Autismo e quell'idea di normalità / L'educazione del selvaggio

29 Marzo 2016

Nel Vendemmiaio (22 settembre-21 ottobre) del 1801, a Parigi, Gujon mette in stampa un libro di Jean Marc Gaspare Itard (1774-1838) dal titolo Dell'educazione di un uomo selvaggio, o dei primi sviluppi fisici o morali del ragazzo selvaggio dell'Ayveron. Victor è il nome che gli viene dato e vivrà circa 43 anni. La leggenda illuminista parla di un ragazzo allevato dai lupi, avvistato nei pressi di qualche cascinale, inseguito nei boschi da una muta di cani, catturato e istituzionalizzato. L'idea che Victor fosse stato un bambino normale, perdutosi per fatalità, degenerato per avere vissuto nella foresta dominava gli illuministi. La domanda era: poteva questo ragazzo venire educato? Truffaut racconta, in un film, la storia della relazione tra Itard e Victor, relazione quotidiana, in cui Itard cerca di rieducare Victor.

 

La scena più tesa e commovente del film avviene quando Itard cerca di comprendere se Victor possa assumere un punto di vista morale, quello della disobbedienza. Lo punisce ingiustamente e Victor si ribella. Itard lo abbraccia, soddisfatto che il suo giovane paziente fosse in grado di comprendere il concetto di giustizia. Invero, nell'educare Victor, Itard usa metodi coatti, autoritari, non dissimili da quelli usati anche oggi, al fine di ottenere risultati sorprendenti, ma il compito di rendere Victor “normale” non riuscirà.


Nel 1989, la psicologa tedesca Uta Frith scrive un libro intitolato L'autismo. Spiegazione di un enigma. Il secondo capitolo di questo testo si intitola: “Lezioni dal ragazzo selvaggio”.
Frith ipotizza che Victor fosse un bambino autistico abbandonato. Il mistero del ragazzo selvaggio, come nel Mastino dei Baskerville di Conan Doyle, trova una soluzione del tutto razionale: nella campagna dell'Aveyron, a fine Settecento, i contadini sono poveri e ogni nato dev'essere in grado di lavorare a partire da un'età precoce, pena la morte, o l'abbandono.

 

1885. Da una cartella clinica dell'Archivio Psichiatrico di San Servolo a Venezia:

 

Grigoletto Carlotta di Francesco e di Filiputti Paola d’anni 29, nata e domiciliata in Treviso (Campo Bernardo) cattolica, villica, nubile. Entrò in questo manicomio il 12 Luglio 1873 proveniente dall’ospedale civile di San Giovanni e Paolo, dove era stata passata da quello di Treviso fino dal Gennaio 1867 ed in quest'ultimo esisteva dal 1862. Idiozia, sempre, naturalmente, stazionaria, di rado impulsiva ma non affatto di serio pericolo. Uscì oggi 12 Settembre 1885.

 

Carlotta ha 29 anni. Entra all'ospedale di Treviso nel 1862, a 6 anni, e ci rimane fino al 1867, a 11 anni. Nel 1870 entra al Morocomio femminile di Venezia e tre anni dopo passa a San Clemente. Da là viene dimessa il 12 settembre 1885. La cartella clinica recita: “Nell’agosto 1866 [a dieci anni!] fu colta da un eccesso di follia con furore”. Diagnosi: Idiozia stazionaria (di rado impulsiva ma non pericolosa). Ventitré anni di internamento, senza efficacia, né risultato. L'anamnesi all'esame della fisionomia della paziente propone un'ipotesi inquietante: “Molto probabilmente causa le rachidive sofferte la tecca cranica non poté sufficientemente svilupparsi, il suo cervello ne rimase compresso e da allora è idiota e nel 1862 [a sei anni!] si avvertirono gli impulsi irresistibili così frequenti a notarsi in questa forma morbosa”.

 

Per quanto oscura sia la scrittura della cartella, sembra si scriva a proposito dell'innesto dell'asse di sostegno della testa nel tronco. Quest'asse, che nell'essere umano è verticale, nell'animale quadrupede è orizzontale. Asse che, nell'evoluzione dei mammiferi da quadrupedi a bipedi, si sposta, tendenzialmente da orizzontale a inclinato – nelle scimmie – e, nel corso dell'evoluzione, a verticale nell'uomo, permettendo alla scatola cranica di allargarsi verso l'area occipitale, creando spazio per la crescita progressiva interna delle aree corticali e liberando gli arti superiori dal vincolo di sostenere il corpo durante la deambulazione.
Il testo sembra osservare un imperfetto innesto del tronco nella scatola cranica di Carlotta, che impedirebbe al cervello di svilupparsi come un essere umano. Causa fisiologica della sua idiozia, ipotesi antropologica: la donna scimmia, selvaggia, che a dieci anni ha il primo accesso di follia con furore.


Carlotta Grigoletto oggi sarebbe una bambina autistica, così come Victor. Tuttavia quel certo non so che di selvaggio è ancora presente nello sguardo del “normale”. Per questo l'insegnante, il terapista, l'educatore, il medico, lo psicologo si sentono rassicurati da metodi educativo/terapeutici coatti che, anche oggi, vengono adottati. Servono a farci credere che renderemo “normodotati” i bambini autistici. Victor, Kaspar Hauser, l'abominevole uomo delle nevi, i giganti patagoni di Blumenbach, l'uomo elefante di Lynch, la donna barbuta di Ferreri, i Freaks di Browning sono tra noi con i nuovi empori scolatici e istituzionali. Siamo ancora in pieno illuminismo.

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