).
Come in Pianura, la narrazione si presenta rivolta a un “tu”, un amico mai chiamato per nome, che vive tra le montagne, ancora più a nord. Questo dispositivo offre la possibilità di variare e modulare il discorso, punteggiando l’alternanza fra la rievocazione memoriale e l’esposizione enciclopedica con passaggi intonati all’oralità (molti capitoli terminano con una domanda all’interlocutore: «Cosa ne dici?»; «Tu mi capisci, vero?», «Non credi possa bastare?»). Quattro le aree geografiche di cui si parla: Milano, Monza, la Brianza e Bergamo, con l’appendice di altri sporadici Nord, vissuti o virtuali. A Monza Belpoliti ha insegnato per vari anni all’Istituto d’arte, per poi trasferirsi all’Università di Bergamo; a Milano abita; in Brianza, in un borgo ai piedi del Monte San Genesio (a Mondonico, frazione di Olgiate Molgora), si trova la bella cascina ristrutturata dove risiede per lunghi periodi.
Commentando il primo libro, m’era venuto a taglio il termine “autotopografia”: non un’autobiografia, cioè non il racconto della propria vita, bensì il racconto dei luoghi vissuti. Per parte sua, Massimo Recalcati (La Pianura teatro dell’anima, «la Repubblica», 21 gennaio 2021) aveva coniato il vocabolo “eterobiografia”, visto che Belpoliti parla poco di sé e molto di altri. Le due definizioni sono, credo, complementari. Un paese, una città, un ambiente, più le persone ivi conosciute e frequentate. Il riferimento più prossimo è la tradizione della letteratura di viaggio, in cui la presenza dell’io è indispensabile, caratterizzante, e nello stesso tempo strumentale: il soggetto è essenzialmente il portatore di uno sguardo sul mondo. Ma se in un resoconto di viaggio sono messi in primo piano i luoghi, è però il tempo a fungere da cornice; qui invece sono i luoghi a contenere eventi ed esperienze cronologicamente disparati. In un certo senso, Belpoliti compie un’operazione simile a quella che contraddistingueva Danubio di Claudio Magris, ma riportata sul piano dell’esistenza individuale, e sottratta a qualunque teleologia.
![j](/sites/default/files/inline-images/978880624683HIG.jpeg)
Una vita è fatta soprattutto di incontri. I quattro Nord di Belpoliti si incarnano in una galleria di personaggi: artisti, fotografi, scrittori. Milano è Gabriele Basilico, Giulia Niccolai, Mario Dondero, Vincenzo Consolo, Ferdinando Scianna (con una digressione in terra di Sicilia, con un indugio alla “villa dei mostri” di Bagheria); e ancora l’architetto Marco Comolli (autore de La cancellazione dei Navigli), Lea Vergine, Enzo Mari, Marina Ballo Charmet, Umberto Fiori, Giampaolo Dossena. Monza è Narciso Silvestrini, Nanni Valentini, lo «stilita della grafica» AG Fronzoni, ma anche Alberto Arbasino (frequentatore di ville nobiliari), senza dimenticare la meravigliosa storia della Corona Ferrea del Duomo. Bergamo è in primis il francesista Alberto Castoldi, per anni Rettore dell’Università; ma anche la maschera di Arlecchino, e il grande pittore veneziano Lorenzo Lotto, che a Bergamo e nella bergamasca ha lasciato alcune delle sue opere più memorabili. In Brianza non poteva mancare, accanto alle avventure di Stendhal a Oggiono, la Villa Gadda di Longone al Segrino; mentre Mondonico è soprattutto l’esplorazione del paesaggio, boschi, corsi d’acqua, vestigia storiche e storico-letterarie (il passaggio dei lanzichenecchi!), sotto la guida di un esperto locale, detto il Bandana. Gli altri Nord sono Chiasso e Ernesto Schick (lo scopritore della «flora ferroviaria» alla locale stazione, cioè le specie allogene disperse dai treni merci nello scalo chiassese); ma anche alcune memorie familiari, dal baccalà (il Mare del Nord!), cucinato secondo l’Artusi, alle cartoline illustrate collezionate dal padre, svarianti da Parma a Rotterdam. L’ultimo brano è dedicato alla Drava, che nasce in alta Val Pusteria, fra Dobbiaco e San Candido, e che tecnicamente potrebbe essere quindi considerata il fiume italiano più lungo: prima di gettarsi nel Danubio, infatti, segue un corso che eccede di quasi cento chilometri quello del Po.
Si potrebbe notare, a questo proposito, che Belpoliti sembra avere una particolare attenzione per i corsi d’acqua: dal Molgora alias Valle che attraversa Mondonico ai perduti Navigli milanesi, dall’Adda alla Drava, appunto; né ci sarebbe da stupirsi, viste le sue origini padane. Ma in verità una natura liquida – mobile, pervasiva – sembra contraddistinguere l’intero suo modo di porsi. Come l’acqua s’insinua in ogni varco, trovando sempre nuove strade, così sembra non ci sia fenomeno che sfugga alle antenne di Belpoliti. La sua curiosità si spinge a esplorare ogni anfratto e ogni meandro della realtà circostante: scorre, scava, si ramifica. Nord Nord parla di storia e di geologia, di poesia e di urbanistica, di arte e di biologia, di geografia archeologia e di botanica: dalla Pala di San Bernardino di Borgo Pignolo alle coccinelle o ai lombrichi di Darwin. La dimensione dominante è però senza dubbio quella della fotografia, come già annuncia l’illustrazione di sovracoperta, dalla serie Milano ritratti di fabbriche 1978-1980 di Gabriele Basilico. Figure di fotografi, descrizione di scatti fotografici, alcune sceltissime riproduzioni (L’uomo che voleva raggiungere la Luna di Mario Dondero, un ritratto di Enzo Mari e Lea Vergine, un marciapiede di Marina Ballo, un cantiere di Basilico, Giulia Niccolai inquadrata da Ugo Mulas e poi autrice di una foto all’Idroscalo, di un primo piano di Arbasino), fino alla singolare storia delle fototessera accumulate negli anni dallo chansonnier-poeta Umberto Fiori.
![](/sites/default/files/inline-images/Screenshot%202025-02-09%20alle%2017.27.36.png)
Il punto di forza del libro consiste senza dubbio nei personaggi incontrati, e raccontati in pochi incisivi lineamenti, quasi fotografie di parole. L’umanità e l’empatia di Mario Dondero («le sue immagini sono come reti invisibili per portare a galla quello che gli uomini e le donne provano verso gli altri»), l’enigmatica perentorietà di Lea Vergine («la Signora delle Sigarette, una divinità del fuoco e del fumo»), l’esatto intuito spaziale di Gabriele Basilico («può sembrare un paradosso, ma in lui convivono proprio questi due aspetti in apparenza antitetici: il pieno e il vuoto»), l’allegra leggera saggezza di Giulia Niccolai, «buddhista prima di incontrare il buddhismo» («non c’è nulla di sociologico nella sua fotografia, registra modi di vivere di ciascuno, senza analizzare, senza giudicare, semplicemente osservando»). E in questo universo di relazioni non mancano i ritratti mediati, non solo dalle pagine letterarie: si veda ad esempio il maestro elementare siciliano Antonino Uccello, evocato attraverso i ricordi di Vincenzo Consolo.
Ricordi, immagini: ricordi come disegni. Secondo una prassi ormai canonica nelle opere di Belpoliti, l’apparato iconografico è completato da alcuni schizzi di pugno dell’autore, dalla bussola ricevuta in regalo dal padre al ritratto di Stendhal, da un puzzle di Enzo Mari alle figure di due lanzichenecchi della storia della Brianza, fino alla mappa intorno a San Genesio, con quella che Gadda chiamava la «mite e famigliare accomàndita» dei piccoli laghi (Alserio, Pusiano e Annone), l’estremità del Lario e l’Adda, il Molgora. E anche in questo caso, va notato l’investimento sul paratesto, giacché prima di occhiello e frontespizio s’incontra una mappa più estesa, quasi tutta la Lombardia fino all’estrema provincia di Cremona, e freccioline a indicare nelle varie direzioni l’Austria, il Mar Nero, le foci del Po. In corsivo, infine, la parola «eccetera», che (come in Pianura) chiude il libro: quasi una firma, a ribadire che nessun discorso sui luoghi – e le persone – è mai finito davvero. Quindi, meno un explicit che un arrivederci.
Marco Belpoliti, Nord Nord, Einaudi, pp. 280, € 20,00.
Domani 11 febbraio 2025, ore 18, Triennale di Milano: presentazione di Nord Nord. Introduce Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano Intervengono Marco Belpoliti, autore del volume; Cristina Battocletti, giornalista e scrittrice; Luca Molinari, architetto. Qui tutte le informazioni.
Leggi anche:
Mario Barenghi | Luoghi, amici e storie / Marco Belpoliti. Pianura, eccetera
![](/sites/default/files/styles/r_articolo_mobile_w500/public/978880625766HIG.jpeg.webp?itok=BlX9GX-G)