Ridere è una cosa seria

21 Agosto 2024

Sara ti darà un figlio e tu lo chiamerai Isacco, Yitsh’aq, colui che rise” [Genesi 17,17]

Se si usa il futuro anteriore appare più facile comprendere quanto sia faticoso affermare un cambio di paradigma nella conoscenza del mondo e, in particolare, dei fenomeni a noi più vicini, soprattutto quelli relativi alle nostre stesse espressioni corporee. Perciò chiedersi perché ridiamo, una domanda a prova di bambino come tutte le più importanti domande scientifiche, vuol dire spostare le pesanti tende del senso comune e di una lunga tradizione filosofica, per cercare di avvicinarci a guardare finalmente come stanno le cose. Fra qualche anno che cosa ne sarà stato delle interpretazioni tradizionali e persistenti del riso nella nostra esperienza e in quella degli altri animali, alla luce, ad esempio, della precisa, originale e incalzante analisi proposta nel volume di Fausto Caruana ed Elisabetta Palagi, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale, Il Mulino, Bologna 2024? Facile sarebbe dire che chi leggerà, trattandole come archeologia, quelle interpretazioni tradizionali e persistenti si farà quattro risate. Chissà poi perché quattro: forse quelle risate saranno sonore e sarcastiche, oppure divertite o ironiche, umoristiche o drammatiche, o assumeranno ancora una delle altre varianti del riso, essendo il riso un regolatore e marcatore dell’interazione sociale. Ed ecco emergere l’ipotesi sostenuta e giustificata nel libro con un approccio “neuroetologico” che si avvale di uno spettro transdisciplinare, dalla psicologia alla filosofia, agli studi del linguaggio, all’antropologia e alla semiologia. Mobilitando il meglio dei risultati della ricerca sperimentale e sulla base di una importante attività di ricerca scientifica propria, i due autori, anche con un garbo narrativo appropriato punteggiato qua e là dalle incursioni incontenibili e taglienti di Fausto Caruana (non sono firmate, ma gli somigliano troppo), ci conducono al sesto capitolo, da dove voglio cominciare con un gioco a ritroso che preferisce partire dal futuro anteriore per leggere il passato alla luce dei risultati più recenti.

L’ipotesi proposta da Caruana e Palagi è basata sul modello dei due sistemi specchio che danno vita alla risonanza motoria e alla risonanza emozionale generando il riso: l’osservazione di un volto sorridente attiva nell’osservatore sia una risonanza motoria (via bassa) che una risonanza emozionale (via alta). In sintesi questo è il fondamento delle neuroscienze della risata emozionale e volontaria, come è chiaramente mostrato da una delle belle immagini disegnate che popolano il libro, avvalendosi del prestito del profilo degli autori. Quanto alla dichiarazione tra parentesi di non aver prestato il proprio cervello, si potrebbe facilmente obiettare che senza quel prestito non ci sarebbe il libro!

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Quel comportamento spontaneo, incontrollato, che accompagna l'esperienza quotidiana di ognuno di noi, che è ridere, si ridefinisce assumendo connotati inattesi e complessi alla luce dell’ipotesi e dell’articolata esplorazione neuroscientifica ed etologica. Una volta portati nel mondo della risata siamo condotti alla scoperta delle sue origini sociali. L’esito però non è tutto qui. Come recita il sottotitolo del libro, il valore di questo contributo va ben al di là e la risata assume la rilevanza di un indicatore delle origini del cervello sociale, non solo per noi umani, in quanto ridere non è un comportamento esclusivamente umano. Capendo cosa succede nel nostro cervello quando ridiamo, se ne scoprono complessità e significati diversi. La risata, studiata da filosofi, linguisti, psicologi ed etologi, è qui analizzata da un punto di vista inedito, e la teoria evoluzionista, che è il punto paradigmatico assunto dagli autori, consente di scoprirne le origini e i motivi. La risata ne esce sezionata certo, ma valorizzata oltremodo diventando decisamente una cosa seria nella nostra esperienza e in quella degli altri animali, proprio in alcune delle nostre vicende più essenziali e fondative, come il gioco, l’interazione sociale, l’amore, la sessualità. Fino a giungere con un procedimento stringente, fatto di esperimenti, validazioni ed esclusione di possibilità, a una individuazione del centro del controllo motorio del riso, in una cornice che è quella dei neuroni specchio e delle loro implicazioni, grazie anche alla conoscenza di prima mano di quella rivoluzione generata dalla scoperta dei sistemi mirror, nel cui ambiente uno degli autori è cresciuto, quello del Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Parma. Convocata a protagonista del controllo motorio del riso è la corteccia cingolata anteriore (ACC, anterior cingulum bundle). “L’ipotesi che ACC ospiti un sistema specchio della risata è piuttosto interessante, alla luce di quanto abbiamo detto fino ad ora su quest’area e sul network al quale appartiene”. La risata altrui attiva direttamente i centri coinvolti nella produzione dello stesso comportamento; attiva cioè i nostri centri della risata. Contagio emozionale e neuroni specchio sono alla base della modulazione sociale mediante la risonanza motoria e la risonanza emozionale.  

Se ridiamo di fronte a una scena tipica dei witz ebraici ripresa anche da Freud: “Come va? Chiede il cieco allo zoppo. Come vede, risponde lo zoppo”, abbiamo l’evidenza della complessità di un fenomeno che giunge a trattare col riso anche la sventura degli altri. I folli e gli ubriachi sono stati e sono oggetto di scherno, divertimento e riso in molte realtà culturali. Del resto se ci sarà capitato almeno una volta di non riuscire a contenere il riso in una situazione in cui non era proprio il caso di ridere, possiamo comprendere quanto complesso sia il fenomeno. Non solo, ma il riso che emerge a fronte di vicende umane diciamo così particolari, in certe aree culturali potrebbe produrre effetti indesiderati. Gli autori riportano nel libro un witz preferito dal solito Freud che presenta quel rischio: un membro della famiglia reale, in visita alle province, nota tra la folla un popolano che gli assomiglia in modo straordinario. Gli chiede di accostarsi e, con un sorriso beffardo, gli domanda: “Vostra madre è stata a servizio a Palazzo, vero?” “No. Altezza – risponde l’uomo – ma c’è stato mio padre”. 

Ponendo al centro il corpo e le emozioni gli autori esplorano il riso a partire dai processi di contagio e sincronizzazione, evidenziando come la modulazione sociale e la risonanza motoria, oltre alla risonanza emozionale, abbiano a che fare con la mimica facciale rapida. “Quante volte” scrivono, “piangiamo davanti a un film, essendo perfettamente consapevoli che l’azione cui stiamo assistendo è frutto di un costrutto scenico e privo di verità assoluta. La nostra è una risposta puramente emotiva che ci mette in sintonia con gli ‘altri’, anche quando gli altri hanno connotati puramente virtuali.” Si potrebbe approfondire quel concetto di “verità assoluta” chiedendoci: se esistesse la verità assoluta forse non ci sarebbe bisogno di regolazione e sincronizzazione. Il rapporto tra reale e virtuale è, forse, più poroso di quel che si pensi. Madame Bovary e Paperino divengono reali nella simulazione, che non è l’inganno, ma il gioco del “come se”, della mai perfetta coincidenza, in ragione della quale e nel cui spazio emerge, forse, anche il riso. I cambiamenti nel reclutamento muscolare che danno vita alla mimica facciale rapida sono velocissimi e hanno inizio nei primi 500 millisecondi dalla percezione dell’espressione facciale dell’altro. Ciò induce a pensare la mimica come un fenomeno che sta al di fuori della consapevolezza e del controllo volontario. La mimica facciale rapida o contagio della risata è presente anche nelle grandi scimmie e non soltanto nella nostra specie, così l’ipotesi del contagio della risata come fenomeno esclusivo dell’uomo si sbriciola miseramente. Come accade per lo sbadiglio, ridere da soli non basta, ma si verifica una modulazione sociale del fenomeno, anche se “in realtà non si sa se sia nato prima l’uovo o la gallina, nel senso che sicuramente la mimica rapida (come ridere insieme) aiuta a creare i legami, ma anche i legami favoriscono il fenomeno di mimica”. Per mostrare per via naturale ed evolutiva la natura del fenomeno del riso, Caruana e Palagi, valorizzando una ricerca di quest’ultima, si propongono di estendere la mimica facciale oltre il contesto ludico come accade con la sessualità, non solo tra gli umani ma anche, ad esempio, con i bonobo “a luci rosse”, come li chiamammo in una mostra al Museo delle Scienze di Trento qualche anno fa. Nella progressione dimostrativa estesamente documentata, gli autori giungono al cuore della loro ipotesi avvalendosi della scoperta dei neuroni specchio e mettendola in rapporto al contagio della risata. Ciò avviene riferendosi a quella che probabilmente costituisce una delle più profonde ipotesi di approfondimento del valore paradigmatico della scoperta dei neuroni specchio, la simulazione corporea. Se i neuroni specchio si attivano non solo quando si compiono delle azioni ma quando guardiamo qualcuno fare qualcosa, questo fatto straordinario assume particolare rilevanza per comprendere la risata e la sua contagiosità. “Secondo il neuroscienziato parmigiano Vittorio Gallese che oltre ad aver partecipato alla loro scoperta è anche uno dei loro principali interpreti”, scrivono Caruana e Palagi, “questi neuroni rivelano che le azioni degli altri innescano, nell’osservatore, un processo di simulazione corporea (embodied simulation) finalizzato a comprendere il senso del gesto osservato.” Accade insomma che nel momento in cui ci troviamo di fronte a un’azione complessa, ambigua, o di difficile comprensione, per riuscire a comprenderla meglio utilizziamo la strategia di simularla nel nostro sistema motorio. Ciò vale anche per i sistemi specchio emozionali. Gli studi condotti su questo tema, infatti, hanno mostrato che osservare espressioni negative quali il disgusto e la paura, modula l’attività di regioni coinvolte quando noi stessi proviamo queste emozioni come l’insula e l’amigdala. Oltre al sistema specchio per le azioni localizzato nel sistema motorio, anche diverse aree emozionali sembrano essere dotate di sistemi specchio paralleli, che proiettano le espressioni emozionali altrui sulle aree adibite che ci permettono di provare quelle emozioni. La combinazione tra risonanza motoria e risonanza emozionale suggerisce che in particolare quest’ultima giochi un ruolo importante nell’assorbire una parte delle pratiche culturali, incidendo non solo sul nostro comportamento espressivo ma anche sulla vita emozionale degli individui in una comunità. “Il sistema specchio della risata potrebbe infatti rappresentare una via d’accesso per mezzo della quale le abitudini emozionali di una comunità possano plasmare il nostro cervello emozionale”. Per questa via l’esplorazione di Caruana e Palagi si configura come la messa a punto di un approccio definito “teoria dell’interazione sociale”, in cui il riso assume una natura essenzialmente comunicativa, in quanto la sua funzione primaria è quella di comunicare che “la situazione è sicura”. Aver adottato con rigore un approccio naturalistico ed evoluzionista ha consentito agli autori di individuare nell’interazione sociale il codice d’accesso ai segreti del riso, sia che si tratti di una genuina risata tra amici, sia che si tratti di stand-up comedy, sia che si tratti di una risata strategica o conversazione che è controllata da un sistema neurale differente. 

Il percorso che porta gli autori a proporre e a dimostrare la propria ipotesi si snoda in cinque capitoli oltre al sesto di cui ci siamo ampiamente occupati. Avendo deciso di fare i conti con la messa in evidenza delle modalità errate di concepire il riso, nel primo capitolo vengono affrontati duemila anni di interrogativi e teorie sulla risata, mostrando i fallimenti e gli errori di quelle teorie. È l’etologia del gioco e della risata emozionale che nel secondo capitolo prepara le basi per accedere alle neuroscienze della risata emozionale, dopodiché viene approfondita una spiegazione naturalistica dello humor, nel quarto capitolo, e nel quinto le caratteristiche della risata volontaria e del suo uso strategico. L’ampiezza dei riferimenti e l’esame della letteratura scientifica sul tema del riso, documentati in un’ampia bibliografia, fanno di questo testo un necessario punto di riferimento per comprendere una delle esperienze più diffuse nella nostra quotidianità e allo stesso tempo, almeno finora, meno compresa.  

Per certi aspetti la risata assume i connotati di un “atto di creazione”, perché modifica il campo relazionale in cui agisce. Non solo, quindi, evolviamo di stato in stato, di maschera in maschera, nella nostra presenza sociale ma, a livello più profondo, nel silenzio della nostra struttura biopsichica, non siamo fissi: gli atti percettivi sono atti creativi sia in quanto creiamo il mondo fenomenologico di cui siamo parte, ma anche perché creando quello ri-creiamo, ri-modellandola ogni volta, la nostra stessa materia costitutiva. Nonostante la nostra esigenza di fissare un’idea di noi stessi e del mondo per una provvisoria sensazione di sicurezza e stabilità, è nel continuo divenire ad ognuno dei livelli della nostra vita, seppur con tempi diversi, che siamo vivi. Uno dei modi per divenire ed essere gli animali sociali che siamo è ridere con gli altri. Magari anche di noi stessi.

Sono in treno da Roma a Venezia. Ho appena finito di studiarmi il libro di Caruana e Palagi per scriverci per doppiozero. Un libro di 183 pagine di un’intensità documentata scientificamente ma di godibile e fluida lettura, come raramente accade nei saggi scientifici. Dalla cappelliera, dove una famiglia svedese, – madre, tre figli, un preadolescente, una ragazza appena più giovane e un ragazzino di circa 10 anni –, ha stipato una composizione variegata di bagagli, quasi un trasloco, cade un i-pad e lo schermo diventa una tela di ragno. Il ragazzino raccogliendolo esplode in un pianto disperato. Il fratello e la sorella in una risata incontenibile. Provano a nascondersi per non farsi vedere e non riescono a smettere di ridere. Lui invece non solo urla e piange ma all’improvviso tocca lo schermo facendovi scivolare sopra le dita. Si ferisce e sanguina. Il fratello e la sorella allora smettono di ridere e si agitano preoccupati mentre traspare in loro un evidente senso di vergogna per la risata precedente. Tra la mamma che soccorre il ragazzino e il fratello e la sorella che gli offrono il proprio i-pad si compone un quadretto cooperativo emergente da quella complessa dinamica di interazione sociale.

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