Echi dall'origine e memoria del futuro / La teoria delle balene
Il fascino che l'arcaico esercita su di noi potrebbe essere collegato all'archeologia della nostra mente, laddove risiedono le condizioni originarie dei nostri processi emozionali. Il canto delle balene è un’esperienza originaria, per molti aspetti inenarrabile nei suoi effetti nelle nostre sensazioni. Forse Claudia Losi nel concepire il suo progetto artistico di lunga durata ha voluto ascoltare l'arcaico che risuona in noi e tradurlo in un progetto durato venti anni. Il suo lavoro, tra le altre originalità, si caratterizza come un’isteresi: ci racconta che nel nostro presente non agiscono solo le cose di oggi, ma sono attive e importanti le cose di sempre, sulla cui accumulazione noi costruiamo, più o meno consapevolmente quello che siamo e facciamo oggi. Come lo definisce lei, quel progetto è un arcipelago che si compone di isole, stretti e continenti in movimento, come le correnti che lo attraversano, dai tempi e dalle voci differenti. È la mia balena, scrive Claudia Losi. Ognuno di noi ha, per certi aspetti, la propria balena, e tutti abbiamo i nostri antenati, come proprio a proposito di delfini e balene ha mostrato Marco Belpoliti con I nostri antenati: delfini e balene.
Un animale, quello di Claudia Losi, che è vissuto grazie all'aiuto di molte persone e tante comunità temporanee. E l’artista aggiunge: mi ha inghiottito e protetto per un lungo tempo.
The Whale Theory pubblicato da Johan & Levi editore non è solo un libro, ma un'opera d'arte in forma di libro che parla di un'opera d'arte contemporanea con una pluralità di voci, con mappe, con disegni e con una vasta gamma di fotografie. Incontriamo così la balena, un animale che si mostra solo a chi sa aspettare. Questa creatura arcaica e colossale, capace di sfuggire allo sguardo, eppure con la mole dell'animale più grande che vive sul pianeta Terra, che come Moby Dick elude cacciatori e filosofi, ci viene incontro nel libro di Claudia Losi nello stesso modo fulmineo e fatale che per secoli hanno sperimentato gli uomini di mare. Claudia Losi però sviluppa un percorso che la porterà alla creazione della sua balena, che inizia tra i calanchi degli Appennini, laddove sono stati trovati i resti fossili di ambienti che furono marini. L'artista, affascinata dalla mostruosità mitologica della balena, si è fatta ispirare da racconti e da tradizioni in cui questo immenso animale è stato fonte di sussistenza e oggetto di devozione, dalle immagini narrative che raccontano l'ossessione che inghiotte e accoglie all'interno del proprio ventre, da Giona a Pinocchio. È nato così Balena Project, un'impresa che si declina in molteplici forme e azioni attorno al corpo itinerante di una balenottera comune ricostruito in tessuto di lana grigia a grandezza naturale.
Dal momento in cui è stata creata, quell’opera è diventata un'entità viva capace di muoversi e calamitare storie in giro per il mondo, generando suggestioni e coevolvendo con le realtà incontrate in modo da mutare continuamente aspetto. Così che il libro si configura solo come il capitolo conclusivo di un lungo viaggio e ne è la materializzazione letteraria. Il nostro rapporto con il mostruoso e con l’immenso è fonte di meraviglia, e il meraviglioso è allo stesso tempo, per noi, magnetico e inquietante. Qualcosa che risuona con l'esperienza che si coglie seguendo il percorso di Claudia Losi, richiama la potente e suggestiva esperienza proposta Da Federico Garcia Lorca con il suo tema del duende:
“Per cercare il duende non c’è mappa né esercizio. Si sa solo che brucia il sangue come un tropico di vetri, che estenua, che respinge tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili, che si appoggia sul dolore umano inconsolabile…” [Federico García Lorca, Buenos Aires, 20 ottobre 1933].
Leggendo con la propria voce il breve scritto in prosa: “Fuego i teoria del duende”, all'interno del salone della Sociedad de los Amigos del Arte, Federico Garcia Lorca non solo suscitò da subito una grande curiosità, ma creò l'inizio di un percorso per esplorare uno stato particolare del sentire umano.
Ritorna così un termine antico: duende. È evidente da subito che non si tratta solo di una parola ma, come accade per il progetto di Claudia Losi, nella parola e nell’artefatto sono inscritti il ritmo simbolico della vita e le domande che, anziché rifuggirle, vengono condotte al loro senso ultimo. Losi risveglia non un concetto o un’idea, ma un ricco immaginario ancestrale, liberandolo dai canoni, ma anche dai tabù, assumendone la drammaticità e l’epicità, di cui la balena è un simbolo come pochi altri.
Come evidenzia G. Durand, in Le strutture antropologiche dell’immaginario, [Dedalo, Bari, 1996], compiendo uno studio analitico dell’immaginario collettivo, e rintracciandone le simbologie archetipiche, vi può essere e di fatto vi è un avvaloramento vitale della morte attraverso l’esperienza artistica. Ciò accade nel duende, come nel flamenco (música y baile), nella corrida, e nelle molteplici forme di mattanza, come in quelle dei tonni e certamente in tutta l’epopea di Moby Dick e nelle storie della caccia alla balena.
Claudia Losi ci pone di fatto di fronte a due radicalismi profondi: quello tra vita e morte e quello tra vivibilità e distruttività della specie umana sul pianeta Terra, grazie al ricorso al simbolo della balena.
È evidente, nel libro, il nesso con la mitologia più antica e l’allusione all’incubo e all’essere noi padroni e succubi, allo stesso tempo, delle nostre ossessioni nel rapporto con le espressioni del vivente di cui siamo parte. Sono, infatti, presenze demoniache e magnetiche, come narra straordinariamente Melville, prodotte comunque dalla nostra sete di dominio del mondo. Quando siamo di fronte a un coccodrillo o a un ginko biloba, siamo raggiunti, indipendentemente dalla nostra volontà, da un sentimento di forte attrazione combinato con qualcosa che ci respinge o tende a paralizzarci. A partire dalla forma, così lontana da apparire estranea alla nostra propriocezione e al nostro spazio peripersonale, eppure così vicina e interna a noi da riportarci al comune del sistema vivente di cui siamo parte.
The Whale Theory è un viaggio. Un viaggio per noi nomadi e viaggiatori del pianeta. “Ci siamo evoluti vivendo di caccia e raccolta, vagando senza requie sulla superficie della Terra”, scrive Christofer Collins in uno dei tanti saggi che compongono il libro. Quel viaggio che il libro rappresenta finisce per essere un’esca, o meglio, come l’autrice e artista lo definisce, un’esca per l’immaginario:
“Un'esca per l'immaginario, ecco cosa era. Ho innescato un processo che si è rivelato, nel tempo, di ampia partecipazione: chi entrava in contatto anche solo con l'idea di costruire e far viaggiare questa Balena si lasciava coinvolgere a più livelli, offrendo il proprio contributo alla sua costruzione fisica e narrativa. Per diversi anni, in giro per l'Italia e in alcuni altri paesi la Balena ha trovato ospitalità e nuove storie da raccontare. Si è arenata in musei, in riva a un fiume, in una piazza storica non lontana dal mare, in un quartiere di periferia, nel cortile di una scuola. La Balena ha viaggiato per circa sei anni e infine ha mutato la sua forma diventando altro, disperdendo la sua mole originaria e diffondendosi lungo altre traiettorie”.
Quel viaggio è fatto di immagini e disegni, della cura dei dettagli e il libro è un’immersione: ci si immerge nel racconto che è più che un racconto. Fino a fare i conti con l’invisibile, come nel saggio di Matteo Meschiari: “…una balena completamente invisibile non è un difetto della percezione, è un lutto, è la massa mancante su cui tentenna la vita dell'uomo, come sulle zampe di una mantide. Il mondo è appunto pieno di balene invisibili, di buchi grandi come balene, e noi non possiamo farci niente. Proprio niente. Quindi, a parte i sogni, abbiamo poco da dire sulla balena, e anche su tutto il resto”.
Sembra un paradosso pensare che un animale così grande, la balena, oggi meriti tutte le nostre attenzioni mentre è ed è stato oggetto di attenzioni per altri motivi. È stato l’animale più cacciato e martoriato. La cosa che desta più attenzione è la mole di questo mammifero. Per un animale fragile e pervasivo come sapiens, la sua grandezza provoca paura, coinvolgimento, attrazione, sollecita la sete di dominio di sapiens.
Questo aspetto viene riportato anche nel contributo al libro di Vinicio Capossela cantautore, polistrumentista e scrittore che scrive “La balena porta con sé il destino dei grossi, ancor più che dei grandi” …e poi ancora “Quelli che vengono molestati a causa della loro misura che tanto eccede quella dei loro piccoli molestatori. Forse è l’invidia a muoverli alla persecuzione”. Un animale così, nella poetica artistica di Claudia Losi, ci porta a pensare a un altro tema, il tema dei temi, aiutandoci, forse, a capire i nostri limiti: gli esseri umani hanno fatto molta fatica ad attrezzarsi per cacciarla e altrettanta mostrano di farne per cercare ora la via per proteggerla. L’ossessione nella narrativa di Melville ne è un esempio. Ancora una volta il progetto di Claudia Losi riporta al mito e al sacro. Evoca una sacralità della natura e il suo sacrificio, allo stesso tempo.
Nel dialogo a più voci che compone il libro, incluso il valore che il libro può avere per i bibliofili, la voce di Sunaura Taylor si staglia per la sua forza e la sua originalità. “Io sono un animale” è il titolo. “Sapevo benissimo che i miei compagni dell'asilo volevano offendermi quando mi dicevano che camminavo come una scimmia, e naturalmente ci riuscivano. Non capivo bene perché questo dovesse ferire la mia sensibilità però, dato che, dopo tutto, le scimmie erano i miei animali preferiti”. “Eppure, sapevo che quando gli altri animali mi paragonavano a una scimmia non volevano farmi un complimento. Era un insulto. Capivo che si riferivano alla mia incapacità di stare ben dritta quando non ero sulla sedia a rotelle, al fatto che non riuscivo a stare in piedi come un essere umano. Capivo che il paragone con gli animali mi isolava completamente dagli altri. Il fatto è che avevano ragione. In effetti quando cammino assomiglio a una scimmia. Più precisamente sembro una scimmia antropomorfa, forse uno scimpanzé”. Siamo tutti animali e a questa appartenenza il libro di Claudia Losi ci conduce. Le sollecitazioni del libro sono molte ma, tra le altre, il libro si configura come un documento originale riguardo ai temi dell’educazione ambientale e della vivibilità. Sono le domande che il libro suscita, uno degli aspetti più interessanti. Nel rapporto tra Claudia Losi e la balena riesce ad emergere come e perché un mammifero con quelle caratteristiche, che viene dai tempi profondi dell’evoluzione, finisce per diventare una metafora del nostro tempo, mentre si realizza come oggetto di un progetto artistico di lunga durata.
In questo risiede un potente dispositivo educativo. Come Sunaura Taylor, poniamoci una domanda fondamentale: è possibile riconciliare la sua personale identificazione con gli animali e con il fatto che tale identificazione abbia avallato indicibili violenze contro gli esseri umani? Attraverso il riconoscimento con la sua animalità, Taylor è giunta ad un’importante conclusione: non è che siamo come animali o che l’idea dell’animale sia parte integrante della nostra identità. Il fatto è che noi siamo animali, è un fatto così scontato e assodato che ce ne dimentichiamo di continuo. Siamo così indotti a domandarci in che modo l’arte può abbattere le barriere dell’indifferenza e della durezza, aiutandoci ad accedere a inedite forme di vivibilità. Una questione diventa, allora, tra le altre, il rapporto con il tempo profondo nella nostra contemporaneità. L’arte di Claudia Losi si occupa di questo e ci segnala che esiste un tempo profondo, lasciando emergere il messaggio che il tempo profondo manda al nostro tempo con la mediazione dell’arte. Riportandoci al rapporto con l’arcaico questo mammifero ci mette di fronte a una forma di vita che viene da lontano. Buona parte dell’arte contemporanea prende le forme primordiali/arcaiche e le fa diventare codici del presente.
Nel libro si riconoscono ampiamente i significati di questa dimensione. Uno degli aspetti interessanti e importanti del progetto riguarda la partecipazione all’esperienza artistica. Per fare Balena Project ci sono state molte persone che hanno collaborato e si è prodotto un ampio processo di partecipazione: quando l’arte diventa arte pubblica, e quindi partecipata, può svolgere un ruolo di particolare importanza. In questo caso possiamo paragonare l’arte ad un processo educativo nei confronti dei cambiamenti climatici e della crisi di vivibilità che stiamo vivendo. Una prova evidente è la particolare reazione da parte dei bambini. Il loro coinvolgimento e il modo in cui sono affascinati dalla balena sono un capitolo speciale dell’intero progetto e una chiave di lettura delle nostre possibilità.