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Keynes, la Russia, l’Europa

8 Agosto 2024

Nell’autunno del 1919 John M. Keynes scriveva Le conseguenze economiche della pace: criticava la Conferenza di Versailles che aveva posto fine alla Prima guerra mondiale gettando le basi di un futuro drammatico per l’Europa. Aveva ragione. L’umiliazione della Germania con le c.d. riparazioni porterà a nuovi tiranni, al nazismo e alla Seconda guerra mondiale. La bancarotta e la decadenza dell’Europa ne deriveranno. Anche il rapporto delle potenze europee con la Russia bolscevica è criticato aspramente da Keynes. L’Europa ha bisogno del grano russo: “dopo il 1920, il bisogno di rifornimenti russi sarà ancora più grande… se le relazioni commerciali con la Russia non saranno ristabilite, il grano del 1920-21 sarà scarso e assai caro. Il blocco della Russia proclamato ultimamente dagli Alleati rappresenta una politica pazza e dalla vista corta; noi stiamo bloccando non tanto la Russia ma noi stessi”. Quali rimedi proponeva Keynes? Due: il non intervento militare delle potenze europee alleate nella Russia sovietica (dove è in corso una guerra civile) e il ruolo della Germania per fornire ai contadini russi i macchinari e gli accessori indispensabili per aumentarne la produttività, il tenore di vita e la crescita economica e civile. Solo la Germania ha l’esperienza, l’incentivo, la possibilità di farlo, mentre è impossibile che lo facciano gli inglesi, i francesi e gli americani, scriveva il grande economista inglese.

Possiamo scorgere in questa lezione una guida per l’oggi, cento anni dopo? In apparenza no. Le parti si sono invertite. La Russia sovietica si è nel frattempo dissolta, un nuovo tiranno guida il Paese che stavolta aggredisce l’Ucraina e minaccia i Paesi vicini, mentre allora la Russia era vittima dell’intervento europeo, e in particolare tedesco, a fianco dei “bianchi” (La guardia bianca di Bulgakov ne narra la storia, ambientata proprio a Kiev!). L’Europa oggi risponde con le sanzioni economiche e con il sostegno militare al Paese aggredito, come è indispensabile che sia. Manca però oggi come ieri una visione del futuro, quella formazione dell’opinione universale del futuro che concludeva il libro di Keynes. Esso sostiene che esiste una solidarietà economica che va al di là della stessa solidarietà morale; che i mercati del mondo costituiscono un solo grande mercato. E siamo nel 1919!

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Come potrebbe svilupparsi la solidarietà economica di cui parlava Keynes, oggi? Credo in due direzioni. La prima è di favorire in ogni modo la trattativa per accordi sul grano – ancora essenziale – che dall’Ucraina e dalla Russia alimentino i mercati mondiali, e in particolare del Medio Oriente e del Nord Africa che ne dipendono. Una capacità negoziale deve affermarsi e una guida mondiale, anche nel conflitto più duro, deve risiedere in nuovi organismi, mentre l’Organizzazione mondiale del commercio e le altre agenzie delle Nazioni Unite restano impotenti. La pace richiesta dall’Ucraina a metà giugno a Ginevra, una pace giusta che sancisca il diritto all’autodeterminazione dei popoli, può essere favorita dalla solidarietà economica di cui parlava Keynes. Questo romperebbe o almeno depotenzierebbe anche l’asse tra Russia, Cina e Paesi del Sud del mondo (Africa, Brasile etc.) che si sta invece profilando. La seconda direzione mi sembra sia nel sostegno alla società civile russa, soprattutto nella sua componente più giovane e qualificata, che ha lasciato il Paese dopo il 2022. Si tratta di 500.000 – 1 milione di persone secondo le stime. Sono quattro categorie: giornalisti e opinionisti, ricercatori universitari e scienziati, manager e imprenditori, infine informatici. È la materia grigia, sono i “creativi” russi. Vanno nelle repubbliche ex sovietiche e in Unione Europea, Germania in testa. Pessima idea di vietare i visti ai cittadini russi da parte di Paesi europei. Al contrario questa società civile, la futura classe dirigente del grande Paese dopo che il tiranno sarà caduto, va sostenuta e in ogni modo, e va creata una rete di solidarietà economica intellettuale e civile europea che li includa, li aiuti a svilupparsi in attività creative di valore economico, e li organizzi. Impresa, ricerca, arte, industria culturale, intelligenza artificiale, etc. sono i campi in cui l’Europa può esercitare questa solidarietà organizzata. 

Potrebbe nascere una struttura ad hoc per favorire questo processo, sostenuta e finanziata dall’Ue? Si tratta infatti di una nuova grande emigrazione intellettuale e civile con forti ricadute economiche e culturali, dopo quella europea in America negli anni del nazismo, stavolta una grande emigrazione russa nella nuova Europa in grado di disegnarne il futuro. Dando all’Europa un ruolo nuovo. E cosa faranno i “creativi” europei per sostenere tutto questo, ciascuno nel proprio campo di lavoro intellettuale e professionale?

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