Lus, ovvero sul filo del dolore

22 Gennaio 2015

È una storia appesa a un passato lontano quella che ci raccontano Ermanna Montanari e Marco Martinelli del Teatro delle Albe con Lus (Luce). Una di quelle storie che sappiamo essere nel dna della terra, in quel solco tra razionalità e irrazionalità a cui continuamente facciamo appello, nella luce del sole e nel buio delle tenebre.

 

Ripreso dopo molti anni, “Lus” è un concerto per voce, live electronics e contrabbasso che ha debuttato al Teatro delle Passioni di Modena lo scorso 16 gennaio. In scena, assieme a una vibrante Ermanna Montanari, troviamo Luigi Ceccarelli (quasi fosse seduto nell’agio del suo studio) e il musicista Daniele Roccato. Lus è una composizione eterea che tesse le tristezze di Bêlda, una donna vissuta a cavallo tra Ottocento e Novecento, conoscitrice delle erbe e dei rimedi naturali, curatrice quasi pagana dei mali che affliggono le genti e i lavoratori di un imprecisato villaggio ravennate. Su un palco spoglio di pochi oggetti, entra lentamente Bêlda e di lei si vedono solo le mani, investite da un fascio di luce giallo: le sue mani come lo specchio del suo fare, del suo potere che sa guarire.

 

Lus, ph. Luca Del Pia

 

Una lunga composizione musicale scandisce l’inizio dello spettacolo e il nostro familiarizzare con Bêlda/Ermanna Montanari, una figura impacchettata in un grazioso vestito di un bianco rassicurante che richiama alla memoria le crocerossine della prima guerra mondiale. È l’irrompere della parola, però, che ci riporta alla durezza della realtà terrena. La vivacità del dialetto (romagnolo) dona alla recitazione e al canto della Montanari una ruvidezza che ben si accosta a una esistenza, quella della Bêlda, schivata dal resto della comunità. La gente non vuole avere niente a che fare con quella che è considerata una strega, una sorta di veggente che sa leggere i segni del corpo e li sa curare con quelle che sono le risorse della natura. La comunità le sta alla larga, non vuole mescolarsi a lei e al suo cammino, la disprezza e la tiene ai margini dell’incontro sociale. Ma è nella notte che la Bêlda trova la sua rivincita: lei che sa attirare a sé le paure degli uomini e delle loro malattie; lei che sa diventare rifugio degli addolorati, lei che ha la soluzione per quelle ferite trascurate, per quei tradimenti dei mariti, per le disgrazie dei figli. Quando cala il buio tutti vanno da lei, guidati da una speranza o accecati dalla disperazione.

 

Purtroppo di emarginazione si può anche morire. Oppure si può decidere di scatenare l’inferno. Allora la Bêlda, che di questa emarginazione non sa più che farsene, decide di vendicarsi e lo fa scatenando la sua ira e il suo dolore, quello che ha collezionato tra le genti del villaggio, contro il prete, “il pretaccio”, che ha osato disseppellire la sua povera madre, solo perché la considerava una puttana (“cos’è poi una puttana?” si chiederà la protagonista in preda all’oscurità della rabbia e del furore). E la sua rivincita la Bêlda la aspetta minacciosa con un falcetto in mano che agita a destra e sinistra. Ci sono amori che non possono essere offesi e ci sono tasti che non possono essere toccati. È questo che ci insegna Bêlda e assieme a lei, la penna che ne ha scritto la storia, ossia il poeta romagnolo Nevio Spadoni.

 

Lus, ph. Luca Del Pia

 

Tra i pochissimi elementi scenici vediamo proiettate le opere di Margherita Manzelli, acquerelli creati ad hoc, che colorano timidamente l’universo di Bêlda e irradiano di luce una scena altrimenti sempre abbastanza cupa. Sono opere semplici, sottili strisce di colore che attraversano uno schermo da proiezione. Scarne linee di un rosso slavato che danno la cifra di un dolore sbiadito e malcelato, facce interrogative di malati ed espressioni istupidite di ignoranza.

 

Con questo concerto ritorna il sodalizio della compagnia con il compositore e sperimentatore Luigi Ceccarelli: senza dubbio si tratta di una accoppiata preziosa per il teatro che, con L’isola di Alcina nel 2000, aveva valso alla Montanari il premio Ubu come migliore attrice italiana. Ceccarelli sa essere fedele compagno di viaggio del lavoro di Martinelli che firma una regia delicata e intelligente in grado di lasciare al centro della scena la parola e la sua carica rivoluzionaria. Il monologo finale sa colpire dritto al cuore, sa emozionare e intrecciare i sentimenti dello spettatore. Ermanna Montanari veste alla perfezione i panni di Bêlda, sa interpretarne le cupaggini e sa dare sfogo a quella necessità di rivalsa rabbiosa che ha tinto la vicenda della protagonista. È una donna che vive al limite del proprio tempo: un modello di figura femminile cui la Montanari da sempre guarda per farlo rivivere in un altro tempo ancora, che è quello del teatro.

 

“Lus” è una produzione di Emilia Romagna Teatro in collaborazione con il Teatro delle Albe/Ravenna Teatro.

In scena al Teatro delle Passioni di Modena fino a domenica 25 gennaio 2015.

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