Auden, Isherwood, Spender. Il diario di Sintra

29 Ottobre 2012

Arrivare a Sintra, luogo dell’immaginario, fiabesco come pochi, nel Novecento patria d’elezione di miliardari, eccentrici, scrittori, artisti in fuga dalle scomode familiarità della madrepatria o semplicemente in cerca di un Altro posto in cui vivere. Un luogo parallelo sì, ma assolutamente altro, con i suoi castelli, la sua nebbia, le sue guglie, la sua anima al tempo stesso nordica e mediterranea. Non è un caso che nel corso dei secoli Sintra abbia affascinato viaggiatori così diversi e provenienti da luoghi così disparati, primo fra tutti Byron, per non parlare della nutrita colonia inglese che all’inizio del secolo scorso fugge dalle restrizioni sociali dell’Inghilterra del tempo per cercare uno stile di vita meno conformista.

 

Fuggono dall’inglesità anche gli estensori di un testo importante e ora riscoperto, Il Diario di Sintra, che è al tempo stesso testimonianza delle tensioni politiche dell’epoca e documento delle correnti sotterranee che percorsero vite private e artistiche del terzetto coinvolto, ovvero Christopher Isherwood, Stephen Spender e W. H. Auden; anche se quest’ultimo, che viene citato fra gli autori, a Sintra restò ben poco. Il diario copre un arco temporale che va dal dicembre del 1935 al marzo del 1936; vi scrivono Auden, Brian Howard, Tony Hyndman, Christopher Isherwood, Humphrey Spender, Stephen Spender, James Stern, fino al momento in cui l’esperienza in comune ad Alecrim Do Norte si esaurisce, Stephen e il suo compagno Heinz ripartono per il loro inquieto pellegrinaggio in giro per l’Europa e le tensioni che attraversano il continente deflagrano nella guerra di Spagna.

 

Nel Diario di Sintra (Barbès 2012, 16 €, pp. 267), a cura e con la traduzione di Luca Scarlini e con un utilissimo saggio introduttivo di Matthew Spender, figlio di Stephen e scrittore in proprio, i materiali assemblati da Scarlini tracciano una parabola ben precisa: il progetto di una vita alternativa, parallela ma di segno opposto, rispetto a quella che si poteva condurre nella vecchia Inghilterra. Il disegno di una “comune gay un po’ comunista” (Scarlini) in cui declinare in forma nuova sia l’omosessualità che la scrittura (è proprio a Sintra che Isherwood e Auden scrivono il secondo dei loro testi teatrali a duplice firma, The Ascent of F6). Serve non solo una camera di decompressione dalle tensioni della madrepatria, ma anche una vera alternativa. La domanda, allora, è se Sintra lo sia veramente. Le differenze all’interno del gruppo emergono quasi subito: Isherwood annota che lui in Inghilterra non tornerà in ogni caso (sia lui che Auden si trasferiranno negli Stati Uniti), mentre Spender sì, si farebbe riaccogliere dalle spire dell’asfittica Inghilterra.

 

Tra le utopie possibili, i protagonisti di questo affascinante documento realizzano quella di una vita in comune in cui le uniche cose che veramente contano sono essere se stessi, bere, scrivere in santa pace, mettere in comune le risorse, allevare polli e galline, giocare a Estoril, prendere taxi per Lisbona e tè pomeridiani con i loro vicini inglesi, che li consigliano su come trattare i domestici e qual è il miglior lattaio in circolazione. Non poco, se consideriamo il loro punto di partenza, ma difficile comunque sentirsi a proprio agio in queste pagine in cui è chiaro da cosa si fugge ma non altrettanto verso cosa ci si sta dirigendo; la piccola colonia conduce una vita decisamente avvitata su rituali e frequentazioni inglesi, per quanto curiose e non prive di interesse, e lo sguardo dei protagonisti, quando si posa sugli amabili portoghesi, è ancora uno sguardo appropriativo; se non da conquistatori, comunque cieco a peculiarità e costumi degli autoctoni. Come è ovvio, le dinamiche di potere sono più che mai vive anche all’interno dei rapporti sentimentali: gli amanti di Isherwood e Spender sono ragazzi sia culturalmente che socialmente inferiori (che non a caso sono gli unici che lasciano annotazioni sulla servitù o sulla gente del posto), e parte del loro fascino erotico deriva certamente da una disinvoltura sessuale considerata tipica della working class, tanto che una volta Auden disse che si aspettava che un membro delle classi inferiori sarebbe venuto a letto con lui, se lui glielo avesse chiesto.

 

Nella sua introduzione, Matthew Spender non a caso pone l’accento sulla questione dell’uguaglianza, che Isherwood e Spender affrontano in modi diversi e con gradi diversi di consapevolezza; probabilmente – sostiene Matthew Spender – Isherwood si rendeva conto di dover abbandonare una parte di sé per amare un uomo appartenente a una diversa classe sociale. Entrambi si rendono conto della contraddizione, ma in quel breve inverno a Sintra tutto, anche i baffi di Hitler, resta miracolosamente sulla soglia.

 

Wystan Hugh Auden, Christopher Isherwood e Stephen Spender.

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