La pesca dei palloni
Rispetto le precedenti questa è una messa in scena. Questa operazione di recupero di palloni l’ho fatta realmente con mio figlio (nella foto) diverse volte e nello stesso punto, lui si diverte molto e adesso in cantina abbiamo un certo numero di palloni.
Succede che in questo punto del Lambro meridionale c’è un reticolo per fermare un po’ di monnezza che arriva dal colatore Olona e dal Lambro meridionale stesso, i quali si uniscono un centinaio di metri più indietro. Tutto il materiale galleggiante forma una giostra con un movimento rotatorio opposto alla corrente, dato dal flusso dell'acqua che trova lo sbarramento. Sicché se prendiamo di mira un pallone, questo ci metterà circa tre minuti a ripassare nello stesso punto.
Noi per gioco sceglievamo un pallone e attendavamo il momento di tirarlo su. Sul perché ho iniziato mio figlio a questo gioco trash lascerei perdere. Credo che centrino in qualche modo le immagini dei racconti dei miei nonni su mio padre bambino classe ’48 (di loro non c’è più nessuno) e dei giochi che poteva fare coi suoi coetanei in una Palermo post bombardamenti; o dei film in bianco e nero ambientati nelle periferie romane e milanesi in quegli anni del dopoguerra.
Ad ogni modo prima delle vacanze estive, durante una di queste battute di pesca, mi venne in mente di farne uno scatto, ma non sapevo come realizzarlo e dimenticai la cosa; finché ritornando a Milano dopo tre giorni chiamai la babysitter di mio figlio e organizzai lo shooting.
Indubbiamente il pallone ha un suo potere attrattivo: varcare una barriera, scavalcare una recinzione e poi trovare un arnese per arrivare all’acqua (fetida) senza bagnarsi.