Una cartolina da Xinmi

12 Febbraio 2025

Nell'ottobre 2024 il mio soggiorno in Cina è iniziato al Mo Art Space, un luogo assai sui generis nell'ambito dell'arte contemporanea cinese. Tanto per cominciare non si trova in una delle città della costa (Beijing, Shanghai e Guangzhou), ma alla periferia di Xinmi, centro di circa 800.000 abitanti distante una trentina di chilometri (direzione ovest) da Zhengzhou. Zhengzhou con i suoi dieci milioni abbondanti è la capitale dello Henan, regione del centro-nord considerata la culla della civiltà cinese per i suoi gloriosi trascorsi nelle epoche Shang, Zhou, Han, Tang e Song e ora la più popolosa della Cina.

Xinmi è un agglomerato piuttosto spontaneo, formatosi nei secoli attorno a una collina che vanta, sì, una tomba di epoca Han (la tomba della caccia alla tigre, Dahuting 打虎停) ma oggi è formata in gran parte di costruzioni recenti o recentissime, ivi comprese alcune distese di grattacieli che si spingono fino ai campi di grano.

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Grattacieli alla periferia di Xinmi, Henan.

La ricchezza di Xinmi è basata sullo sfruttamento delle miniere di carbone, numerose nella zona, sulla produzione di materiali ignifughi per l'edilizia e di carta per imballaggi. I 'mei laoban' (煤老板) o 'padroni del carbone', non certo noti per la loro sensibilità in ambito culturale, erano lontani dal sentire l'esigenza di un luogo dedicato all'arte. Eppure paradossalmente forse proprio grazie al fatto che non ha nemmeno un'Accademia di Belle Arti, lo Henan ha sfornato negli ultimi trent'anni molti artisti affermati, come Zhuang Hui, Luo Yongjin, Meng Huang, Duan Zhengqu, Yin Zhaoyang, Bai Yiluo, Zhang Huan, Wang Jing, Duan Jianyu, Wang Zhongjie..., quasi tutti costretti a spostarsi altrove per ottenere il giusto riconoscimento. Il Mo Art Space doveva diventare nella mente degli ideatori (Wang Zhongjie, figura carismatica e pittore di grande talento, Xing Peijun, giovane amante dell'arte e Shen Weifeng, ex funzionario governativo) un ambiente dedicato ai protagonisti e agli amanti dell'arte, un luogo dove incontrarsi e coltivare interessi culturali lontano da Pechino o da Shanghai, un modo per rivendicare la necessità della creazione e fruizione artistica nelle aree interne del paese e permettere agli artisti dello Henan di non dover migrare. E anche un invito velato ai 'mei laoban' a dedicare una parte della loro fortuna all'acquisto di opere con le quali arricchire i numerosi appartamenti in cui avevano investito molti denari.

Non so spiegare l'origine del filo rosso che mi lega alla gente dello Henan fin dal lontano 1989, quando conobbi il primo amico originario di lì, se non con il sentore indefinito ma solido di una o più reincarnazioni. Fatto sta che nel 2013 mi fu chiesto di dedicarmi alla direzione artistica del Mo Art Space, che inaugurai quindi nel maggio del 2014 con la mostra 'Oltre la materia' (Chaoguo wu 超过物) dedicata allo studioso italiano di psicologia dell'arte Maurizio Giuffredi, mancato prematuramente l'anno prima. Fu un omaggio corale formato da opere di una cinquantina di artisti visivi di varie nazionalità, dall'italiana all'inglese, dall'australiana alla cinese.

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Manifesto della prima mostra Oltre la materia, maggio 2014. Design di Emanuele Lamedica.

Da allora ogni anno fino al 2019 lo spazio ha ospitato due o tre mostre di artisti cinesi e internazionali, ha subito una pausa forzata durante gli anni delle chiusure covidali, poi il 20 luglio del 2021 è stato danneggiato da una violenta alluvione che ha causato la morte di migliaia di persone a Zhengzhou e nella stessa Xinmi.

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Mo Art Space dopo l'alluvione del 20 luglio 2021.
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Mo Art Space dopo l'alluvione del 20 luglio 2021.

Dopo una lunga ristrutturazione, nell'ottobre 2024 lo spazio ha riaperto le porte proprio con un evento dal titolo '10 anni al Mo Art Space' (Shi nian zai Mo Kongjian 十年在莫空间), una sorta di galleria di immagini e di ritratti (dipinti da vari artisti) dei protagonisti e degli amici che lo hanno creato, sostenuto e visitato nei dieci anni della sua storia, suddiviso nelle venti mostre fatte.

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Spazio espositivo del Mo Art Space durante l'evento 10 anni al Mo Art Space, ottobre 2024.

Il visitatore che, uscito al casello dell'autostrada di Xinmi xi 新密西 (Xinmi Ovest) si ferma sullo stradone polveroso (guodao 国道, o strada statale), battuto ininterrottamente da lunghi camion sferraglianti, ed entra nel cortile interno alberato, si trova proiettato in una specie di hortus conclusus che stupisce piacevolmente e disorienta.

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Cortile del Mo Art Space.

Qui ha accesso agli spazi espositivi, rimasti quasi uguali a quelli originari: uno lungo 32 metri e largo 7 e un altro, ora adibito anche a sala da tè, di dimensioni quadrate (7 x 7 metri). I cambiamenti più evidenti hanno coinvolto l'edificio esterno prospiciente la statale, che ora ospita un caffè (Mo Cafè) e un ristorante (New Mississippi) con un menù molto inconsueto: spaghetti italiani con salsa al pomodoro, insalata di misticanze e mirtilli al miele, carne alla griglia e hot dogs, il tutto fatto al momento con ingredienti freschi. Così assicurano i gestori, alla loro prima esperienza di ristorazione, coadiuvati dal giovane cuoco che ha appreso la cucina italiana in Germania da uno chef napoletano. Il connubio arte contemporanea – cucina creativa non fa che aumentare la particolarità del luogo e non lo rende una destinazione 'popolare', anche perché con il prezzo di un caffè (25/30 yuan) ci si può saziare (senza pretese) in un ristorante più comune. Qui si vuole evidentemente attirare una fetta particolare della popolazione, magari attingendo ai circa dodicimila ex-studenti tornati dall'estero (rampolli dei 'padroni del carbone' o degli impresari edili?), che amano pranzare su tavoli adorni di fiori e frutta, con sottofondo musicale, attorniati da dipinti originali. E poiché tutto ciò si trova solo qui, ecco che arrivano anche, alla spicciolata, i fanatici dei selfie alla ricerca di sfondi inusuali.

Nei giorni dell'inaugurazione, frequentati da mane a sera da vecchi amici commossi e contenti di ritrovarsi dopo tanto tempo, sorpresi di riconoscersi nelle fotografie appese al muro, toccati dai ricordi che li circondano prepotentemente da ogni lato, il Mo Art Space rivive le atmosfere di qualche anno prima. La sensazione è di aver interpretato il desiderio di tutti di ricominciare a frequentarsi di persona, di ubriacarsi di umanità, di ricreare una rete di scambi personali e diretti al di là e oltre le migliaia di messaggi spediti via WeChat (weixin 威信) che inondano gli smartphones. Il clima è dispettoso e dopo i giorni tiepidi delle settimane precedenti si scende improvvisamente a 6-7 gradi; si pone il problema di scaldare e sfamare i convenuti e una signora del luogo si dedica a produrre una gran quantità di lumian (卤面), un tipo di spaghetti sottilissimi che si cuociono al vapore e si abbinano a un condimento (lu 卤) di carne e/o verdure. A turni si fa la fila davanti al pentolone per riempirsi la ciotola; è un gran peccato che i grandi numeri abbiano imposto l'uso di contenitori usa e getta; d'altra parte in Cina non esiste la benché minima considerazione ecologica, anzi dopo gli anni covidali si è diffusa a dismisura l'abitudine del take away che si serve di ogni tipo di oggetti mono-uso, dalle bacchette in bambù sbiancato chimicamente ai guanti di plastica per afferrare le cosce di pollo, agli strati di imballaggi multi-materiale. La comodità ha sostituito ogni altra considerazione: questa lotta sembra non avere alcuna possibilità di successo.

Gli amici che fanno capolino all'entrata vengono quasi tutti da fuori Xinmi, i più vicini da Zhengzhou o da Dengfeng (nota per il tempio di Shaolin, a circa 30 km da qui proseguendo verso ovest) poi da Luoyang (100 km), e siamo sempre nello Henan. I più lontani sono arrivati in aereo da Guangzhou, Shanghai, Shenzhen, Kunming, Chengdu, in treno da Taiyuan o da Beijing. C'è anche chi è venuto con intenzioni particolari: un direttore di televisione in pensione con cui in passato abbiamo collaborato porta con sé un grosso plico di fotocopie. È un esperto di musica antica, soprattutto di pingtan 评弹e mi confida che, dopo lunghi studi, lui e alcuni collaboratori ne ipotizzano l'origine non cinese. Vorrebbe sottoporre la sua tesi a musicologi stranieri, perché sa che in questi anni l'unica versione accettata in Cina è l'origine autoctona di qualsiasi espressione culturale, indipendentemente dalla sua sostenibilità scientifica. Nelle accademie cinesi ogni parere discordante da quello istituzionale viene soffocato sul nascere. In breve, mi affida il materiale e mi chiede di sottoporlo a qualcuno che lo possa esaminare; il suo entusiasmo è tale da non lasciare spazio a tentennamenti. Gli spartiti musicali cinesi sono totalmente diversi dai nostri e mi chiedo chi sarà in grado di leggerli, ma lui sembra nutrire una grande fiducia.

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Spartito musicale cinese.

Fra le figure ritratte dagli artisti c'è Si Long (Quarto Drago), in passato impiegato qui con le mansioni di tuttofare e mio assistente di fiducia. Lui sì che è del luogo: abita a un tiro di schioppo ed è 'capo squadra' (duizhang 队长) del suo villaggio. Il che vuol dire che si occupa in forma 'volontaria' e gratuita di molte questioni sociali, come l'organizzazione di funerali, l'aiuto a famiglie in difficoltà, la soluzione di litigi e così via. La società cinese è tuttora estremamente piramidale, i rapporti interpersonali fra individui di diversa estrazione sociale hanno motivi ben precisi, in genere di lavoro, e anche se in apparenza c'è rispetto nei confronti dei 'sottoposti', nella realtà molto raramente le relazioni sono paritarie. Si Long è imbarazzato nel vedersi protagonista sulle pareti del luogo dove soleva lavorare, si sente inadeguato, ma per me si tratta di una presenza dovuta e di una sorta di riscatto del tutto meritato.

In passato offrivamo, oltre al cibo, anche ospitalità agli ospiti venuti da lontano, ma ora non ci sono più sponsor e possiamo solo sperare che ognuno comprenda le difficoltà; d'altra parte il periodo delle 'vacche grasse' è ormai passato e tutti devono tirare la cinghia, e non poco. Chissà quale sarà il futuro di questo luogo; non è in mio potere deciderlo. So solo che i dieci anni trascorsi hanno lasciato un segno indelebile nella realtà artistica dello Henan e – modestia a parte – un po' anche della Cina.

In copertina, Manifesto dell'evento Dieci anni al Mo Art Space. Design di Emanuele Lamedica.

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