Accarezzare l'invisibile

3 Febbraio 2015

Un giorno, camminavo in montagna con un'amica e sulla neve trovammo il guanto di un bambino, tutto colorato. Allora l'amica mi raccontò che da mesi le capitava continuamente di trovare guanti spaiati. Guanti di piccola taglia, soprattutto. Guanti persi da bambini. Così, mi spiegò, aveva cominciato a raccoglierli, mettendone insieme una piccola collezione.

 

Questo episodio mi è tornato in mente leggendo una delle storie contenute nel bellissimo Fiabe d'inverno. 13 storie di neve e Natale, recentemente pubblicato da Taschen. Da alcuni anni, Taschen all'approssimarsi delle feste, pubblica magnifiche raccolte illustrate di storie dedicate ai più piccoli: gli scorsi anni sono usciti due volumi che raccolgono una selezione delle fiabe dei Grimm (2011) e di Andersen (2013).

 

 

Caratteristica di queste raccolte è proporre ogni storia in una edizione del passato caratterizzata da illustrazioni particolarmente interessanti. L'emerita curatrice di questi volumi è Noel Daniel, a cui si devono l'impeccabile gusto e il sicuro intuito con cui è operata la scelta di testi e immagini.

L'ultimo volume è un omaggio allo splendore della stagione invernale e propone 13 storie scritte tra il 1823 e il 1963, di autori e illustratori di diverse tradizioni e nazionalità: messicani, svedesi, giapponesi, polacchi, lettoni, tedeschi e americani di origini diverse: russe, olandesi, ungheresi, norvegesi, italiane (le loro biografie, in coda al volume). Le storie proposte toccano temi e spazi diversi: dalla celebrazione della posada messicana, al capodanno cinese, allo strano calendario scolastico dei bambini lapponi, alla classica notte di Natale con i regali che si animano o gli animali che parlano.

 

La storia che mi interessa si intitola Troppi guanti e fu realizzata nel 1958 dai signori Slobodkin, Florence (scrittrice) e Louis (illustratore), moglie e marito. Trama: inverno, Michigan. Mamma e papà sono in viaggio, e Ned e Donny, gemelli, rimangono a casa con una nonna la cui principale caratteristica è prendersi “molta cura” di loro. Infatti, nella prima pagina, accompagnando i bambini in un giardino immacolato, afferma: “Tiriamo su per bene la cerniera così state belli caldi e mettetevi i guanti rossi”.

 

Illustrazione di Louis Slobodkin per Too many mittens, di Florence Slobodkin, 1958

 

Che nelle fiabe il rosso indichi che qualcosa di grosso sta per accadere è cosa nota: si pensi al celebre cappuccetto che Charles Perrault, con istinto teatrale, confezionò su misura a una bambina della tradizione popolare, facendola diventare una star della storia della letteratura o, in alternativa, alle scarpette rosse che il diabolico Andersen mise ai piedi della sciagurata Karen.

Le nonne certe cose le sanno, anche nel lontano Michigan, e infatti la nostra butta lì il dettaglio cromatico sui guanti in barba a tutti gli sprovveduti che pensano che una parola valga l'altra, specie quando ci si rivolge ai bambini.

 

 

Illustrazioni di Louis Slobodkin per Too many mittens, di Florence Slobodkin, 1958

 

Basta girare la pagina, infatti, e la precognizione si avvera: uno dei quattro guanti rossi va smarrito. I gemelli non lo trovano nel giardino dell'amica dove hanno giocato poco prima, ma ormai è sera e la nonna rimanda all'indomani la ricerca. Il giorno dopo, fin dal mattino, la casa di Ned e Donny diventa meta di un incredibile pellegrinaggio. A suonare alla porta sono ogni sorta di persone. Ognuna di loro ha trovato un guanto rosso e lo vuole restituire a quello che suppone essere il legittimo proprietario. Per una sorta di strano sortilegio notturno, la cittadina appare contagiata da una epidemica moltiplicazione di guanti rossi che spuntano, spaiati, dappertutto. A trovarli sono il postino, l'uomo della spazzatura, la signora Brown, il droghiere, l'uomo delle consegne, amici, vicini di casa, negozianti, mamme, bambini, passanti.

 

Illustrazioni di Louis Slobodkin per Too many mittens, di Florence Slobodkin, 1958

 

Infatti, spiega il libro: “Nei giorni successivi, chiunque trovasse un guanto rosso da qualche parte lo portava a casa dei gemelli”.

L'umorismo surreale di questa storia si fonda sulla figura retorica e metaforica dell'accumulazione (che si manifesta anzitutto nella duplicazione del protagonista: una coppia di gemelli), sottolineata da parole e immagini, e resa irresistibile dalla cortesia della nonna, che accoglie ogni ritrovamento come la cosa più normale del mondo, ringraziando tutti senza ombra di stupore. Perché la gioia della sorpresa, qui, è lasciata interamente al lettore.

 

Illustrazione di Louis Slobodkin per Too many mittens, di Florence Slobodkin, 1958

 

Almeno finché, tornati a casa dal viaggio, mamma e papà portano in dono a Ned e Donny un bel paio di guanti rossi per ciascuno.

“Guanti!” esclamò la nonna.

“GUANTI” esclamarono i gemelli.

“Non vi piacciono?” chiese la mamma?

La fine di questa storia deliziosa non la svelo. Dirò solo che la soluzione trovata dai gemelli e dalla nonna a questo paradosso del caso, il filo dei guanti smarriti, è geniale e poetica insieme. Una soluzione che ha una ispirazione, verrebbe da dire, sciamanica, che mira a ristabilire con un rito semplice e profondo l'ordine e l'equilibrio delle cose, a ricongiungere le parti separate, a ritrovare l'unità smarrita, pur lasciando un posto d'onore al principio del caos che scombina le carte per poi far ritrovar loro un nuovo e forse più necessario assetto.

 

Illustrazione di Louis Slobodkin per Too many mittens, di Florence Slobodkin, 1958

 

Sempre su un guanto smarrito si fonda un racconto della tradizione popolare ucraina che nel corso del tempo è stato oggetto di numerose rielaborazioni in alcuni albi illustrati, realizzati da autori, illustratori ed editori diversi. C'è solo l'imbarazzo della scelta. Qui trovate numerose copertine di edizioni francesi e americane in cui la storia è stata editata. Come vedete, il guanto al centro della scena e della storia è, in (quasi) tutte le edizioni, rosso.

 

 

 

In alcune versioni del racconto, il guanto viene smarrito nel bosco da un cacciatore, in altre da un bambino che gioca nella neve. L'esito della perdita, in ogni caso, è il medesimo: a uno a uno, gli animali del bosco, imbattutisi nel guanto perso, decidono di farne il proprio caldo riparo, per riscaldare le zampe gelate. Così nel solitario guanto che brilla in mezzo alla neve vanno a sistemarsi lepri, volpi, orsi, ranocchie, scoiattoli, tassi, gufi, cinghiali, topi...

 

 

Anche in questo caso la comicità della storia sta nella figura dell'accumulazione portata al paradosso. Le illustrazioni giocano interamente sull'inverosimile pretesa degli animali di poter stare tutti, compreso un gigantesco orso, in un indumento minuscolo. L'escalation di ottusità che conduce la storia al suo epilogo coincide con le manovre sempre più assurde degli animali per prendere posto nel guanto.

 

Illustrazioni di Jan Brett per The Mitten, 1989

 

Così, quando al sovraffollato rifugio si avvicina un minuscolo topolino, il lettore è certo che troverà posto senza fatica nella delicata architettura di corpi. Invece sarà proprio lui a far esplodere il guanto in mille pezzi, segnando la fine del sogno collettivo di un po' di tepore.

 

  

Illustrazioni di Barbara McClincock per The Mitten, di Jim Aylesworth, 2009

 

Nella versione della storia edita da Scholastic Press 2009, dal titolo The Mitten (in francese La Moufle, Editions Circonflexe) riscritta da Jim Aylesworth e illustrata da Barbara McClincock, si trovano analogie con la storia di Ned e Donny: ci sono un bambino e un guanto rosso perduto. C'è una nonna che rimanda le ricerche al giorno successivo e c'è un guanto ritrovato: ma anche in questo caso, la simmetria perduta della coppia di guanti dà luogo a una moltiplicazione esponenziale di pezzi: il guanto si frantuma in mille fili. E anche in questo caso la soluzione coincide con la ricostituzione dell'unità perduta: è la nonna a ricomporre letteralmente il filo della storia, sferruzzando un nuovo guantino, mentre il nipote gioca con un gatto e un gomitolo di lana rossa.

 

Illustrazioni di Barbara McClincock per The Mitten, di Jim Aylesworth, 2009

 

Le illustrazioni più belle per questo racconto ucraino, però, a mio avviso sono quelle, realizzate nel 1964 da Yaroslova, per il racconto di Alvin Tressel. Qui fra l'azzurro e il bianco dell'algore invernale, c'è un bambino completamente rosso vestito e il guanto è di un bellissimo giallo (Noel Daniel si segni questa perla per il prossimo libro Taschen di Natale).

 

 

 

Illustrazioni di Yaroslava per The Mitten, di Alvin Tressel, 1964

 

Durante la nostra passeggiata in montagna, la mia amica che trova guanti mi ha raccontato altre due cose. La prima, che dal 2006 esiste un sito australiano, The lost glove project, dedicato ai guanti persi, sul quale chi smarrisce un guanto ha la possibilità, se è fortunato, di ritrovarlo (esiste anche un altro sito sui guanti, Lost gloves: entrambi sono dichiaratamente congegni pensati per riparare al disordine del mondo). La seconda cosa che mi ha detto, è che c'è una bellissima poesia che si intitola Guanti:

 

Da più di dieci giorni

non faccio che trovare

guanti singoli per strada.

Il primo è stato quello

di un bambino: minuscolo

arcobaleno di lana.

Che Dio abbia bisogno

di una mano?

Signore dei dispersi

veglia sulle cose

che vivono spaiate.

 

Il cuore acceso, e capace di riscaldarci, di queste limpide storie invernali, sta, come indica con precisione Matteo Campagnoli nella sua poesia (che fa parte della raccolta In una notte fortunata Casagrande, collana Versanti 2010) nella preghiera spaiata di una mano invisibile che a un dio un po' smarrito nel riparare le asimmetrie e gli scarti del mondo, offre aiuto e, insieme, chiede il sostegno di una silenziosa attenzio

 

 

 

Illustrazioni di Yaroslava per The Mitten, di Alvin Tressel, 1964

 

Ai bambini piace sapere che alle cose ci può essere rimedio, e bisognerebbe sempre cercare di essere all'altezza della loro fiducia e dell'inimmaginabile.

Con loro, perciò, sarebbe utile fare come se si avessero tre mani: una libera, sempre pronta a indossare guanti spaiati, a trovare cose perse e a riparare l'irreparabile. Un po' come dice John Giallo in I pensieri dell'invisibile (Pulcinoelefante 2011):

 

Che bello sarebbe vivere con tre mani; una potrebbe accarezzare ciò che non esiste.

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