Fuori! Potere agli adolescenti
Gli adolescenti: conflittuali, mutaforma, egocentrici, brutali. Vivono di e nel caos, dei luoghi, delle relazioni, dei corpi. In una TED di qualche anno fa, la psicoterapeuta Stefania Andreoli bene affermava che “l’unico contratto che sembrano disposti a ottemperare è quello che hanno stipulato con la loro vita”. Gli adolescenti, sì, proprio loro, quelli che abbiamo ignorato mentre la pandemia si mangiava in silenzio i loro anni più selvaggi; quelli che noi – noi adulti – non possiamo capire (per fortuna, nostra e loro), che se ci va bene li sottovalutiamo e se ci dice male li sminuiamo senza pietà. Non prima di avergli lanciato in faccia, prepotentemente, tutti i problemi del mondo e avergli chiesto, tra l’altro, di risolverli. Alle nostre regole però. A 15 anni oggi devi trovare una soluzione intelligente al cambiamento climatico mentre negozi il coprifuoco con i tuoi per il sabato sera.
Sono loro i protagonisti del festival FUORI!, la grande festa che ha concluso un progetto sperimentale di ERT / Teatro Nazionale, promosso dal Comune di Bologna e curato da Silvia Bottiroli, durato un anno, con lo scopo di agitare lo spazio urbano interrogando proprio le voci dell’adolescenza. Attraverso la collaborazione con artisti e artiste, italiani e internazionali – tra gli altri: Eva Geatti, Marco Martinelli, Samara Hersch, Bluemotion / Giorgina Pi, Mammalian Diving Reflex, Muna Mussie – FUORI! ha intercettato i giovani e le giovani nei licei, nei quartieri periferici, nelle strade e nei luoghi occupati della Città Metropolitana di Bologna e ha dato loro la possibilità di raccontarsi, senza aspettative, fuori dagli schemi di potere a cui sono soggetti, fuori dai luoghi e dai linguaggi istituzionali, fuori dalle gerarchie e dai binarismi.
Il festival si è aperto il 25 maggio con un dialogo tra l’attivista e militante trans Porpora Marcasciano e il filosofo e curatore d’arte Paul B. Preciado intorno alla sua ultima pubblicazione, Dysphoria mundi (Fandango Libri, 2023), un’opera-mondo in cui dichiara che la disforia, il bisogno di transizione e disallineamento alla rigida realtà del potere, si è travasata post pandemia dal desiderio intimo e individuale a quello collettivo, ed è diventata futuro tangibile e immaginabile. La Lettera allε nuovε attivistε, con cui il testo si chiude, è il filo rosso che attraversa tutto il festival.
Il dispositivo scelto dal festival è stato quello della colonizzazione dello spazio urbano come luogo di corpi in movimento: gli eventi hanno invaso la città di Bologna in lungo e in largo, in un rapporto sempre sfidante con chiunque la attraversasse. Piazza San Francesco ha ospitato gli incontri con Carolina Bianchi, Stefano Laffi, Marta Kiel e Alexander Roberts, l’installazione del TRANS* CAMP, un “camping immaginifico” dove creare e far deflagrare infinite visioni del mondo, e MAI+, a cura di F. De Isabella, la restituzione di un tentativo di assegnare valore ai segni lanciati dalla città attraverso l’arte visiva. Mentre al Teatro delle Moline si poteva assistere ogni giorno alla proiezione di The Undercurrent del regista britannico Rory Pilgrim, una esplorazione lirica dell’impatto del cambiamento climatico sulle vite di giovani attivisti e attiviste di Boise, nell’Idaho, Via Indipendenza veniva tappezzata dei poster del collettivo artistico CHEAP, concentrati sulla riappropriazione dello spazio pubblico.
Uno spazio pubblico agitato dalle molte “camminate”: Nightwalks with teenagers, una performance curata dalla compagnia canadese Mammalian Diving Reflex, in cui un gruppo di studenti, in completa autonomia, ha condotto il pubblico attraverso le strade del centro sfidandolo a giocare, a incontrarsi e socializzare, tra passerelle e lanci delle monetine nel fiume Reno per esorcizzare la paura della notte; Attrito, progetto speciale nato da un’idea di Anna Rispoli e Silvia Bottiroli, un itinerario fisico e collettivo dentro le esperienze di occupazione scolastica, nel contesto di uno spazio selvatico urbano; e ancora Percurso, spettacolo itinerante diretto dalla regista e performer brasiliana Carolina Bianchi, sui temi dell’abuso e della violenza sessuale.
La riflessione sui corpi nello spazio è stata al centro anche di Body of Knowledge, spettacolo diretto dalla regista e artista australiana Samara Hersch. Nell’ex Chiesa di San Mattia in via Sant’Isaia, un gruppo di adolescenti, fisicamente assenti, ha coinvolto il pubblico in una serie di telefonate – uno a uno o in piccoli gruppi – per interrogarsi collettivamente su temi come la sessualità, l’attivismo, la felicità, il bisogno di approvazione, il rapporto con i genitori e gli amici; un intimo ma efficace esercizio di condivisione dello spazio, finito con una pizza margherita mangiata su dei gonfiabili (a forma di pizza) dentro un fortino di lenzuola costruito al centro della navata.
Ancora più semanticamente politicizzato, fin quasi al parossismo, Lucciole, un progetto di Bluemotion ideato dalla regista e drammaturga Giorgina Pi che, sulla scia del Pilade di Pasolini (prodotto quest’anno da ERT e richiamato visivamente dalla roulotte sullo sfondo), ha intrecciato il desiderio di fare e farsi comunità con il pensiero trans, queer e non binario, attraverso le voci di un gruppo di liceali che rimbalzavano nelle cuffie mischiandosi alle parole di Kae Tempest e di Paul B. Preciado, mentre sullo sfondo si accendevano le luci, le lucciole, di una nuova geografia culturale.
In questa settimana di festa, i giovani protagonisti di FUORI! ci hanno regalato il migliore degli scenari possibili, l’unico che possono concepire: la possibilità di stare al mondo in modi mai pensati, mai osati. Pervasi dall’ottimismo di un futuro ancora tutto da riscrivere.
Nell’ultima immagine un momento di Nightwalks with teenagers a cura di Mammalian Diving Reflex
Fotografie di Margherita Caprilli.