Nei labirinti di Bruce Nauman
(Prima di entrare)
Quattro note sui labirinti
1. Cos'è un labirinto?
Possiamo definirlo in diversi modi.
Uno spazio in cui perdersi.
Un sistema di bivi e quindi di scelte da compiere.
Un luogo in cui entrare è più facile che uscire.
Il percorso in cui si incontrerà un mostro, il Minotauro.
Uno spazio articolato in corridoi e sale (corridors, rooms).
2. Lo stesso museo può essere definito come "uno spazio articolato in corridoi e sale".
Altre analogie possibili tra labirinto e museo.
Visitando una mostra spesso si perde l'orientamento, perché non sempre è visibile lo spazio esterno, ma soprattutto perché la densità di significati dello spazio interno ci assorbe.
Si può avere anche l'impressione che qualcosa possa succedere, che qualcosa di inaudito, non del tutto umano possa sorprenderci. Come il Minotauro anche l'opera d'arte ha tratti umani (è opera di un essere umano) e no: ne attribuiamo l'origine all'ispirazione, la vediamo come una creazione, conferiamo all'artista uno statuto sovrumano. Infine, "mostri" e "mostre" sono legati dal comune etimo del "mōnstrum", segno divino e prodigio che ci appare per ammonirci.
3. La stessa opera d'arte è interpretabile non solo come Minotauro ma anche come labirinto, per la pluralità di percorsi di senso che consente e il disorientamento che può dare: percorsi e disorientamento che sono stati predisposti dall'artista, così come Dedalo ha progettato il suo labirinto. Si tratta quindi di smarrimento progettuale.
4. Sul senso. Il senso è l'argomento più arduo di tutti, ma possiamo dire qualcosa di semplice sul doppio senso. Una parola è a doppio senso quando al suo significante possiamo attribuire due significati diversi (mostro come il Minotauro, mostro come voce del verbo "mostrare"). Una strada è a doppio senso, quando possiamo percorrerla in due direzioni. Dobbiamo dunque distinguere un senso direzionale e un senso attributivo.
(Nella Piazza d'ingresso)
Scheletro e organismo
La prima cosa che si nota arrivando alla Piazza di ingresso della mostra è un rovesciamento della prospettiva dei normali allestimenti. In mostra spesso troviamo quadri e questi hanno un recto e un verso. Il caso più comune è che il verso sia nascosto: vediamo la tela o la tavola, la parte posteriore è contro il muro. A volte viene resa visibile esponendo l'opera in modo che si possa guardare da ogni lato: càpita se una tavola è dipinta anche sul retro o se il retro riporta altri segni di interesse. Quindi si espone o il recto o recto e verso.
Entrando nella mostra di Nauman ciò che possiamo percepire è invece soltanto l'esterno degli involucri: si tratta di pareti di legno o calcestruzzo, superfici nude, disadorne, materiali poveri. L'opera intesa come organismo testuale è all'interno: nulla è offerto al nostro sguardo che sia interessante "da vedere" (l'interessante è questo).
Il corridoio prototipico
Due pareti parallele, molto ravvicinate, contro la parete che delimita l'Hangar: un corridoio.
Non siamo abituati a vedere l'esterno di un corridoio: il corridoio per noi ha solo la parte percorribile, interna. Qui invece vediamo i corridoi come spazi minori, perfettamente e visibilmente inglobati nel maggiore spazio della piazza dell'Hangar.
Siete di fronte all'imbocco di un corridoio e vi sentite invitati a entrarci. La qualità degli oggetti di invitarci al loro uso si chiama "affordance". Non c'è bisogno di un manuale per capire che un semplice coltello richiede di essere impugnato dalla parte del manico: questa è una buona affordance. Il videogioco Eve di Peter Gabriel, che cominciava con la schermata di un panorama e un loop sonoro, senza che comparisse alcun comando e neppure il segno intermittente del cursore, non aveva alcuna affordance e come fare una mossa era il primo enigma da risolvere per il giocatore.
L'affordance del corridoio diventa ingannevole quando il corridoio appartiene a un labirinto: facile entrare, difficile e tortuoso uscire. Il labirinto vuole farci perdere del tempo, vuole farci perdere nel tempo.
Corridoio come specchio
Un corridoio di Nauman è un camminamento obbligato. Il visitatore vi si sente costretto, deve prendere in considerazione il suo corpo. Il corridoio allora porta il visitatore a visitare sé stesso, come uno specchio che non rifletta la figura ma la sensazione che si ha del proprio corpo (la propriocezione).
Del resto lo specchio è un espediente dei costruttori di labirinti. Dedalo metteva specchi nel labirinto di Cnosso, per raddoppiare lo spazio e raddoppiare il disorientamento.
Lo specchio nel corridoio
Nel Corridor Installation with Mirror c'è effettivamente uno specchio vero e proprio, ma riflette un'altra realtà. Percorriamo un corridoio e lo specchio in cui crederemmo di vederci riflette in realtà chi è nel corridoio convergente (che noi non vediamo). Nel momento in cui il dispositivo ci inganna succede l'imprevisto: per quell'attimo ci vediamo invisibili.
Si tratta di un lavoro sull'univoco e l'equivoco: un dispositivo spaziale in cui lo spazio percorribile non corrisponde allo spazio percepibile. La realtà si trova separata dalla rappresentazione. Nauman legge Wittgenstein: la lingua non è un sistema di etichette appiccicate alle cose e se René Magritte proclamava che "Questa non è una pipa", la "Corridor installation" ci sta dicendo: questo nello specchio non sei tu.
Chiasmo corporeo
In "Walk with Contrapposto" Nauman ritrae sé stesso mentre sculetta in un suo "corridor". "Contrapposto" è in italiano del testo (gli italianismi nelle altre lingue spesso appartengono a lessici specialistici come quelli dell'arte, "a fresco", o della musica, "andante", settori in cui l'Italia è stata egemone. Le lingue viaggiano sull'egemonia).
Il contrapposto è la regola di composizione della scultura classica, che richiede di alternare la tensione e la rilassatezza degli arti inferiori e superiori. Il Discobolo di Mileto ha in tensione la gamba sinistra e il braccio destro, in distensione gamba destra e braccio sinistro. È un procedimento che dà dinamicità alla composizione, una specie di figura retorica della figurazione: un chiasmo corporeo (teso e rilassato vs rilassato e teso) che realizza una coesistenza degli opposti.
Smarrirsi nell'univoco
Anche nel corridoio più semplice è possibile smarrirsi. L'affordance del corridoio è di essere uno spazio a una dimensione, in cui "correre", passare. In soggettiva ci appare univoco ma se lo vediamo dall'alto, come in una mappa, ci accorgiamo che consente due percorrimenti: avanti e indietro. Un corridoio è di fatto qualcosa che non appare essere, cioè un bivio: quando siamo a metà possiamo anche tornare indietro.
Il bivio è di conseguenza in realtà un trivio. Chi scende in barca il lago di Como da Colico, davanti a Bellagio si troverà, come Ercole al bivio: potrà scegliere se andare a destra verso Como o a sinistra verso Lecco. Ma se spostiamo la camera che riprende la scena nella sua soggettiva e la installiamo su un drone, dall'alto questo inquadrerà una ipsilon, cioè un trivio: uno spazio a due dimensioni percorribili, avanti / indietro e sinistra / destra.
"Triviale": l'aggettivo non è imparentato a "trivio" per coincidenza. Il trivio è il luogo in cui il visitatore esita, il varco a cui lo attende la volgarità del mondo: truffatori, prostitute, chiunque abbia intenzione di approfittarsi dello smarrimento momentaneo del viandante.
Alle sue due dimensioni il trivio aggiunge così la terza dimensione, quella temporale: l'indugio.
Oggettivo / soggettivo
Ogni spazio in soggettiva ha una dimensione in meno di quando è visto oggettivamente, per esempio dall'alto. Questo avviene perché il nostro corpo è orientato dalla vista, che ci dà un davanti e un dietro. Non abbiamo occhi sulla nuca. (Italo Calvino ha una bella pagina sulla mutazione antropologica costituita dall'invenzione dello specchietto retrovisore). Se ci orientassimo con l'udito o con l'olfatto probabilmente il nostro corpo sarebbe abile anche nella corsa retrograda.
Dream with contrapposto
Quattro corridoi, due percorribili due solo visibili, convergono in uno spazio centrale (1 Dream Passage with Four Corridors). Lo spazio centrale è occupato da un tavolo con sedie fissato al suolo e un altro analogo che pende dall'alto, ma non sullo stesso asse.
Alle due dimensioni orizzontali del corridoio (avanti / indietro) e della sala (avanti/indietro e destra/sinistra) si aggiunge quella verticale (alto /basso). Ogni elemento è replicato, ma la replica è diseguale, la regolarità è asimmetrica, il raddoppio subisce uno scostamento.
Nel titolo compare la parola "sogno". Con il motto di spirito, il lapsus, il sintomo nevrotico (tutti presenti nell'opera di Nauman) il sogno si definisce come linguaggio dell'inconscio, linguaggio cioè in cui è possibile la convivenza degli opposti e dei contraddittori.
Spesso il sogno è labirintico: dobbiamo andare da qualche parte e non ci riusciamo, qualcosa ci va deflettere dall'intento, sembra impossibile fare ciò che pure più ci urge.
Corridoio, sala, neon
Il corridoio è come la scrittura, ha una direzione; la sala è come il quadro, si può cominciare a guardare da un punto qualsiasi, dove l'occhio decida di posarsi.
Ci si può perdere anche negli spazi aperti: Jorge Luis Borges diceva che il labirinto più grande del mondo è il deserto.
Il neon sottolinea le direzioni dei corridoi ma a Nauman serve anche per scrivere: è un filo che nei caratteri corsivi costituisce le singole lettere che (seconda articolazione) formano le singole parole. Nauman sa aggrovigliare il filo della scrittura, renderlo labirintico.
La luce
In Nauman il neon è scrittura e luce. Nelle arti visive lo statuto della luce è per definizione duplice: ostensivo e ontologico. Oltre a far vedere fa essere. E fa essere con il far vedere.
La spirale
Un neon riporta una scritta, a forma di spirale: "Il vero artista aiuta il mondo col rivelare verità mistiche" (2. The True Artist Helps the World by Revealing Mystic Truths).
La spirale riflette una delle topologie del labirinto, la più antica e semplice: il meandro. È la topologia classica, mentre con il bivio siamo già alla topologia manierista.
Il sociologo francese Roger Caillois è stato teorico del gioco e inventore delle scienze diagonali, scienze che comparano oggetti di grande sproporzione dimensionale. Tipica questione diagonale: "perché le galassie hanno la stessa forma delle conchiglie delle chiocciole?". Caillois rispondeva: perché la spirale è la configurazione naturale che prende lo sviluppo regolare, la crescita ordinata.
È forse questa la verità mistica che il vero artista rivela? È prudente dubitarne.
Giochi linguistici: l'annuncio e la rivelazione
L'insegna al neon è un apparato commerciale, la versione scritta del megafono dell'imbonitore. È possibile impiegarla per la rivelazione di realtà mistiche? Questa considerazione, il tono aforistico della scritta, anche la sovrapposizione nella spirale di "true" all'inizio e "truth" alla fine della scritta autorizzano letture in senso ironico. Altra dimostrazione: la scritta, di cui è autore un "artista" (vero?), assegna all'artista il compito di rivelare: ma non rivela, bensì annuncia una rivelazione.
Wittgenstein parlava di "giochi linguistici" per distinguere le diverse attività che si possono svolgere con il linguaggio: annuncio e rivelazione sono due giochi linguistici differenti. Nauman annuncia che un artista compirà una rivelazione. Perché dunque non rivela? Significa che egli non è un vero artista? O significa che le verità mistiche consistono nel loro annuncio?
Entra / esci
Un cartello con una freccia invita a entrare in una stanza, corrispondente alla quinta opera in esposizione (5. Get Out of My Mind , Get Out of This Room). La stanza è disadorna, una lampadina è accesa, una voce articola in modo quasi incomprensibile e rabbioso le due frasi del titolo.
Come la sala del Dream passage contiene un alto/basso rovesciati, così lo spazio crea qui una tensione tra la presenza/ascolto (affordance di invito) e l'assenza/silenzio (ordine di uscita).
Per quanto riguarda poi il primo ordine, "esci dalla mia mente", questo ci ricorda il paradosso legato alla teoria dei frame di George Lakoff: "Non pensare all'elefante!": all'ordine non può che seguire il pensiero di un elefante. Chi dice a qualcuno "Esci dalla mia mente" istituisce un paradosso ancor più profondo, invertendo il rapporto fra pensatore e pensato. Il pensiero si installa nella mente come un visitatore che è invitato a entrare per sentirsi invitare a uscire.
(Nelle navate)
Perdersi nel tempo
Cammini, percorri, sei ripreso, guardi: la dimensione dello spazio è univoca: cammini verso il monitor, non puoi far altro; ma quello che vedi è equivoco: non è quello che sei; vedi un corridoio vuoto, o te stesso ma di schiena, o qualcun altro, o tu o qualcuno ruotato di 90 gradi. (12 Going Around the Corner Piece with Live and Taped Monitors).
Ti vedi dove non sei, vedi la tua assenza, ti aspetti l’altro e trovi te, e viceversa.
Angoscia nel vedere qualcuno che entra e si allontana.
Mentre lo specchio riflette soltanto nel contempo, la ripresa video può essere diffusa in diretta e in differita e il monitor può trasmettere le immagini di un'altra camera, o immagini registrate in precedenza. La macchina da presa non registra neutramente, non è neppure del tutto una macchina, poiché a predisporlo è un'intenzione umana.
Il nome sulla luna
Il nome, il proprio nome, il proprio nome proprio. Della lingua abbiamo perlopiù una percezione lessicale (per cui la lingua è – sarebbe "fatta di parole") e della parola una percezione applicativa (la parola è un'etichetta che riporta il nome di una cosa, come se ne fosse il prezzo).
Il gioco linguistico di Nauman è qui (13 My Name as Though It Were Written on the Surface of the Moon) quello di vedere il nome (il nome proprio, il proprio nome proprio) non come etichetta su un oggetto/soggetto, ma come oggetto in sé. Che forma e che sostanza prenderebbe una volta deposto sulla Luna?
(Da notare che si tratta di un lavoro del 1968: precedente quindi al primo sbarco umano sulla Luna. Un anno dopo la Luna non sarebbe più stata la sede di ogni possibile fantasticheria).
Una rete linguistica
Cento insegne al neon impaginate su quattro colonne: si illuminano una alla volta, in ordine sparso; poi si accendono tutte quelle delle due colonne dispari, quindi quelle delle due colonne pari e infine tutte (15 One Hundred Live and Die).
Ogni scritta è composta da tre parole, seguendo due schemi prefissati. Le colonne dispari seguono la formula "X and die", le colonne pari la formula "X and live", dove "X" è la stessa parola tra le due righe contigue. Le prime sei righe della prima colonna sono: "Live and die", "Die and die", "Shit and die", " "Piss and die", "Eat and die", "Sleep and die". Le prime sei della seconda colonna sono: "Live and live", "Die and live", "Shit and live", "Piss and live", "Eat and live", "Sleep and live".
Sull'asse verticale gli X sono spesso (ma non sempre) legati da un rapporto di contrarietà (live vs die; shit vs piss). Gli X sono in prevalenza verbi antropologici (cioè riferiti ad azioni umane) ma compaiono anche coppie di aggettivi (sick / well, young / old) e nomi di colori (con neon dai colori corrispondenti: il neon di "red" è rosso, il neon di "yellow" è giallo e così via).
Semplice da osservare quanto complesso da descrivere lo schema esibisce una frizione tra la sua materia (che è linguistica) e la sua forma, che non è lineare bensì tabulare: si legge in più direzioni, ammette bivi.
Il gioco linguistico nella rete
Qual è lo statuto linguistico di queste sequenze? Qual è il loro gioco linguistico?
Dal punto di vista dell'enunciazione il neon è parola non parlata, parola spaziale e impersonale. La lingua non più lineare ma tabulare non afferma più, espone soltanto la sua presenza. Alla possibilità di percorrimento in verticale e in orizzontale si aggiunge quella suggerita dall'accensione irregolare e apparentemente stocastica delle diverse insegne. Non più filo-meandro, non più tabula bidirezionale, l'apparato dell'opera è una rete che esibisce i suoi nodi, uno per uno, come possibilità isolate e quindi ne esalta la compresenza.
Dal punto di vista dell'enunciato, la congiunzione "and", fra gli elementi variabili e la coppia alternata "die / live" non ha un senso unico. Vista come operatore sintagmatico la congiunzione potrebbe indicare una consecuzione temporale ("mangi e poi vivi", come "vedi Napoli e poi muori") o potrebbe diventare una consecuzione causale ("mangi e quindi vivi"). Vista come operatore paradigmatico la congiunzione potrebbero stabilire due possibilità parallele o una sovrapposizione – alternativa o compossibilità.
I verbi presenti nell'enunciato possono inoltre essere visti come imperativi o voci verbali dell'indicativo: "mangiare e vivere" o "mangio e vivo" o "mangia e vivi!"?
La suggestione aforistica viene proprio dall'indeterminazione della sintassi. Ordini, descrizioni, prescrizioni, suggerimenti, affermazioni, possibilità: la rete del "live and die" si stende a corrugare e sezionare con la sua ombra il territorio dell'esistenza umana.
Topologie labirintiche
Dopo la spirale-meandro (labirinto arcaico) e il trivio-arborescenza (labirinto manierista), la rete-rizoma costituisce la terza topologia labirintica, quella postmoderna.
Spoonerism e contrepeterie
Il reverendo Archibald Spooner, decano a Oxford, era preso in giro per i difetti di pronuncia che sembra lo portassero frequentemente a invertire fonemi e sillabe iniziali. Nel salmo "Il Signore è un pastore amorevole" anziché "Lord is a Loving SHeperd" diceva "Lord is SHoving Leopard" (un leopardo che spinge). Nella lettera di san Paolo di cui è noto in latino il passaggio "Nunc videmus per spaeculum in aenigmate", la traduzione inglese "In a glass, darkly" diveniva per lui "In a dark, glassly" (in un buio, "vetramente").
Se il modo di presentazione inglese dello spoonerism è quello del lapsus (resta taciuta la forma corretta e se ne presenta la deformazione insensata), nella versione francese della contrepèterie avviene l'inverso. Una frase apparentemente anodina e sensata cela una versione scurrile quando non proprio oscena. In François Rabelais abbiamo: "la femme Folle à la Messe" (la donna folle alla messa) che, per chi maliziosamente inverta le iniziali, diventa: "la femme Molle à la Fesse" (la donna molle alla fessa: il gioco è possibile anche in italiano, dove però la fessa è la vulva, mentre in francese la fesse è il deretano).
Il neon 21 Run from Fear, Fun from Rear (correre dalla paura, divertimento dal didietro) potrebbe partecipare della contrepèterie se è lecita l'interpretazione oscena della seconda frase. La frase oscena però non è velata come nella presentazione classica della contrepèterie francese, ma compare in consecuzione sintagmatica alla prima. Avviene così anche nel diretto precedente di questo neon, che è l'"Anemic Cinéma" di Marcel Duchamps, nei cui "rotoréliefs" si svolgono (a spirale!) contrepèterie complete, con la versione anodina seguita in chiaro dall'oscena ("L'aspirant habite Javel et moi J'avais la bite en spiral").
Contrainte
Mentre ci avviamo verso l'uscita dell'esposizione, incontriamo una gabbia metallica in cui possiamo entrare per trovarci stretti fra le sue maglie e quelle di una gabbia contenuta (22 Double Steel Cage Piece). Questo ci fa pensare a quante volte "Neons, corridors, rooms" ci ha proposto il binomio tra affordance e costrizioni, in quanti "imbuti" ("funnel": parola impiegata come titolo da Nauman) ci ha fatto entrare.
La contrainte (costrizione/restrizione) come stimolo alla creatività è il campo di ricerca del gruppo dell'Oulipo (OUvroir de LItérature POtentielle), fondato nel 1960 dallo scrittore Raymond Queneau e dal matematico François LeLionnais. Sorta di parodia multidisciplinare dei gruppi delle avanguardie storiche, votata a un continuo registro di semiserio, l'associazione ha esplorato i territori di incrocio possibile fra scienza e forme letterarie. Sulla base dei precedenti futuristi, dadaisti e surrealisti si è dotata di manifesti programmatici (semiseri pure quelli), uno dei quali si chiude su un'analogia di grande potenza sintetica: "Siamo topi che devono costruire il labirinto da cui evadere".
Uno studio nel tempo
L'uscita dall'Hangar – verso l'installazione esterna – avviene attraverso la stanza in cui sono riprodotte le immagini girate da telecamere di sorveglianza nell'atelier di Nauman, di notte [28 Mapping the Studio II with color shift flip, flop & flip/flop (Fat Chance John Cage)]. La citazione di Cage richiama un suo aforismo: "Music is permanent. Only listening is intermittent". Come un genius loci, o meglio un locus genii, lo studio dell'artista lavora di notte quando è deserto, produce silenzi eloquenti, inattribuiti scricchiolii, passaggi di gatti, microperformance non intenzionate dall'artista ma ordite dalla casualità.
Dall'esempio elementare del Tamagotchi sino alle complessità di SimCity ci sono videogiochi che arrivano a essere mondi possibili minuziosamente arredati, in cui vige una temporalità algoritmica che consente alle situazioni di gioco di evolversi anche quando il giocatore non gioca. Tali evoluzioni sono le conseguenze remote delle mosse compiute e il giocatore dovrà prenderne atto rientrando in gioco. Così Nauman, rientrando in studio, compilava un registro degli avvenimenti prodotti in sua assenza, dallo studio, même.
Congedo
Prima di uscire e di lasciarvi andare incontro all'ultima opera, volevo menzionare due lavori di Nauman che qui non si sono visti. Sono entrambi neon (anche se il secondo è stato realizzato anche altrimenti).
La prima è un'opera a cui sono affezionato perché me l'hanno mostrata mentre stavo cercando una copertina per un libro di archeologia dei giochi enigmistici. Sono due righe di neon, che dicono:
none sing
neon sign
Quel "nessuno canta" forse ricorderà i nostri appunti sull'enunciazione impersonale dell'"insegna al neon", ma è anche un anagramma: sia tra i due sintagmi ("none sing" è anagramma di "neon sign") sia in forma tabulare, letti dunque in verticale ("none" è anagramma di "neon", "sing" è anagramma di "sign"). L'insegna al neon svela così la sua essenza di enunciazione impersonale, canto luminoso di nessuno. L'anagramma ha infatti un ethos metaforico, predicativo, assimilativo: tra le due parti anagrammate tendiamo a vedere similitudini, se non identità, e predichiamo l'una dell'altra (così come la metafora ci fa vedere l'amore come fiamma, la persona di bell'aspetto come un fiore, eccetera).
Quasi per caso mi sono poi accorto che "None sing" è l'attacco di un potente verso di Edgar Allan Poe, nella strofa di una poesia dedicata a Israfel, angelo della tradizione coranica.
Edgar Allan Poe, Israfel.
[...] In Heaven a spirit doth dwell
“Whose heart-strings are a lute”;
None sing so wildly well
As the angel Israfel,
And the giddy stars (so legends tell),
Ceasing their hymns, attend the spell
Of his voice, all mute [...].
[...] In cielo un'anima, dicono, ci sia,
"le corde del suo cuore sono un liuto";
nessuno canta con scatenata maestria
come l'angelo Israfel, e alla sua armonia
il coro delle stelle via via
sospende gli inni, imbambolato dalla magia
di quella voce, e l'ascolta muto [...].
(traduzione di Davide Tortorella).
Il secondo lavoro di Nauman di cui volevo parlare è un neon in cui le lettere della parola RAW (crudo) si accendono una dopo l'altra e poi ritornano dalla finale all'iniziale, a mostrare che il bifronte (la parola che risulta leggendo le lettere di RAW da destra verso sinistra) è WAR, guerra. Su questa semplice combinazione enigmistica Nauman ha realizzato altri lavori grafici, sempre ritrovando la crudità, la crudeltà nella guerra.
Del verso "war" è inevitabile fare almeno menzione, visto che la guerra è una possibilità uscita dal suo stato di latenza e una realtà che ha cessato di restare lontana dai confini dell'Occidente.
Il verso "raw" è pertinente poiché all'uscita dall'ultima stanza dell'Hangar si troverà l'ultimo lavoro di Nauman di cui parlo (in anticipo, per non sovrapporvi la mia voce) e questo si intitola "Raw materials". Tali materiali crudi sono sonori: parole registrate, spesso pronunciate o biascicate o grugnite o anche gridate dalla voce di Nauman, e da lui impiegate come "materia prima" di altre parole.
La prima che sentirete dice "thank you". Ma non lo dice nel tono in cui "thank you" viene solitamente detto. Il gioco linguistico della parola non corrisponde a quello della voce. È un tono aggressivo, è il tono di chi ci vuole offendere. È il tono con cui il Minotauro potrebbe aver ringraziato Teseo di essere finalmente venuto a ucciderlo; o quello sarcastico con cui lo stesso Teseo potrebbe aver ringraziato dei suoi ormai passati servigi la miseranda Arianna, lasciandola addormentata sulla spiaggia di Nasso.
Bruce Nauman, Neons Corridors Rooms, Hangar Bicocca di Milano, 15 settembre 2022 – 26 febbraio 2023.
Nell'immagine di copertina,
Bruce Nauman, My Name As Though It Were Written on the Surface of the Moon, 1968, Stedelijk Museum Amsterdam © 2022 Bruce Nauman / SIAE
Courtesy Sperone Westwater, New York.