Aresu: i signori delle macchine

22 Novembre 2024

“Il signore delle macchine è il servo. La sua sottomissione è il suo dominio. Non per organizzarsi politicamente per diventare signore. Figuriamoci. Tutto ciò serve per continuare a dominare, da servo. Tutto ciò serve per far giungere alla sua corte un numero sempre più ampio di clienti, che esercitano costantemente la loro creatività da progettisti, che sono soddisfatti della continua riproduzione, con la massima precisione e senza errori, di tutte le loro idee, pronte per essere impacchettate e spedite da Taiwan a qualsiasi angolo del pianeta. “Il miglior fabbro”.”

Dove siamo? Nelle pagine di Hegel rilette da Kojève? In un romanzo di fantascienza tipo Dune? In margine a una dedica colta, come quella di T.S. Eliot a Ezra Pound?

Un po' in tutto ciò, e anche in altro. Siamo nell’ultimo libro sterminato, 560 pagine, di Alessandro Aresu. Il titolo, Geopolitica dell’intelligenza artificiale (Feltrinelli 2024) già colpisce perché mette insieme due mondi apparentemente distanti. Le potenze del capitalismo politico, USA e Cina, si scontrano per il dominio sui microprocessori, chiave di volta dell’industria moderna. Li faceva Intel, americana, li fa ora TSMC, taiwanese. I cinesi non stanno a guardare. Da quei microchips dipende il funzionamento di ogni macchina, anche delle macchine sapienti dell’Intelligenza Artificiale. Il libro ne traccia l’origine e il destino, l’approccio non è tecnologico ma filosofico. Allievo di Massimo Cacciari cui il libro è dedicato, Aresu ha lasciato la filosofia (anni fa un bel testo di filosofia della navigazione era stato il suo esordio) per la geopolitica, di cui è esperto consulente di Limes. In fondo la geopolitica è “volontà di potenze” messa a confronto, quindi filosofica anch’essa. Le potenze sono quelle, USA Cina Russia etc., che si spartiscono le zone di influenza e si scontrano politicamente e militarmente. Ma ormai sono anche le potenze demoniache della tecnica, Elon Musk che domina lo spazio con i suoi 7.000 satelliti e i progetti di SpaceX. Sono anche le piattaforme che dominano Internet e l’Intelligenza Artificiale (IA). Aresu ci mostra il laboratorio dove queste potenze titaniche, demoniache, forgiano i propri arsenali.

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Il libro è scritto in uno stile narrativo, sceglie di raccontare le biografie dei personaggi. Sono cinesi che vanno in America a fare fortuna e fondano imperi: Morris Chang, fondatore di TSMC, e una generazione dopo Jen-Hsun (americanizzato Jensen) Huang, fondatore di NVIDIA: le due principali potenze tecnologiche alla base dell’IA. Sono raccontati come degli eroi, eroi del lavoro e del capitalismo, non vogliono sindacati tra i piedi, solo dedizione alla causa del profitto. Modi di produzione asiatici. Un tempo il cinese era considerato, da Nietzsche, il tipo dell’obbedienza senza cittadinanza. E infatti sono servi questi imprenditori, sono pronti a dominare da servi – come nell’incipit hegeliano da cui siamo partiti.

Un filosofo del 1600, Leibnitz, sta all’origine dell’intelligenza artificiale. Infatti, è lui che coltiva l’arte della memoria e del calcolo: ricondurre ragionamenti complicati a calcoli semplici. Le macchine libereranno l’uomo dalla fatica del calcolo, questa la grande intuizione di Leibnitz. E anche geopolitica: il calcolo infinitesimale e la conquista dei commerci con l’Oriente stanno insieme nella mente di Leibnitz. Egli vedrà nel rapporto con la Cina, esplorato grazie ai gesuiti missionari, la più importante occasione per l’Europa del suo tempo. Ma l’abilità di Aresu è di raccontarci la “filosofia pratica” che ispira Shane Legg, un ragazzo dislessico della Nuova Zelanda che sarà tra i fondatori di DeepMind,  o Jürgen Schmidhuber, l’informatico tedesco che sviluppa il deep learning, e i loro incroci: si incontreranno a due passi da noi, a Lugano, nell’IDSIA, l’istituto per l’intelligenza artificiale fondato da un imprenditore veneto, quel Dalle Molle che aveva inventato il Cynar… Storie intrecciate di intelligenze umane che concorrono a creare l’intelligenza artificiale.  Personaggi, come il filosofo inglese John Lucas, scorrono nel libro a mostrarci che la mente umana è in grado di comprendere contraddizioni e paradossi che quella artificiale non comprende, come pure la “creatività” che è solo nostra.

Aresu ci guida attraverso le leggi, che tali non sono, che guidano l’accelerazione dei rendimenti delle macchine: i GPU, Graphics Processing Unit, circuiti specializzati progettati per accelerare la creazione di immagini in una memoria temporanea destinata all’output su un dispositivo di visualizzazione (come lo smartphone o il computer). Questa volontà di accelerazione deriva dal dominio delle aziende che vogliono moltiplicare i propri rendimenti e le proprie vendite ovunque nel mondo. Ma si scontrano con la politica rivale degli Stati, come USA e Cina, che non possono permettere che tutto sia venduto dai propri concorrenti entro i propri confini. Ecco ricomparire la geopolitica. Eppure, tra le aziende di IA è tutto un fiorire di intese e di acquisizioni tra USA e Cina, Mobileye per la guida autonoma si allea coi cinesi di FAW, NVIDIA con quelli di Xpeng e con BYD, l’azienda cinese leader mondiale della mobilità elettrica… Gli studi sul linguaggio di Amnon Shashua, israeliano fondatore di Mobileye (acquistata da Intel per 15 miliardi di dollari) promettono che avremo presto in tasca uno strumento che permetterà di avviare una conversazione con Einstein, o qualsiasi altro studioso ti venga in mente. E Deepmind, fondata a Londra da Shane Legg, Mustafa Suleyman e Demis Hassabis, per fare avanzare la scienza a beneficio dell’umanità (sic), viene finanziata da Peter Thiel ed Elon Musk, i capitalisti demoniaci della Silicon Valley, fino all’acquisizione da parte di Google. Ne verranno anche nuovi farmaci ottenuti grazie all’IA: si progetta la vita (attenzione! siamo in piena biotecnopolitica), e si scoprono milioni di nuovi materiali (destinati ad alimentare una nuova danza delle macchine).

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Tante storie. Molte a lieto fine, a coronare il sogno americano di immigrati geniali. A volte storie di imprenditori senza scrupoli, come Peter Thiel e Elon Musk, pronti al patto col diavolo pur di affermare il proprio impero personale. Drammatica quella di Eyal Waldman, israeliano fondatore di Mellanox (reti, memoria, sicurezza) che vende agli Stati Uniti e vorrebbe farlo anche alla Cina, all’Arabia Saudita e nel mondo, e che dice riferendosi ai palestinesi “dobbiamo smetterla di ammazzarci a vicenda”: il 7 ottobre 2023 accorre dall’Indonesia per scoprire che la figlia, e il suo ragazzo, sono tra le vittime dell’attacco terroristico di Hamas.
Un po' dispiace che il libro non raccolga le preoccupazioni di chi vede nell’IA generativa un fattore che rafforza le diseguaglianze socioeconomiche e incide sul policy making favorendo la diffusione di cattiva informazione o disinformazione, con gravi effetti politici (come messo in rilievo da un nutrito gruppo di studiosi incluso il premio Nobel Daron Acemoglu in un articolo pubblicato da PNAS NEXUS, Oxford U.P., 3, 2024). O le voci critiche molto documentate sull’effetto insostenibile del consumo di risorse naturali dell’IA (come nel libro di Kate Crawford, Né intelligente né artificiale, Il Mulino 2021).
In questo senso Aresu pecca forse di un, certo intelligente e sofisticato, ottimismo tecnologico o meglio “realismo” tecnologico, che gli viene dalla filosofia ma trascura la componente critica, pur così presente in autori da Aresu ben conosciuti e citati come Weber e Polanyi.
Belli i ritratti dell’America vista da Ludwig Bolzmann, il genio viennese della meccanica statistica di inizio ‘900, che vede qui l’Eldorado ma ha molte riserve sugli americani, e da Joseph Schumpeter, il grande economista che vede il futuro americano dominato da monopoli che metteranno a rischio lo stesso capitalismo. Profetici.

Per questo, deludente è la parte del libro dedicata a Elon Musk e Peter Thiel. Il primo, l’imprenditore-superuomo che usa la sua piattaforma X per sostenere Trump, viene accreditato così: “Quello che fa Musk, inoltre, ha un’enorme forza culturale e politica, che non può essere eguagliata da nessuno dei suoi critici. SpaceX e Tesla sono costantemente in cima alle preferenze degli studenti di ingegneria degli Stati Uniti. Se l’America rimane un magnete di talenti, quei talenti corrono verso Elon Musk”. Il secondo, un importante investitore sull’IA, sostenitore anch’egli di Trump e di Vance, abilita le imprese del sistema militare-industriale, pensa all’IA come sistema di controllo, delira sull’intelligenza artificiale comunista cinese. Meglio sarebbe stato ricordare che Thiel, studente a Stanford di René Girard, ha fatto del pensiero del grande filosofo un uso spregiudicato e provocatorio: ha immesso nelle piattaforme e nei social media il desiderio mimetico, l’invidia, il capro espiatorio, cioè le categorie concettuali imparate dal maestro che certo non ne avrebbe affatto gradito un simile utilizzo. 

Il discorso ritorna alto invece, quando Aresu affronta la rozzezza delle imprese e dei teorici dell’IA sui grandi temi dell’etica, dei valori e del futuro della società umana. Il loro semplicismo è sconsolante, non capiscono nulla di Machiavelli, cioè del rapporto tra principe, potere e popolo. Alla fine, emergono come giganti i grandi pensatori europei che Aresu ha studiato da ragazzo, Kojève e Strauss. Scrive il primo al secondo, che a Chicago aveva avviato la scuola che formerà i politici conservatori americani del ‘900, che “non uomo può significare tanto “animale” (o meglio-autómaton) quanto “dio”... Gli autómata “sani” sono “soddisfatti” (sport, arte, erotismo ecc.) e quelli “malati” vengono messi in prigione”. Non poteva finire meglio questo importante libro di Aresu sull’intelligenza artificiale alla fine della storia, che con queste parole di Kojève.

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