La casa di Marzapane di Jennifer Egan
Una cinquantina di pagine riuscite possono bastare per dire di non aver perso tempo a leggere La casa di marzapane di Jennifer Egan (traduzione di Gianni Pannofino, Mondadori 2022, pagg. 377): sei pagine sono quelle dalla 48 alla 52, quando incontriamo Alfred, che prova l'irresistibile tentazione di emettere urla spaventose mentre si trova in pubblico (qui è su una navetta dell'Avis stipata di gente all'aeroporto O'Hare di Chicago); un'altra trentina, da pagina 237 a pagina 267, quando i caratteri tipografici cambiano e l'autrice racconta un tentativo di femminicidio attraverso il racconto salmodiante della vittima, che usa la seconda persona plurale, abituata a pensare come le hanno insegnato le Istruzioni Operative della Missione per la quale lavora ("Solo notando una donna in tutto e per tutto simile a voi, rannicchiata e sanguinante sul fondo di una barca, vi renderete conto di quel che è successo", "Non perdete mai di vista il vostro corpo: se la vostra mente perde i contatti con il corpo, il loro ricongiungimento potrebbe risultare difficile, se non impossibile", "Il rumore di un elicottero è intrinsecamente minaccioso", "Un elicottero senza luci è un incrocio tra un pipistrello e un insetto mostruoso", "Resistete all'impulso di sfuggire a questa apparizione: è venuta a salvarvi"); infine da pagina 274 a pagina 280: il ritratto mirabile di una donna ostinata che varca il limite della staccionata di un giardino sfidando i vicini.
Sono descrizioni perfette, nelle quali l'invenzione letteraria e la forza del racconto risvegliano il lettore da una sorta di torpore meccanico, che lo ha preso (almeno me) leggendo il resto, macinando pagine senza mai capire fino in fondo di chi si sta parlando, cosa sta succedendo, chi è figlio di chi. Nel 2010 la Egan aveva vinto il Pulitzer con Il tempo è un bastardo, dove un capitolo scritto direttamente in PowerPoint e un altro in testspeak rifacevano il linguaggio e il parlato dei minacciosi smartphone dell'era tecnologica.
In questo nuovo lavoro Jennifer Egan sembra voler scrivere un romanzo come fosse la Rete, tante storie separate ma invisibilmente connesse come sui social: non raccontandola, quindi, ma cercando di riprodurla. In un frammento rivelatore, un personaggio, Gregory, guarda dalla sua finestra i rettangoli illuminati in un condominio di fronte, dall'undicesimo piano di un palazzo alto nell'East Village. Proprio come farebbe su Instagram, comincia a monitorare "la varietà delle esistenze umane che si svolgevano dietro quelle vetrate.
Aveva guardato un uomo che si masturbava davanti al computer mentre la moglie/compagna dava da mangiare alla figlioletta nella stanza accanto (Il Segaiolo). C'era la Giardiniera, che curava una dozzina di globi di vetro, fra loro collegati a coprire la sua finestra, ognuno con dentro una pianta. La Coppia Cocainomane, lesbiche di mezza età, che sniffavano a tarda sera e poi si mettevano a pulire il loro appartamento come furie, finché l'Ingranaggio Aziendale, uno che dormiva con la pistola sotto il cuscino in un'anonima camera adiacente, non cominciava a percuotere il muro perché la smettessero".
Se non fosse che i social lo fanno meglio, il tentativo di restituire con uso di metonimia la frammentarietà dell'esistenza in questo scorcio di secolo sarebbe stato interessante. Se solo la Egan avesse scelto un modo scorrevole di raccontare, evitando di ricominciare daccapo ad ogni capitolo, trovando la maniera di ricongiungere a un certo punto i destini dei numerosi personaggi, che in effetti hanno legami tra loro, ma solo accennati: invece tutto resta slegato, come i post su facebook, dove ognuno parla più che altro a se stesso, mentre fa finta di rivolgersi ad altri. Un volonteroso risvolto di copertina cerca di mettere un po' d'ordine, spiegando che "Bix Bouton è assurto a semidio della tecnologia grazie allo straordinario successo della sua società, Mandala (...)
È il 2010. Nel giro di un decennio la nuova tecnologia di Bix, Riprenditi l'inconscio, che ti consente di accedere a qualsiasi ricordo tu abbia mai avuto e di condividerlo, in cambio dell'accesso ai ricordi degli altri, ha sedotto moltitudini". Da questa invenzione si dipanano le storie della famiglia di Bix, delle sue due figlie, e di una moltitudine di personaggi di contorno, molti dei quali resteranno per il lettore, fino alla fine del romanzo, dei perfetti sconosciuti (come accade nei social creati da Zuckerberg, cui l'invenzione di Bix allude: tanti amici di cui si crede di sapere tutto).
Si ha un bel dire della "polifonicità ipnotica e meravigliosa degli stili": l'impressione che resta viene confermata dall'autrice stessa che, nei Ringraziamenti finali, cita il gruppo dei suoi allievi alla Scuola di Scrittura e La casa di marzapane finisce per comporsi in una serie di tanti esercizi, che una sorta di narratore onnisciente elabora spiando nel giardino dei vicini o negli appartamenti dirimpetto, un insieme di racconti sulle vite di newyorkesi ricchi che sembrano la griglia di un social network. "Voglio parole ancora vive, che pulsino. Parole calde, gente! Datemi la pallottola, non il bossolo: sparatemela dritta in petto. Sarò felice di morire per una lingua fresca" fa dire la Egan ad Athena, una trans che insegna al workshop degli aspiranti scrittori.
Non è solo questa frase stucchevole a rivelare il debito formativo di questo libro alla moda del momento, la scuola di scrittura fa capolino qua e là: "Mentre ascoltavo, la fiammella pilota del mio terrore divampò come un ruggito, e io fui inghiottito da un senso di apocalisse". Ruggiti che divampano, cieli "con quella bellezza lacera risciacquata e impomatata dalla nebbia": metafore ad alto voltaggio, insomma, probabilmente cesellate nelle sessioni in cui gli allievi della Egan erano chiamati ad esercitarsi sulle figure retoriche. La solitudine dell'iper-connettività è la vendetta per il patto faustiano che le persone sottoscrivono quando si fanno schiave dei social: "Nulla è gratuito!" ammonisce l'autrice.
"Solo i bambini la pensano altrimenti, anche se i miti e le favole ci mettono in guardia: Tremotino, Re Mida, Hansel e Gretel. Mai fidarsi di una casa di marzapane! Era solo questione di tempo: presto o tardi avrebbero pagato per quello che credevano di ottenere gratis!". E il sipario si chiude su quest'altro contributo, di un'altra scrittrice americana, all'apocalisse annunciata del blackout tecnologico, dell'alienazione digitale, della condanna alla solitudine. Ma che differenza rispetto a un Franzen, a un DeLillo.