Federer, Nadal, Djoković

6 Febbraio 2023

«(Agassi ndr): Avvicinandomi alla rete, ero sicuro di aver perso col migliore, con l’Everest della prossima generazione».

Il tennis è uno sport complesso e al contempo molto semplice. Due persone, una pallina, quattro linee a tracciare un rettangolo, una rete. Buttarla al di là della rete, prenderla prima del secondo rimbalzo, fare punto. Diritto, rovescio, servizio, volée, smash, top spin, lob, passante, lungolinea, smorzata, controsmorzata, palla corta e così via. Superficie veloce, il cemento, e poi l’erba, e poi la terra battuta. Il tennis è uno sport tra i più belli e seguiti, tra i più inspiegabili al di fuori delle regole. Si parla sempre di un misto tra talento, tecnica e forza mentale.

La concentrazione, ecco, sembra che nel tennis ne occorra di più, forse perché chi gioca è solo, la concentrazione è sempre individuale ma in uno sport di squadra è condivisa con qualcuno, nel tennis non succede. Il tennis è uno sport complesso, semplice e meraviglioso, ed è la meraviglia che non si spiega, non si può ragionare sul perché milioni di persone di ogni età stiano anche per cinque ore e più a guardare due tizi che si scambiano una palla. La bellezza arriva ed è fatta di molte cose, a volte sondabili, altre no. Il tennis è uno sport complesso e semplice, ma soprattutto è un gioco.

Gioco, è il motivo per cui Sinner – uno dei tennisti più promettenti in circolazione – ha scelto il tennis rispetto allo sci, dove pure prometteva bene. I motivi della scelta di Sinner li leggiamo verso la fine del bellissimo libro di Sandro Modeo, I tre. Federer, Nadal, Djoković e il futuro del tennis (66thand2nd, 2023). È molto bello che Modeo ritorni con un nuovo testo, in molti ricordano due libri suoi che hanno fatto la storia recente della letteratura sportiva L’alieno Mourinho e Il Barça (editi entrambi da ISBN). Se si vuole capire lo sport e dei modi in cui possa essere raccontato non si può evitare di leggere Sandro Modeo (non parliamo solo dei libri ma anche degli articoli), leggerlo equivale a mettersi comodi tra pagine di letteratura, perché è di questo che parliamo. Non è mai l’argomento a essere importante ma il modo in cui viene trattato. Leggere Modeo è un piacere per gli appassionati ed è fondamentale per chiunque scriva voglia scrivere di sport.

«Ma c’è un altro vantaggio non trascurabile: la palla del topspin di Rafa non solo – come abbiamo chiarito – atterra dopo ma più velocemente: accelera di più anche dopo il rimbalzo, perché atterra con un angolo molto più scosceso. Questo secondo vantaggio, per la verità, è molto accentuato dalla terra rossa – anche quella più veloce degli ultimi anni – dove ogni impatto lascia un minuscolo cratere».

Veniamo al libro, il tennis è un gioco, dicevamo, anche tifare lo è, anche scegliere un giocatore al posto di un altro lo è. Chi scrive questo pezzo è stato tifoso di McEnroe ed è stato tifoso di Roger Federer, e forse bisognerebbe coniugare questo tifo al presente, perché mai dovremmo smettere di amare uno sportivo quando ha smesso? Proprio mentre cominciavo la lettura di I tre si disputavano i primi turni dell’Australian Open, con Nadal uscito molto presto per infortunio, Federer non più nel tabellone (in qualunque tabellone), Berrettini subito eliminato, Sinner ancora da vedersi (poi in effetti ha perso al quinto da Tsitsipas agli ottavi), pensavo di seguire il torneo in maniera abbastanza laica, salvo poi appassionarmi per qualche guizzo del mai risolto Dimitrov e invece accade l’imprevisto – che mi è sembrato un trailer del libro di Modeo – mi sono trovato a tifare per Novak Djoković per la prima volta nella mia vita e solo per una partita.

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Un Novak mezzo infortunato, con la coscia fasciata, che faceva fatica ad allungarsi alla sua sinistra, che cedeva un set a Couacaud (chi?), che dopo ogni punto aveva gli occhi un po’ umidi e un po’ spiritati. Quel giorno per la prima volta non volevo che perdesse, e non ha perso. Ho cominciato a leggere il libro e ho capito che forse avevo bisogno che uno dei tre ci fosse ancora per un istante, ancora per qualche tempo. Perché Djoković non va analizzato (e raccontato) da solo, ma sempre insieme agli altri due. Perciò finché resta in gioco Novak, gioca anche Rafa, gioca ancora Roger.

«Del resto, il percorso che abbiamo seguito per rispecchiare la parabola dell’Apollo ha qualcosa di oggettivo: Federer è cioè un tennista la cui aura estetico-cinetica – la cui radiance – ha spesso dovuto coesistere con lo scacco, il pianto e il rimpianto».

I tre hanno dominato e reinventato il tennis per vent’anni, hanno fatto molto di più che sfidarsi tra loro – vincere o perdere tra loro –, parliamo di 64 slam, una cosa talmente costante e duratura che per forza di cose ha mutato le regole del gioco, e non parliamo del modo in cui si assegnano i punti, ma del modo in cui ogni colpo di Roger, Rafa e Novak abbia ridefinito il modo di giocare, la maniera di stare in campo, il come si colpisca la palla. Questo è un aspetto fondamentale del racconto di Modeo. Per entrare dentro al percorso straordinario dei tre – che ha ridefinito i concetti di rivalità sportiva e di record – Sandro Modeo usa la matematica, il mito greco, la scienza, la filosofia e il suo talento per la prosa bella. Si parte dalle origini di ciascuno dei formidabili tre e si va a finire (come accennavamo all’inizio) al futuro del tennis (evocato più volte in questi anni e non ancora arrivato, almeno non del tutto).

Modeo racconta la scoperta del tennis, la gestione da parte dei familiari, le origini borghesi per Federer e Nadal. Le scelte, i primi colpi, i primi allenamenti, la rivelazione del talento e della forza. Il primo slam di Roger, l’arrivo di Nadal prima ripartizione del regno, il successivo arrivo di Djoković, la tripartizione del regno. Sono tre ma in fondo è uno solo, una creatura mitologica. Si sono migliorati a vicenda ma chi è il più forte? E ci serve davvero saperlo? Esiste solo il preferito di ciascuno di noi. E poi le debolezze mentali di Federer che gli sono costati qualcosa di più di qualche slam, fino a quello che nessuno potrà dimenticare: Wimbledon 2019.

Quel giorno, il 14 luglio, Federer perde da Djoković, una delle finali più belle di sempre, dopo aver battuto in semifinale Nadal. Quel giorno qualcosa non si compie, per Roger e per i suoi tifosi, Novak sembrava battuto, solo che Novak non è mai battuto, è sua la battuta che recita, più o meno: i tornei si vincono la domenica nel pomeriggio, e il 14 luglio è una domenica pomeriggio ed è l’ultima finale in uno slam di Federer.

«I tre (pardon i Tre) Silmaril non sono ancora stati chiusi tutti assieme nella custodia di cristallo; il cielo non è ancora sgombro dai Nazgûl».

Modeo ci riporta dentro i match più belli, Federer contro Sampras e Agassi, Nadal e Federer, Nadal e Djoković, il serbo e Roger; lo fa attraversando i colpi – incantevoli -e i racconti di quei giorni, immagina, ci porge aneddoti che suonano come le battute riuscite dei film. Li chiama per nome e poi per soprannome: Apollo, Venom, Djoker, li ammira ma non li idolatra. Tra un passante lungolinea e un rovescio a due mani fa passare van Basten, il Barcellona di Guardiola, i Metallica e Mozart (citando e poi rielaborando Foster-Wallace), libri, musica, teatro antico. Ci spiega il complesso meccanismo dell’amicizia tra Rafa e Roger, forse sono amici ma non del tutto, sono stati rivali e l’essere amico nasce forse da un tipo di riconoscenza, l’uno ha migliorato l’altro e loro due insieme hanno migliorato Novak e da lui hanno preso.

Stare in queste pagine è un po’ come trovarsi sugli spalti della finale di uno slam, avendo pagato un prezzo minore di quello usuale, e assistere a omicidi ripetuti, tragedie greche, poesie in metrica perfetta recitate a memorie. Stare nelle parole di Sandro Modeo significa guardare al gioco del tennis degli ultimi anni con maggiore attenzione, come da uno specchietto retrovisore tirato a lucido. Da lì, andando all’indietro, vediamo con chiarezza tutta la luce di cui è fatto Federer, la forza e la varietà tecnica di Nadal, il controllo di cui è capace Djoković e ci commuoviamo un po’, perché quella cosa sta finendo, dal ritiro di Roger è già finita e siamo un po’ disorientati, un po’ orfani ma anche molto curiosi. Modeo, curioso come noi, nell’ultima parte del libro, immagina il futuro e mette a chi legge voglia di andare a vedere.

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