Dispaccio #10. Danza macabra
Ordigni nucleari, pandemie, disastri climatici. Distopie, fantastalgie, escapismi. La Bottega dell’Antropocene è ormai piena di cianfrusaglie inutilizzabili. L’immaginario selettivo che l’Italia ha generato è grossolano quanto coloro che hanno provato a gestirlo per rivenderselo in salsa neoliberista. I discorsi che l’accompagnano sono calibrati su un pubblico ritornato bambino perché trattato da bambino per decenni. Anche una compagine di eventi manifesti viene esorcizzata come un oggetto letterario qualsiasi da una classe di spin doctor che una volta chiamavano sé stessi intellettuali. Che cosa è successo? Immaginiamo una leadership politica che abbandona battaglie fondamentali, che annacqua nel tecnicismo l’ideale di un tempo, che litiga e si disgrega come una famiglia attorno a una grossa eredità inesigibile. Una leadership che per stanchezza e fatalismo regala il Paese a una nuova corte di avventurieri salsicciai. Immaginiamo una classe culturale che invece di ispirarla, stimolarla a reagire, invece di scuoterla e richiamarla ai propri doveri etici e immaginativi si è adeguata al nuovo standard politico e, più realista del re, si è lasciata contagiare da un desiderio di sicurezza e poltrone. Guardatela: il mismanagement viene sistematicamente negato nelle dichiarazioni ufficiali, l’incompetenza viene nascosta da successi a breve termine dovuti a contingenze occasionali. Intanto la danza macabra dell’Editore, dello Scrittore, del Critico, del Giornalista, del Lettore, del Social Media Manager, del Blogger, del Podcaster si avvicina un saltello alla volta alla Grande Scarpata. Come sarà la vita dell’operatore culturale sotto un governo politico oscurantista e repressivo? Chi sopravvivrà, e come, facendosi notare il meno possibile nella Palude dei Solo Normali? Di solito nelle danze macabre ci sono scheletri e cadaveri in primo piano. Nessun contesto, nessuno sfondo, nessun personaggio esterno, nessuna via d’uscita per l’occhio e la mente. Ma questa volta qualcosa c’è. Non si trova nei Saloni e nei Premi letterari, ma nelle Scuole e nei Parchi degli amanti. Le ultime comunità desideranti sono lì. Saranno le prime a riemergere dalla cenere con quello che avremo messo nelle loro tasche. Quanto a noi, se ci saremo, ci rivedremo oltre la faglia.
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