Uccellini. Nei mondi paralleli della casadargilla

25 Ottobre 2024

C’è un nodo di partenza comune negli ultimi lavori di lacasadargilla ed è il dolore e il trauma che attraversa il tempo, anzi che forse lo costituisce, come campo di tensione che passa nei corpi, nei paesaggi, nelle creature e nelle cose che li abitano. Morti e famiglie dilaniate, nella genealogia novecentesca di When the rain stop falling di Andrew Bovell. Il trauma di un suicidio non compiuto che però resta come ombra traumatica nella storia matrilineare e transgenerazionale di Anatomia di un suicidio di Alice Birch, che ha vinto ben cinque premi Ubu 2023 (e sta per tornare a dicembre al Piccolo Teatro di Milano).
C’è un suicidio anche nell’ultimo lavoro che ha debuttato al Teatro Vascello per Romaeuropa Festival, Uccellini, da un testo della drammaturga Rosalinda Conti, voce emergente della autorialità teatrale italiana under 40, prodotto da La fabbrica dell’Attore/Tetro Vascello di Roma, con Romaeuropa e Piccolo Teatro di Milano.
La Compagnia lacasadargilla (che da anni riceve consensi e premi) lavora con sinergia da collettivo. Alla regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni, che cura anche tutti gli ambienti sonori e lo spazio scenico. Maddalena Parise è l’ideatrice di ambienti visivi (qui fondamentali) e Alice Palazzi cura il coordinamento artistico. Attorno al nucleo, ruotano collaborazioni e interpreti con una consuetudine che ha saputo dare alle opere di lacasadargilla una precisa identità stilistica.

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Anche Uccellini si va ad affiancare agli altri lavori che, come si diceva, si impastano con il bolo drammatico, partendo dal tradizionale nucleo familiare, ma che serve come lente per capire il mondo sociale intorno e qui anche un bios vivente non solo umano. A questo impianto della scrittura di Conti, che Ferlazzo Natoli definisce “bergmaniano”, si aggiungono, parafrasando il maestro svedese, sussurri digitali e versi di uccelli, presenze e ombre, immagini e musiche nella visione di teatro come organismo complesso capace di trasportarci fisicamente, percettivamente, dentro un’idea dell’esistere come disseminazione oltre sé stessi, fatto di intime corrispondenze con cicli più ampi delle singole vite e in connessione con il bios vegetale e animale.
Alla base di Uccellini una triangolazione: due fratelli e la fidanzata di uno dei due che si ritrovano, per un caso forse guidato dall’inconscio, in una casa di famiglia, isolata nel bosco. Luka (Francesco Villano) porta qui la fidanzata Anna (Petra Valentini) “per staccare”, dice, dalla vita di città e mostrarle dove ha passato parte dell’infanzia. Introduce a questo arrivo in scena una voce narrante fuoricampo (quella di Ferlazzo Natoli) che nella penombra descrive la casa “come ti immagini una casa nel bosco”, i suoi oggetti, la fattura, dando un alone da fratelli Grimm, fiabesca ma inquietante anche grazie ai suoni, alla modulazione di luci (disegno di Omar Scala). La pensavano vuota, in casa c’è invece Theo (Emiliano Masala), l’altro fratello che Luka non sente da mesi, dopo la morte della sorella Matilde, l’ultima ad aver abitato lì, da sola. Tra i due c’è risentimento, un senso di colpa che affiora dalle onde dei dialoghi che oscillano tra il colloquiale, il non-detto e la stilettata del dolore della perdita, che brilla qua e là come punta di coltello.

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Theo e Luka sono emblemi di due diversi modi di affrontare il lutto, la morte e la sua modalità (incidente o suicidio?). Theo ha “bisogno di capire” perché pensa che “poteva esserci qualcuno, è stato un incidente”. Luka si nasconde dietro i “non so”, oppone un buon senso razionale che sembra distacco, anche verso la casa (“è spettrale vorrei… che bruciasse”) ma pure è l’unico che sa che si è trattato di un suicidio. Il fantasma di Matilde è presente in tutti gli oggetti-simulacri: quaderni, una radio, le pentole, fogli sparsi, libri, soprattutto i suoi uccelli impagliati, da ornitologa, che terrorizzano Anna. È quest’ultima, dopo un primo momento in cui vorrebbe andarsene da quella sfida tra fratelli (dice a Luka “Mi hai portato nella tua casa dei fantasmi, a conoscere un cadavere”) verrà poi in qualche modo ammaliata dalle domande a bruciapelo di Theo (“Quanti morti ci sono stati nella tua famiglia?”). Anna scioglie i propri ricordi d’infanzia, ammette di aver visto il fantasma di un’amichetta morta, sblocca i racconti infantili di terrore e fantasmi di Theo e del riluttante Luka. Tutti e tre gli attori molto bravi hanno la giusta tonalità timbrica, corredata di gesti e movimenti di Villano e Masala che disegnano un sottocodice etologico non-verbale tra i due. Molto brava in particolare Petra Valentini nel far passare la sua Anna da ragazza infastidita e terzo elemento esterno a simbiotico riflesso di Matilde, maturando in sé un quasi-doppio di figura femminile stando nello spazio psichico della sorella assente, ma ossessivamente presente tra i due maschi e nella casa.

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Il focus di Uccellini, per come è stato riplasmato sulla scena da lacasadargilla, non è però stabilire una verità causale dei fatti, ma il loro senso, anche oltre il dato fattuale. Un passaggio in cui sono importanti, oltre le prove attoriali, anche quella sorta di co-personaggi che sono le connotazioni ambientali di suoni di immagini di Ferroni e Parise e di ombre (queste a cura di Malombra). Compaiono improvvise figure di animali, ripresi con telecamere termiche notturne (un soprassalto emotivo di grande efficacia). Oppure i tre personaggi avvolti dal bosco in video HD. Una connotazione spaziale che non è solo scenica, ma è senso. Lo dice Theo a un certo punto (“C’è una zona parallela un mondo parallelo, dove tutte le cose riposano”). Questa materia di viventi e cose, che è insieme mondo psichico interrelazionale tra personaggi presenti ma anche assenti, è data dalle proiezioni video su una parete di garza tra la scena e il pubblico. Una quarta parete che è pure filtro verso una dimensione sospesa che ha lo spettacolo, un organismo teatrale orchestrato e ottimamente diretto, da cui emerge una poetica del superamento di ciò che consideriamo con la parola “reale” e anche della sua impossibile definizione. 

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Uccellini ci parla della morte di chi è vicino, del lutto, ma anche di come attraversarlo, ci parla di cosa resta dei morti tra noi vivi e di come sia importante vedere l’oltre, questo “fuori” allegorico del bosco che circonda la casa. Il mondo animale che lo abita è come oggi lo pensiamo non solo incanto, bellezza, ma realtà minacciata dai disastri climatici, dunque a rischio sparizione. Così quelle riprese notturne di cervi o lupi appaiono come proiezioni di futuri fantasmi. Sia i piani della vita che le epoche sono in un ordine del tempo alterato, non lineare, quasi incarnazione dell’ipotesi dei fisici quantistici dei “moltimondi”. È uno dei tratti centrali della ricerca de lacasadargilla. Così quando Luka, il mattino dopo, sciolta la tensione tra i fratelli, trova la vecchia scatola con i fischietti-richiamo per gli uccelli e dice “ce ne sono di alcuni esemplari ormai estinti” si squarcia la possibilità non solo, appunto, dell’estinzione delle specie, ma anche che Luka Theo e Anna siano fantasmi essi stessi di un tempo forse futuro, sicuramente non collocabile. O che siano personaggi del libro che stava scrivendo la sorella, quello che Theo dice ora di “voler riscrivere” (per avere “la sensazione di essere ancora con lei”). Il romanzo è aperto sul tavolo, davanti a noi e a loro, e l’esattezza con cui la voce narrante introduce le scene, con accurata terminologia scientifica e ornitologica, rende indecidibile quale sia la dimensione teatral-narrativa in cui collocare ciò che vediamo e nell'incertezza deve rimanere. Allo stesso modo, tenere spesso in penombra la scena sembra alludere alla possibilità di scorgere quel che il poeta Charles Simic chiama “l’infraordinario” delle cose del mondo, ciò che è vivente e ciò che non lo è. I due fratelli e Anna giungeranno al termine di una loro notte tortuosa, attraversando il bosco della memoria, che nasconde un altro trauma ulteriore, sempre suicidario. Sono tre anime ingabbiate dal dolore. Per loro la mutazione avviene a partire dalla percezione che Anna ha di un orso che sente attorno alla casa. Uscendo, di fronte a quel fuori, può iniziare un’esplorazione liberatoria dei loro territori psichici, rimescolando l’idea di presenza e assenza. Si arriva al cuore del teatro, luogo in cui possiamo fare quell’esercizio fondamentale per le vite di tutti che è “ri-scrivere e reincarnare la nostra psiche”, sottolinea nelle note Ferlazzo Natoli. E forse, potremmo aggiungere, le molte anime che ci abitano.

Uccellini sarà al Teatro Eleonora Duse di Genova il 29 ottobre e poi dall’8 all’11 gennaio al Piccolo Teatro di Milano e al Teatro Gobetti di Torino dal 21 al 26 gennaio. 

Fotografie di Claudia Pajewski.

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