Come parlare di terremoto senza mostrare distruzione? / Sulle tracce della faglia
Come giustificare queste fotografie?
Come parlare di terremoto senza mostrare rovine di paesi e distruzione?
Come leggere questi luoghi di montagna – a loro modo unici, magici e incantevoli – responsabili dell'ultimo terremoto che ha colpito Arquata, Amatrice e le decine e decine di borghi di un confine geografico ristretto che raccoglie, in pochi chilometri in linea d'aria, ben quattro regioni del centro Italia (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo)?
Monte Vettore, Cresta del Redentore, Pizzo del Diavolo, Lago di Pilato, Pian Grande, Pian Piccolo, Pian Perduto, Inghiottitoio, Fosso del Mergani, Forca di Presta, Sasso Tagliato, Forca Canapine, Monte Sibilla, Grotta della Sibilla, Grotta delle Fate, Macchia Cavaliere… La toponomastica di questi luoghi segnala queste montagne come Sibilline, enigmatiche, evocatrici, misteriose, ambigue e fascinose, mitologiche, ancestrali, oracolari, profetiche e predittorie, appunto, di catastrofi e meraviglie.
La faglia sismica è partita da qui, intercettata e scovata dai geologi dell'INGV che, a poche ore dalle scosse devastanti del 24 Agosto 2016, si sono incamminati e arrampicati e sono andati a cercarla proprio nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, luogo di natura incontaminata ma di millenaria instabilità.
Sarà un caso, saranno solo i miei ricordi di bambino, saranno stati i racconti di mio padre, ma tutto sembra convergere con qualcosa di "imprevisto" ma prevedibile, un accidente tellurico, le mille fratture riconoscibili di quella montagna che sempre mio padre mi indicava salendo e camminando, le decine di fossili raccolti e conservati nella nostra casa di Arquata.
Partivamo di notte per evitare il caldo del sole e, alle prime luci dell'alba, dopo aver superato pietraie e vasti prati inclinati e scomodi, ci fermavamo alla Fontana delle Ciaule – un tipo di cornacchia molto rumorosa e ciarliera – dove consumavamo la nostra prima colazione: fette di pane con frittata bagnate dall'acqua fresca che sgorgava nelle trocche, le vasche predisposte per pecore e pastori. Poi, zigzagando in salita per un pendio molto ripido e abitato da nidi di vipere che ci obbligavano a muovere i bastoni davanti ai piedi, raggiungevamo costeggiandolo il rifugio Zilioli, adagiato sulla cresta sinuosa della Sella. Da lì ci aspettava l'ultimo tratto di roccia e pietre per la cima del Vettore.Il ritorno era in discesa, ma non meno faticoso della salita.
Il risultato geologico di questo terremoto, documentato e misurato dall'INGV, è che il Monte Vettore è sprofondato di 10 centimetri e che la parete Est del Corno Piccolo del Gran Sasso d'Italia è crollata in un sol colpo.