Una filosofia politica dell’Uomo Qualunque / Populismi per il XXI secolo (II parte)

28 Maggio 2016

3. Una filosofia politica dell’Uomo Qualunque 

 

Boris Kustodiev, Il Bolscevico (1920). 

 

Le diverse declinazioni iconiche dello Everybody, con le loro ambiguità, possono illuminare anche il suo percorso storico e il suo ruolo politico. Da quattro secoli, questa figura si trova all’incrocio tra tradizioni di lunga durata e rotture storiche e ridefinizioni.

Con la Rivoluzione francese, diventa protagonista della scena politica e si istituzionalizza. Dal momento in cui la sovranità appartiene del popolo, una figura come lo Everybody, l’Uomo Qualunque, lo incarna assai più efficacemente di figure astratte o delle istituzioni repubblicane. Successivamente l’uomo qualunque si riflette nelle definizioni “nazionali” o di classe (“il proletario”).

 

Gilbert & George, The Red Sculpture (1975). 

 

Con l’avvento della modernità, Everybody diventa il cittadino medio, riflettendo la cultura dell’impiego che si afferma negli anni Venti e Trenta.

Il cammino verso il suffragio universale cambia progressivamente lo status e l'immagine dell’uomo qualunque. I Nobody (i Nessuno) vogliono diventare e diventano anch’essi Everybody, entrando nell'agenda politica e nel corpo elettorale. La svolta decisiva è il voto femminile, che aggiunge una ulteriore particolarità all’universale.

 

United Colors of Benetton. 

 

A partire dal ’68, il Nobody che chiede di diventare Everybody inizia a incarnarsi in figure particolari (i diversi, i marginali), e ispira nuovi formati artistici. Le trasformazioni della democrazia degli anni Ottanta e Novanta hanno portato Pierre Rosanvallon a identificare una “politicizzazione negativa” (vedi Controdemocrazia. La politica nell’era della sfiducia, Castelvecchi, Roma, 2015). Nascono i nuovi movimenti degli anni Duemila (Occupy Wall Street e Indignados, ma anche il MoVimento 5 Stelle), caratterizzati da una partecipazione attiva, da un rifiuto che si esprime con manifestazioni e slogan, da nuove forme di socializzazione attraverso comunità partecipate e creatività socializzata.

 

Bari (1991). 

 

La più recente immagine del Nobody che chiede di essere riconosciuto sono i migranti che affollano i barconi che attraversano il Mediterraneo.

Non a caso, negli ultimi decenni, la figura dello Everyman è stata protagonista di un sorprendente rinascimento filosofico, nell’intreccio della riflessione foucaultiana sulla microfisica del potere e dell’indebolimento del soggetto e dei meccanismi identitari. È la prospettiva da cui muove Giorgio Agamben nella sua riflessione sul Qualunque:

 

“Il Qualunque che è qui in questione non prende, infatti, la singolarità nella sua indifferenza rispetto a una proprietà comune (a un concetto, per esempio: l’essere rosso, francese, musulmano), ma solo nel suo essere tale qual è. Con ciò, la singolarità si scioglie dal falso dilemma che obbliga la conoscenza a scegliere fra l’ineffabilità dell’individuo e l’intelligibilità dell’universale” (Giorgio Agamben, La comunità che viene, Bollati Boringhieri, Torino 2001, p. 9).

 

La riflessione di Agamben riprende quella di Gilles Deleuze e Félix Guattari in Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia (nuova edizione, Mimesis, 2010):

 

“Car tout le monde est l’ensemble molaire, mais devenir tout le monde est una autre affaire, qui met en jeu le cosmos avec ses comporantes moléculaires. Devenir tout le monde, c’est faire monde, c’est faire un monde.” (Gilles Deleuze e Félix Guattari, Mille Plateaux, p. 343)

 

Come nota nel suo intervento Nina Baldi, si crea un’opposizione tra “essere Everybody” e “diventare Everybody”, tra una dimensione statica (molare e maggioritaria) e una dimensione dinamica (molecolare e minoritaria). Meglio, questa è una dinamica che nasce dal “farsi minoranza” e dal riconoscersi e rappresentarsi come tale. In quest’ottica, il Qualunque, il “tout le monde”, incarna una soggettività de-individualizzata che trascende i singoli soggetti nelle loro determinazioni storiche e sociali. Al tempo stesso, rappresenta anche una forma di resistenza agli assetti di potere.

 

Erdem Gündüz, lo standing man (Istanbul, 2013). 

 

Esempio recente del “diventare Qualcuno” sono gli standing men di piazza Tahrir, la testimonianza silenziosa dei cittadini dopo le repressioni poliziesche che avevano insanguinato Istanbul. Il primo standing man fu nel giugno 2013 un danzatore e coreografo, Erdem Gündüz.

In questa ottica, “diventare tutti quanti” può innescare un percorso di emancipazione e impegno, che richiama il cittadino alla testimonianza civile in nome della collettività (così come molti populismi hanno coinvolto nell’attività politica fasce di popolazione che fino a quel momento ne erano state escluse, come è accaduto in America Latina).

 

Le “sentinelle in piedi” (Bergamo, 2015). 

 

Poco dopo la stessa forma di protesta è stata adottata in Italia in una chiave integralista dalle “sentinelle in piedi”, contrarie alle unioni omosessuali. L’iniziativa ha ispirato la provocazione del manifestante che a Bergamo nel maggio 2015 si è unito alle “sentinelle in piedi” che indossava una divisa nazista, al braccio la fascia dei “nazisti dell’Illinois” del film The Blues Brothers (1980) mentre leggeva silenzioso Mein Kampf (di fronte a questa immagine il pensiero va inevitabilmente alla “banalità del male” e agli Uomini Qualunque come Adolf Eichmann che furono gli artefici della Shoah).

Anche la riflessione di Michel de Certeau spinge verso una rivalutazione dell’uomo comune, a partire dalla distinzione tra due le prospettive evidenziate nel capitolo iniziale del saggio L’invenzione del quotidiano (Edizioni Lavoro, Roma, 2010), “Camminando nella città”. Da un lato la città è il frutto delle intenzioni dei governi, delle grandi aziende e di altri enti istituzionali, che la pianificano come un tutto organico; dall’altro c’è la percezione del pedone, che vive lo spazio urbano a livello stradale, e si muove secondo percorsi che non possono essere del tutto predeterminati dalla pianificazione dall’alto. Da un lato la strategia del potere, dall’altro le tattiche dei senza potere (su questo vedi anche Vaclav Havel, Il potere dei senza potere, il testo che ha ispirato il movimento che nel 1989 ha portato all'abbattimento del Muro). L’uomo comune ricombina regole e prodotti che già esistono nella cultura in un modo influenzato, ma mai completamente determinato, da quelle regole e quei prodotti.

Nel suo intervento, Inigo Bocken ha imprevedibilmente collegato l’interesse di Michel de Certeau per la creatività della vita quotidiana con gli studi sulla mistica dello stesso de Certeau. Entrambi, il mistico e il pedone, si muovono infatti in zone incontrollate e incontrollabili dai meccanismi del potere, marginali e potenzialmente sovversive.

 

Il favoloso mondo di Amélie (2001). 

 

L’accoppiamento appare meno azzardato alla luce della riflessione di Veronika Zink su Il favoloso mondo di Amélie (2001), o meglio sulla protagonista del film diretto da Jean-Pierre Jeunet. Amélie Poulain (Audrey Tautou) è la “ragazza della porta accanto” in grado cogliere il magico della vita quotidiana superandone la banale razionalità. Quando critica il disincanto del mondo capitalista restituendogli il magico, la sua tattica non è lontana da quella usata dai surrealisti.

Naturalmente Amélie Poulain ha diversi prototipi, a cominciare da Holly Golightly, la protagonista di Colazione da Tiffany di Truman Capote (1958) e poi del film con Audrey Hepburn tratto dal romanzo (1961). Prima di loro un’altra ”ragazza della porta accanto” aveva saputo riscattare la banalità della propria vita quotidiana utilizzando la magia dell’autopromozione.

 

It Should Happen to You (1954). 

 

È Gladys Glover, la protagonista del film di George Cukor La ragazza del secolo (It Should Happen to You, 1954, sceneggiatura di Garson Kanin). Arrivata a New York con l’ossessione di diventare famosa, la giovane Gladys (Judy Hollyday) investe tutti i suoi risparmi di commessa in un grande magazzino per mettere il suo nome su un cartellone pubblicitario: suscita l’interesse dei media, viene intervistata da giornali e radio, otterrà contratti pubblicitari, diventerà famosa e troverà persino l’amore.

 

Il grande fratello. 

 

La vicenda di Gladys anticipa di un decennio “il quarto d’ora di notorietà per tutti” profetizzato da Andy Warhol e più in generale alla spettacolarizzazione dell’Uomo Qualunque e della Ragazza della Porta Accanto che caratterizza la nuova scena mediatica: prima con i reality show, a partire dal Grande fratello (in onda in Italia dal 2000), dove si costruiscono celebrities effimere; poi con la spettacolarizzazione diffusa dei social media e degli youtubers, dove gli utenti diventano agenzia di pubblicità, comunicazione e marketing di sé stessi.

 

Populismi per il XXI secolo | 4. Everyman 2.0

 

Per cogliere l’ambiguità che l’Uomo Qualunque porta con sé, può servire esplorare alcuni dei suoi doppi: figure apparentemente molto distanti che tuttavia ne colgono qualche aspetto costitutivo. 

La prima è il serial killer, figura che dai tempi di Jack lo Squartatore ossessiona l’immaginario contemporaneo al di là della sua effettiva incidenza nelle statiche criminologiche. Come nota Richard Dyer nella sua analisi del cinema europeo (un database con oltre 1500 pellicole che hanno per protagonisti omicidi seriali), il serial killer spesso non rappresenta altro che la radicalizzazione patologica dell’uomo medio, la ambigua incarnazione della natura umana (anche nel cinema italiano: siamo l'unico paese dove i serial killer uccidono “per la famiglia” e questo dovrebbe illuminarci sulla realtà del paese).

 

Simon Denny, Secret Power (2015). 

 

Un secondo doppio è la spia, il Nobody che per rendersi invisibile deve assumere le sembianze dell’Everybody.

L’estetica della National Security Agency americana (prototipo di qualunque Grande Fratello) è stata al centro di Secret Power (2015), l’installazione dell’artista neozelandese Simon Denny alla Biennale Arte evocata da Susanne von Falkenhausen.

Denny ha utilizzato anche molti materiali resi pubblici da Edward Snowden (un altro Uomo Qualunque che è diventato un eroe). Queste immagini, secondo l’artista neozelandese, “sono diventate retroattivamente tra le più importanti immagini artistiche create oggi”.

 

Kraftwerk, Autobahn (1974). 

 

Un terzo doppio dell’Uomo Qualunque è il robot, l’uomo macchina. Ancora Andy Warhol, nel 1963: “Penso che chiunque dovrebbe essere una macchina”. Nei concerti, si presentano in quella che in pratica è una divisa da “lavoratori della musica”, che si purificano da ogni emotività. Christian Bracht ha intrecciato il tema alla riflessione sull’iconografia dei Kraftwerk, gruppo tedesco elettropop degli anni Settanta e Ottanta che ha ispirato tra gli altri David Bowie e Brian Eno.

L’estetica degli androidi, che azzerano ogni forma di emotività, si ricollega alle avanguardie degli anni Venti, ma al tempo stesso compie un’operazione più sofisticata e straniante, quando riprende l’estetica romantica per eliminare il perturbante (come nel paesaggio che compare sullo sfondo della copertina del disco Autobahn (1974), rubato ai paesaggi dipinti dai romantici tedeschi e ridotto a materia plastica, svuotato di ogni sentimento (o sentimentalismo).

 

Nasce il dubbio che l’estetica dell’Uomo Qualunque coincida con il Kitsch, e con la comunicazione manipolatoria dei mass media. Se non che, come hanno notato diversi studiosi sulla scia di de Certeau, le tattiche creative dell’Uomo Qualunque lo portano a leggere i prodotti della cultura di massa a modo suo, al di là delle intenzioni dei creatori (e spesso vanificando i loro intenti propagandistici).

Nel processo di democratizzazione della società, l’Uomo Qualunque ha avuto un ruolo significativo, spesso utilizzato come elemento propulsivo per gestire (o controllare) i processi innovativi. Lo stesso accadrà (e anzi sta accadendo) con la rivoluzione digitale, che sta cambiando la comunicazione e le dinamiche politiche.

In quest’ottica, con tutte le sue ambiguità, la parabola del MoVimento 5 Stelle in Italia può essere utile per delineare alcune linee di tendenza (e ambiguità) della figura dell’Uomo Qualunque nel nuovo scenario della società digitale.

 

"Sorrisi e Canzoni TV", 1981. 

 

Beppe Grillo dito 

 

I want you. 

 

Beppe Grillo rappresenta un paradosso. In quanto attore comico si è affermato come voce e corpo dell’Uomo Qualunque e delle sue emozioni politiche (e prepolitiche). Al tempo stesso, è diventato una star e un leader carismatico, l’opposto dunque dell’uomo comune. Questa doppia natura ha dato al MoVimento 5 Stelle identità e visibilità, al prezzo di un paradosso ineliminabile (almeno in tempi brevi): da un lato il radicale egualitarismo (il principio democratico “uno vale uno”), dall’altro la necessità di leadership.

 

Con il successo del sito beppegrillo.it nel 2005, l’Uomo Qualunque sulla scena (lo showman Beppe Grillo) ha incontrato l’Uomo Comune 2.0 (i milioni di visitatori del sito). Attraverso gruppi di discussione come i Meet Up e forme di consultazione spesso elementari – le “parlamentarie” online per scegliere i candidati, le primarie con i video da votare sempre online sul modello dei talent show, la piattaforma Rousseau lanciata nel 2016 – il MoVimento 5 Stelle ha sperimentato varie procedure per condensare i desideri dei singoli in una volontà comune, da esprimere in una deliberazione condivisa.

 

Beppe Grillo, Tutto il Grillo che conta, 2000. 

 

Ma a questo punto si apre un altro fronte: i leader dei partiti populisti sostengono di parlare a nome dell’Uomo Comune, e dunque di tutti, ma in realtà parlano a nome di una parte. Se entrano davvero nell’agone politico, diventa inevitabile la ricerca di un compromesso, che però diventa pressoché impossibile raggiungere perché tradirebbe “la volontà del movimento” (salvo appoggiarsi al carisma di un leader).

 

Le nuove tecnologie digitali rendono oggi possibile, almeno in teoria, forme di democrazie diretta. Il “qui e ora” della rete, con la sua immediatezza e onnipresenza, già consente quel referendum globale su tutto lo scibile umano offerto da un motore di ricerca come Google (“Ogni clic è un voto”, anche se manca un requisito fondamentale per una democrazia come la trasparenza delle procedure, visto che l’algoritmo che determina il Google Rank è segreto). Nel suo intervento Wim Weymans ha difeso con passione la necessità di corpi intermedi (a cominciare dai partiti politici e dai sindacati) e dunque di forme di rappresentanza. Ma quale forma potranno prendere i corpi intermedi nell’egualitarismo assoluto e (apparentemente) radicale della rete?

 

“La democrazia che conosciamo – fondata sul suffragio universale e sul sistema dei partiti (leggeri o pesanti che siano) – non è una forma immutabile, né il punto d’arrivo della storia (come qualcuno aveva pensato, prima dell’11 settembre). Può essere migliorata, adeguata e perfezionata. Abbiamo bisogno di laboratori e di sperimentazione. Il Movimento di Casaleggio e di Grillo ha avuto dei meriti in questa direzione, pur tra molti errori. Sarebbe auspicabile che non andassero dispersi. E che altri provassero a far meglio.” (Aldo Schiavone, La vecchia democrazia non è immutabile. La rete può innovarla, “Corriere della Sera”, 30 aprile 2016)

 

Sulla scena politica, sta trovando spazio un populismo 2.0 che probabilmente amplificherà i vizi e le virtù dei populismi tradizionali. Il nodo è come soddisfare il bisogno di partecipazione innescato dalle nuove tecnologie per dargli forma e trasformarlo in un processo politico democratico. In questo scenario un nuovo Uomo Qualunque, UQ 2.0 troverà nuovo funzioni e nuove occasioni di visibilità.

 

A Stand Up Politician for Democracy 2.0. Beppe Grillo and New European Populism: le slide di Oliviero Ponte di Pino (in English). 

Aldo Schiavone sul “Corriere della Sera”: La vecchia democrazia non è immutabile. La rete può innovarla (30 aprile 2016). 

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