Vincenzo Cerami: uno scrittore, ma non un letterato
Vincenzo Cerami era una figura particolare nel panorama culturale italiano. Era uno scrittore, ma non era un letterato, in un paese in cui il ruolo e la conseguente posa, e i relativi vezzi, sono spesso più determinanti della sostanza. E come spesso capita nel nostro paese, il successo - anzi, il grande successo - come sceneggiatore cinematografico oltre che come scrittore, l'aveva reso ancora più sospetto al piccolo mondo della cultura italiana. E l'aveva fatto diventare - lui, scrittore vero che sapeva dove stanno i veri valori artistici - un po' sospettoso, magari distante. Aveva quell'ironia brusca di chi non ha più niente da dimostrare, anche se ogni volta gli viene tacitamente chiesto di dimostrare chissà cosa: anche se lui sapeva di avere in ogni caso altri mari pescosi da solcare, altre terre da esplorare.
Non si è mai ingabbiato nella “bella pagina” fine a sé stessa, anche se era scrittore di sicuro talento e abile artigiano. Amava sporcarsi non solo con il cinema (basti pensare alla collaborazione con Roberto Benigni, non solo per il Premio Oscar La vita è bella (1997), vero tour de force per qualunque autore), ma anche con il teatro (magari esibendosi in prima persona) e con la musica, nel lungo sodalizio con Nicola Piovani.
Non era un letterato per le origini familiari, e meno ancora per la scintilla della sua vocazione, che ha rievocato in più di un'occasione: era un ragazzo problematico, ricordava, e nella scuola di Ciampino dove insegnava un giovane professore l'aiutò a sbloccarsi e si chiamava Pier Paolo Pasolini... Fu un incontro cruciale, per quella che sarebbe diventata una vocazione artistica e professionale, ma anche per la sua vita privata: qualche decennio dopo, Vincenzo avrebbe sposato Graziella Chiarcossi, la cugina di Pier Paolo, che ne cura il lascito letterario.
Scrittore ma non letterato, dunque più attento a mantenere il contatto con la realtà che con le astrazioni teoriche e i salotti buoni (anche se aveva solide e radicate amicizie e collaborazioni di lavoro). Era così fin dal suo folgorante esordio, quel Un borghese piccolo piccolo (Garzanti, 1976) che coglie nel profondo la “pancia” italiana, così mansueta e così feroce, tanto da diventare un titolo proverbiale e un film di successo, c he ebbe non a caso per protagonista una delle nostre ultime grandi maschere, Alberto Sordi. A questa apertura alla realtà Cerami sarebbe rimasto fedele per tutta la carriera, nei romanzi e nelle collaborazioni giornalistiche, persino nella sua costante curiosità per la cronaca della sua città, costante oggetto di riflessione e di ispirazione letteraria, fino nei risvolti più neri, nei Fattacci (Einaudi 1999), il titolo di un altro suo libro di successo. Lo stretto rapporto con la realtà era ribadito da un impegno civile, prima e più che politico, nell'area della sinistra, per esempio come ministro della cultura in un “governo ombra” veltroniano, o più di recente come assessore alla Cultura a Spoleto.
In lui c'era anche la consapevolezza che il lavoro della scrittore (e dello sceneggiatore) è appunto un lavoro, una fatica artigianale, dove tutti i pezzi devono essere scelti, plasmati e levigati finché non vanno tutti al loro posto, sulla base di scelte logiche, ma anche dell'esperienza e soprattutto della sensibilità. Questo efficace pragmatismo l'aveva riversato in uno dei suoi libri più fortunati, Consigli a un giovane scrittore (Einaudi 1996, Garzanti 2002), dove i consigli non si limitano alla narrativa, ma si spingono verso altri generi e medium, consapevole che oggi chi scrive deve misurarsi su vari terreni.
In questo era stato per certi aspetti un maestro, forse l'ultimo esponente di quella genealogia di scrittori prestati al cinema come sceneggiatore, autore e perfino gagman. Di più: come autore di gag per il cinema l'avevano richiesto addirittura in Giappone. Mostrava le foto-ricordo di quell'esperienza, dove compariva in un improbabile ma ineluttabile kimono con orgooglio. E le accompagnava con un sorriso, dove c'era un po' di imbarazzo ma anche una sfida. Perché doveva essersi davvero divertito, anche lì, a inventare gag che facessero ridere i giapponesi. Perché anche questo sapeva fare Vicenzo Cerami, ragazzo timidissimo, ex allievo del professor Pier Paolo Pasolini, ex giocatore di rugby, amico dei grandi del cinema e della letteratura italiana di questi anni. E soprattutto scrittore, per la carta, per la scena, per il cinema.
Oliviero Ponte di Pino (già direttore editoriale Garzanti) è stato editor di Vincenzo Cerami