Benvenuti nel ghetto: Moni Ovadia e gli Stormy Six
Il 19 aprile del 1943 gli ebrei del ghetto di Varsavia – uomini e donne, vecchi e bambini - si ribellavano alla violenza delle SS e tenevano loro testa, armi in pugno, per quasi un mese. Si tratta del primo episodio di resistenza armata contro i nazisti; un episodio tanto più significativo perché a esserne protagonisti –in condizioni di disperata inferiorità militare e di quasi totale isolamento- sono le vittime designate della persecuzione razzista e del genocidio, i “subumani senza onore” dai quali le truppe di Hitler si attendevano solo viltà e sottomissione.
Quando Moni Ovadia ha proposto a noi Stormy Six di progettare insieme una serata di rievocazione di quell’episodio (Reggio Emilia, Teatro Ariosto, 20 aprile 2013), ci siamo messi subito al lavoro. I legami tra il gruppo e Moni risalgono agli anni ’70, ma questa era la prima occasione per una collaborazione diretta, e oltretutto il tema è strettamente legato a quello del nostro disco più conosciuto, Un biglietto del tram (1975), dedicato alla Resistenza. Le canzoni di Benvenuti nel ghetto sono nate come una sorta di “continuazione” di Stalingrado, La fabbrica, Dante di Nanni, Otto settembre: un racconto epico il cui modello è la canzone popolare, da una parte, dall’altra il rock e la tradizione “colta” del Novecento. Con una formula, si potrebbe dire: Woody Guthrie a braccetto con Hans Eisler.
Qui sotto, trascrivo il testo del pezzo che fa da introduzione allo spettacolo, una riflessione sul senso di rievocazioni storiche come la nostra. Noi ricordiamo –col canto, col racconto- i protagonisti di un evento terribile e magnifico. Il tempo, che mette al mondo i suoi figli e subito li divora, rischia di annientare il loro ricordo: noi siamo chiamati a “salvare” quelli che settant’anni fa, nel momento più buio della storia del Novecento, hanno avuto il coraggio e la forza di alzare la testa, di combattere, senza nessuna speranza di vincere. Li rammemoriamo, li rappresentiamo, li riportiamo a una presenza tutta da ripensare. In realtà, la memoria che risale la corrente e ritrova quegli uomini e quelle donne è la stessa che li ha sostenuti, che li ha guidati –attraverso la morte- verso un altro tempo: il nostro. E’ Mordechai Anielèwicz (il giovanissimo leader della rivolta) a ricordarsi di noi. E’ stata la memoria di noi (degli uomini a venire) a dare senso al suo sacrificio e a quello dei combattenti del ghetto.
Canzone del tempo e della memoria
(Testo: Umberto Fiori - Musica: Tommaso Leddi)
Questa pianta fiorita,
questo tè che hai davanti,
l’angoscia che ti prende:
un lampo, un’onda breve
quanto la gioia.
Dove corre, il presente?
Dov’è, ora, la neve
che scendeva sui campi
la sera in cui tua madre
è stata partorita?
Dov’è l’orgoglio,
l’allegria, la fatica?
Dove sono le foglie
che spuntavano quando
non eri ancora nulla,
il bosco era una ghianda
e la tua culla
un germoglio di pino?
Non ancora, mai più:
questo è il nostro cammino.
Il tempo ci fa nascere,
il tempo ci divora.
Siamo qui, ora,
ma qui, ora, è già ieri.
Verso lo stesso abisso
vanno l’uomo e la neve,
i torrenti e gli imperi.
Trattieniti, corrente:
fammi vedere
Mordechài Anielèwicz.
Tu che gli stavi accanto
mentre il tempo franava,
memoria che a ogni istante
assegni un peso e dai un nome,
cantami come
è fiorito quel mese.
Memoria che guidavi
il fucile e la mente
e tra le fiamme e il fumo
del ghetto di Varsavia
vedevi già
il futuro presente,
racconta di via Chlodna:
le esse esse in colonna
di colpo si sparpagliano.
Fuoco, dai ballatoi.
E’ Mordechai.
Si ricorda di noi.
Al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, sabato 20 aprile 2013, ore 21, un evento unico per cantare, raccontare e rivivere la rivolta del ghetto di Varsavia del 1943.