Un sito e un libro / Nuovo Teatro Made in Italy
La nostra Storia dal secondo dopoguerra fino a oggi è fatta di continue onde, progressi e indietreggiamenti, riempimenti e svuotamenti, aperture e chiusure date in successione. Dalla politica all’economia, dalla letteratura alla scienza, tutto è come se stesse su una barca che oscilla a seconda degli agenti interni ed esterni e della loro potenza: un oscillare che è in stretta relazione con il passato ed è conscio di essere base di appoggio per il futuro che verrà. Questo andamento appena descritto è valido anche per la storia del teatro, o meglio per la storia di quel multiforme filone di teatro descritto nell’ultimo volume curato da Valentina Valentini, Nuovo Teatro Made in Italy (1963-2013), uscito per Bulzoni sul finire dell’anno scorso. Strettamente connesso al volume c’è il sito nuovoteatromadeinitaly.it che arricchisce di studi e proposte utili il contenuto cartaceo.
Certamente innovativa è la forma che l’intero progetto assume, ossia lo sviluppo parallelo di due strumenti – un libro e un sito – che viaggiano a braccetto, si completano e si intersecano l’un l’altro, si richiamano e si rimandano. Composto in prevalenza da saggi della Valentini e con interventi di Anna Barsotti, Cristina Grazioli e Donatella Orecchia, il volume sviluppa un racconto prima storico e cronologico del Nuovo Teatro nelle sue differenti fasi (i primi cinque capitoli identificati a grandi linee con i decenni che compongono il periodo) e poi per assi tematici che lo inquadrano e descrivono (la seconda parte del libro).
Anche il sito presenta due grandi suddivisioni: la prima è quella dei decenni tra il 1963 e il 2013 all’interno dei quali si trovano i rispettivi materiali utili a inquadrare il periodo e la tendenza, i fondamenti teorici e documenti del tempo. La seconda suddivisione riguarda invece gli artisti che sono ascritti al Nuovo Teatro. Il contenuto del sito rassomiglia in un certo senso a quell’appendice che si trova in fondo a molti libri, con la differenza che si tratta di un appendice in continua evoluzione, un work in progress di implementazione di nuovi materiali che arricchiscono, lo sguardo, lo studio e la ricostruzione per assi del Nuovo Teatro.
I percorsi monografici raccolti nel sito non si prefiggono di mappare l’intera produzione di un gruppo o di un artista, ma ne presentano il quadro biografico, la teatrografia, i riferimenti bibliografici generali e, in genere, due o tre spettacoli che hanno rappresentato un punto di rottura nella storia di quel gruppo, di quell’artista. Il lavoro dietro alla costruzione del sito è enorme e collettivo portato avanti da studiosi di teatro, dottorandi, studenti, un project manager, Stefano Scipioni, sotto il coordinamento del comitato scientifico composto da Valentini, Grazioli, Orecchia.
Vorrei tornare indietro al titolo, a quella seconda parte che lo compone, quel “Made in Italy” dal sapore pop che vuole mettere l’accento su una specificità tutta italiana del nostro “Nuovo Teatro”, spesso trascurata. “Siamo stati sempre molto internazionalisti in questi anni – sostiene Valentini – ma c’è da rendersi conto che il teatro italiano è di una ricchezza incredibile che compete alla pari con le altre drammaturgie degli altri teatri, sia americano, sia francese sia tedesco. Di questa ricchezza, di questa complessità, di questo pensiero che il teatro italiano ha elaborato fin dagli anni Sessanta nel procedere a un rinnovamento rispetto a una dominanza del testo letterario, della messa in scena, del teatro della regia critica […] fuori dall’Italia si sa molto poco. Quindi l’idea di dedicare un libro al teatro italiano, di tradurlo in inglese con un editore inglese è diventato per me un imperativo categorico, una responsabilità, un dovere morale (sic!)”. Il libro sarà infatti pubblicato prossimamente da Perfomance Research Books nella collana Thinking Throught Performance.
Mappare l’intero universo che è confluito sotto la categoria del Nuovo Teatro credo sia impresa davvero complessa e difficile da comprimere in un volume. Innanzitutto viene definito – già dal titolo – un arco temporale in cui segnare un inizio e una fine (la fine è simbolicamente l’arrivo ai giorni nostri). Con la nascita del Gruppo 63 a Palermo si dà simbolicamente il via a quello scompiglio gigante, culturale e di sentire, che toccherà anche e in particolar modo il teatro. Si tratta di un inizio che deve assumere, comunque, una sua labilità e flessibilità: il Nuovo Teatro è figlio di un sentimento che si crea via via, un’insofferenza che monta e una minore adesione al mondo che si abita. I primi spettacoli di Carmelo Bene, dove il seme di una rottura è già visibile, precedono di alcuni anni il 1963 (e in questo si racchiude sempre il limite della necessità di utilizzare delle date: fisse, come sanno esserlo i numeri).
Carmelo Bene, all’interno del libro della Valentini, è uno dei personaggi chiave per descrivere e raccontare l’avvio della nuova sperimentazione teatrale. I suoi primi passi sul palcoscenico corrispondono, all’esterno del teatro, allo spegnersi degli anni del Boom Economico, la crescita economica che rallenta, un’Italia a due velocità. Un pezzo di Italia che è emigrato al Nord per inseguire la sopravvivenza, un altro pezzo di Italia a comprarsi l’automobile e i primi elettrodomestici. Il mito del facile progresso, il nazionalismo frivolo, il perbenismo borghese, la diffusa e ipocrita religiosità: Bene va a stanare tutto questo, nel solco di un convinto rifiuto della tradizione, rompendo con la scena dei grandi teatri stabili. Sono anni in cui si ha voglia di “buttare all’aria tutto”, c’è un fermento nell’aria che invoca un cambiamento, sbarca in Italia il Living Theatre. Il documento Per un convegno sul nuovo teatro (1966), prologo del successivo Convegno di Ivrea, rappresenta uno dei primi momenti in cui artisti e intellettuali si dichiarano tutti insieme a favore di una ricerca teatrale nuova, che si discosti da quella ufficiale vista fino ad allora nei teatri stabili, sempre più subalterni alla politica e al potere, burocratizzati, inariditi a livello artistico, dominati dalle vecchie generazioni, annichiliti e sordi rispetto a quelle istanze di sperimentazione che nella sfera internazionale andavano fiorendo da diverso tempo. Firmano questa dichiarazione, tra gli altri, Carmelo Bene, Carlo Quartucci, Giuliano Scabia, Leo de Berardinis, Giuseppe Bartolucci, Franco Quadri. È in questi anni Sessanta che va dipanandosi l’avventura del Nuovo Teatro; un’avventura che andrà sgrossando la propria identità (multiforme e cangiante) nel corso del decennio successivo.
Il testo di Valentina Valentini ben focalizza l’inizio di questo percorso che nel tempo portò al disegno di un nuovo assetto produttivo, estetico, linguistico e organizzativo: lo fa con una scrittura agile, ariosa, mai puntigliosa. Uno dei punti forti di questo libro è la capacità di inquadrare il tema scelto in un’ottica non esclusivamente teatrologica, anzi il respiro rispetto a quello che accadeva nelle piazze, alle tendenze della letteratura, del cinema, della musica è sempre presente e dialogante con l’universo descritto del Nuovo Teatro. Questo procedere rende la complessiva lettura ben inquadrata e correlata a quello che era l’intorno. Ciò non toglie chiarezza né profondità all’esposizione, ma la arricchisce delegando poi gli approfondimenti a percorsi monografici (sul sito e in altre pubblicazioni). È un modo di procedere includente, aperto non solo a studiosi, ma anche a chi ne è semplicemente incuriosito (va rilevato, comunque, che alcune critiche metodologiche sono state avanzate da Marco De Marinis sulla rivista “Culture teatrali”).
La seconda parte del libro affronta, per grandi nuclei concettuali, attitudini e forme del Nuovo Teatro: la drammaturgia dello spettacolo che inizia a essere composta dalla figura (inedita fino ad allora per l’Italia) dello scrittore-autore; la messa in discussione dell’impianto scenico e di tutte le sue parti; il teatro-luogo non solo inteso come palcoscenico, ma nella sua interezza finanche alla strada; l’attore e l’uso nuovo della parola (accorciata, tagliuzzata, mescolata, gridata, narrata, disegnata, proiettata, elisa). Il pluralismo dei discorsi artistici che si è aperto in questi cinquanta anni di teatro, quella seconda via che ne configurava una terza e poi chissà quante altre ancora, ha contribuito a raccontare una Italia diversa, un laboratorio che voleva sperimentare e provare a cambiare un Paese. Una vivacità, quella teatrale, che ha lasciato un segno forte nella nostra identità culturale. Di tutto questo ricercare e di quello che ne è scaturito il libro della Valentini è guida, gioiosa e presente. È questo entusiasmo, questa voglia di raccontare e regalare ai lettori di oggi e di domani i tratti di questa avventura a rendere questo libro un bene prezioso.