Sabi Tauber e Carl Gustav Jung

6 Giugno 2023

Un bel mattino d’estate, sul lago di Zurigo una giovane donna arriva in anticipo a un appuntamento e, dopo aver riposto i propri abiti dietro un cespuglio, coglie l’occasione per tuffarsi nelle algide acque del lago. Mentre nuota, vede arrivare una barca a vela con a bordo due signori che attraccano proprio lì dove lei ha nascosto i vestiti e che poi scendono dalla barca. L’imbarazzo è grande, ma è presto superato, perché uno dei due signori è Carl Gustav Jung, il terapeuta con cui la donna doveva incontrarsi. 

Si apre con questo gustoso episodio dell’estate 1951 il diario degli incontri di Sabi Tauber con colui che avrebbe “messo a nudo” la sua anima, con il “Maestro”, come lei lo chiamerà: incontri accuratamente registrati e commentati che le avrebbero consentito di uscire dal tunnel della disperazione e che lei ha rievocato nell’avvincente volume Begegnungen mit C. G. Jung. Das Journal von Sabi Tauber (1951-1961). Über Gefühle und den Schatten [Incontri con Carl Gustav Jung. Il diario di Sabi Tauber fra il 1951 e il 1961. Sui sentimenti e sull’Ombra] a cura e con un commento di Irene e Andreas Gerber (editore Daimon, Einsiedeln 2021, 245 pagine). È un “diario” che rievoca la storia dei suoi incontri analitici a partire da quell’anno – allorché lei è una trentenne madre di cinque figli – sino all’anno della morte di Jung (il 1961, per l’appunto). Lei sarebbe morta nel 2002, e questo testo edito a distanza di altri vent’anni è forse una delle ultime testimonianze dirette del modus operandi dell’analista svizzero in quanto “medico dell’anima”.

Sabi (Elisabeth) Scheitlin, figlia di un ingegnere e inventore tedesco, proveniva da un’agiata famiglia svizzera che, dopo varie peripezie, dalla Russia (dove il padre lavorava per le Ferrovie), in seguito alla caduta degli Zar, nel 1917 fece ritorno a Winterthur, città in cui era nata nel 1913. Dopo la laurea in medicina, sposò un compagno di studi, Ignaz Tauber, e rinunciò alla professione per dedicarsi alla famiglia (cinque figli avuti in pochi anni) e consentire al marito di avviare uno studio medico al piano terra del loro villino: una sorte comunissima e scontata per tante donne. Conobbe Jung nel 1945 a una conferenza e si appassionò alle sue teorie, insieme al marito Ignaz, che più tardi (dal 1977 al 1984) sarebbe stato presidente del Club psicologico di Zurigo. Per gravi problemi coniugali si rivolse proprio a Jung – esperto in materia, si potrebbe dire – per trovare una prospettiva nuova da cui considerare le proprie vicende senza rimanerne vittima. 

Dopo la morte di Sabi, avvenuta nel 2001, questo suo “Diario” avvincente, di piacevole lettura e adatto anche a un pubblico non specialistico, fu affidato al figlio Christian, con facoltà di pubblicarlo dopo qualche anno, e ha visto la luce in inglese e in tedesco, come già detto, soltanto nel 2021. Esso riproduce fedelmente gli incontri con Jung, negli ultimi anni precedenti la sua morte, e riporta le riflessioni e i commenti di quest’ultimo sulle problematiche dell’amore, della creazione artistica, dei sogni e dell’Ombra, rivelando una messe di aneddoti, lettere, ricordi e parole di saggezza: parole salvifiche, capaci di ricondurre Sabi sulla via della serenità e dell’individuazione. Si tratta di commenti ed excursus che mostrano ancora una volta il modo di fare spontaneo e informale di Carl Gustav Jung, il suo senso dell’umorismo, la sua umanità, la sua sterminata cultura, la sua meravigliosa capacità di cogliere l’essenziale e il risvolto archetipico negli atteggiamenti umani. 

Al tempo stesso in questo “Diario”, corredato anche di numerose illustrazioni e disegni, emergono anche molti aspetti della biografia dell’analista zurighese non presenti in Ricordi, sogni, riflessioni (1965), come anche fotografie inedite, scattate durante gli incontri con la famiglia di lei. Dal 1955 al 1959 infatti Jung accettò l’invito della famiglia Tauber a trascorrere quattro serate a casa loro, dapprima soltanto con i familiari e poi con un ristretto numero di persone interessate alla psicologia analitica, che gli posero domande su vari argomenti: i sentimenti, l’Ombra, il simbolismo. La trascrizione di questi incontri occupa circa 50 pagine del libro ed è coperta da un copyright del 2007 della “Stiftung der Werke von C.G. Jung”. Va detto che ne esiste anche una parziale traduzione italiana (relativa solo a due dei quattro incontri), pubblicata nel volume di Jung Sui sentimenti e sull’ombra (casa editrice Magi, 2001). 

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Un lato peculiare del testo di Sabi Tauber è che esso testimonia in pari tempo l’interesse nutrito da Jung – soprattutto nel suo ultimo decennio di vita – per le più antiche tecniche divinatorie, come la geomanzia, l’I Ching, i tarocchi, l’astrologia, che egli cercava di collegare tra loro e di verificare nell’esperienza. Tale periodo coincide con il suo interesse per la sincronicità (in particolare nel suo scritto Sulla sincronicità, redatto insieme a Wolfgang Pauli), nel tentativo di dimostrare in via sperimentale le coincidenze fra metodi predittivi antichissimi (geomanzia, astrologia, I Ching, tarocchi). Nel 1950, infatti, su queste “discipline mantiche” egli aveva creato un gruppo di studio che vedeva all’opera, oltre a Sabi Tauber, anche Hanni Binder, l’inglese Mary Elliott (una conoscente di Barbara Hannah) e la propria stessa figlia Gret Baumann, un’autorità nel campo dell’astrologia, la cui influenza lo indusse a cercare nelle coincidenze astrali i nessi sincronistici tra gli eventi reali. 

Oltre ad invitare le sue aiutanti a collaborare mediante osservazioni sulla propria vita personale, Jung le faceva venire a casa sua e distribuiva a ciascuna un compito specifico, come quello di recarsi negli ospedali o nelle cliniche psichiatriche, per intervistare persone che si erano dovute confrontare con incidenti, divorzi, malattie. Egli suggeriva ai partecipanti al gruppo di lavoro di investigare casi in cui si poteva supporre che lo strato archetipico dell’inconscio fosse “costellato” (a seguito di fatti traumatici e importanti della vita) e li invitava a redigere vari tipi di procedure divinatorie: l’interrogazione dell’I Ching, la stesura dei tarocchi, la lettura dei transiti astrologici o la pratica della lettura geomantica, in base a un antico metodo predittivo orientale. Secondo Jung, in ogni singolo caso i risultati di tutte le varie procedure finivano per convergere, dato che il materiale “costellato”, attivo nell’inconscio dell’individuo, cerca di esprimersi nel mondo reale, con sincronicità fra stati d’animo ed eventi. Egli comunque non riuscì mai nel suo intento di dare un’impostazione scientifica alla ricerca basata su queste tecniche, come riferì in una lettera del 9 febbraio 1960 a A. D. Cornell: “Avevamo iniziato tali esperimenti all’Istituto C.G. Jung” di Zurigo, usando i metodi intuitivi sincronistici. Ma disponevamo di troppo pochi collaboratori, e di mezzi troppo esigui; per cui non potemmo continuare e dovemmo fermarci”.

Anche Sabi, che parallelamente portava avanti un’analisi al femminile con Barbara Hannah, aveva ricevuto compiti dal “Maestro”: lei doveva disegnare diagrammi in cui confluivano astrologia, l’I ching, geomanzia e le figure simboliche degli arcani dei tarocchi, intesi come diagnosi del preciso momento storico. Sebbene Jung non fosse propriamente il suo analista – in quanto, a partire dagli anni Cinquanta, egli non accettava più nuove persone in analisi –, per lei la porta di Bollingen o di Küsnacht  si apriva per preziosi anche se saltuari colloqui. I temi centrali discussi erano quelli dell’individuazione e del mancato impiego dei propri talenti. Ad essi si aggiungeva poi il problema coniugale, che la faceva soffrire. Gli incontri con Jung costituivano, a tale riguardo, uno stimolo per trovare la propria strada creativa nel sociale, per non sprecare i doni ricevuti. Lei si rese conto che ciò che accade ai singoli può esser visto come organizzazione del Sé: Animus e Anima agiscono spesso in modo autonomo, come fattori che conducono a mete decisive e ignote nella vita creativa dell’uomo. Essi agiscono in maniera irritante, anzi palesemente tormentosa proprio nel matrimonio, se non vengono compresi in modo adeguato dalla coscienza. 

Il suo problema amoroso, secondo Jung, rappresentava la materia prima – per usare il linguaggio alchemico – per il processo d’individuazione. Passo dopo passo, anno dopo anno si viene a delineare il percorso di Sabi che rinasceva a nuova vita grazie alle infusioni di saggezza di uno Jung anziano e paterno. Lui la rese consapevole del suo eccesso di razionalità e di realismo, eccesso che a livello sotterraneo alimentava il servus rubeus e la puella, parti dionisiache e infantili che acquistavano potere e intensità quanto più venivano soffocate. “Se dovesse fare qualcosa di dissennato” – le dice una volta Jung – “sappia che sarebbe un sollievo”. E un’altra volta: “Non bisogna essere vigliacchi. Quando si è vigliacchi e ci si vuole piegare davanti all’oscurità, proprio allora comincia l’incesto con i figli, perché si spingono i figli a fare quel che non abbiamo fatto noi”. 

In un’occasione, Sabi Tauber giunge a dichiarare apertamente al suo “Maestro”: “Ma Lei è un artista!” Lui replica: “È la vita stessa un’arte, che purtroppo dobbiamo tornare a imparare, perché siamo stati deviati dalla cultura al punto tale di aver dimenticato di seguire il flusso dell’acqua, come di un corso di acque sotterranee, vale a dire di seguire in modo del tutto irrazionale le nostre potenzialità. Se Lei versa dell’acqua su una superficie, essa trova subito una minima pendenza e si mette a fluire. Dovrebbe farlo anche Lei. Dobbiamo imparare a essere semplici come l’acqua. Noi invece viviamo in guerra con noi stessi. La critica soffoca il cuore, che però è stato creato da Dio. Quindi dobbiamo amarlo e dargli retta”. 

E in un’altra occasione, nell’invitarla a spendersi, oltre che per la famiglia (nel terreno delle Madri), anche per la società, le ribadisce: “Noi vecchi siamo cresciuti ancora nell’immagine cristiana del mondo: il mondo è a posto, noi soltanto siamo cattivi e facciamo andare tutto storto. Abbiamo una cattiva coscienza e la proiettiamo prontamente sul nostro prossimo. Di qualcuno dev’essere la colpa. Così sono nate le ultime guerre mondiali: i nostri giovani invece pensano che il mondo sia malmesso, che sia pieno di trucchi e inganni, semplicemente una porcata! Esiste un’unica possibilità di porvi rimedio ed è insita nell’uomo. Solo in noi stessi esiste la possibilità di ‘fare qualcosa’, noi siamo il grande esperimento. Allora la colpa non è più sempre del prossimo, tutto dipende dal nostro cuore”.

Sabi e Ignaz ricomporranno il loro matrimonio. Lei troverà la forza e il coraggio di riconquistarsi un posto nel mondo e di mettere a frutto i propri talenti, ricordando sempre il consiglio datole da Jung di diventare semplice come l’acqua: “Diventi semplice, molto semplice, come l’acqua. È questo il mio desiderio per Lei! E non dimentichi mai di far qualcosa per il Suo cuore… a fondo perduto!” 

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