Nuotare con gli squali / Donne e uomini della City

3 Novembre 2016

Che tra il mondo della finanza e quello della stregoneria ci fossero molte affinità era un fatto di cui ero abbastanza convinto, ma dopo aver letto il libro di Joris Luyendijk Nuotare con gli squali, le mie convinzioni si sono rafforzate. Usando il metodo antropologico della ricerca sul campo, l’autore compie una approfondita indagine tra gli operatori di borsa che lavorano nella City londinese. “Lavorano” è forse un termine improprio, non a caso nelle maggiori lingue europee si dice “giocare” in borsa, verbo che rende molto di più l’idea di quanto l’azzardo sia centrale in questa attività. Una delle cose che emergono con maggiore forza dai dialoghi che l’antropologo olandese intrattiene con i banker che accettano di essere intervistati, è la totale inconsapevolezza di ciò che può accadere nel futuro più immediato. Si fa spesso riferimento alla crisi del 2008, che ha portato alla chiusura di grandi banche di investimento e ridotto sul lastrico milioni di persone, una crisi che nessuno, o pochissimi, neppure una settimana prima sospettava.

 

La complessità del sistema messo in piedi e il rischio sempre più elevato fanno sì che tutto possa accadere. In confronto il gioco della roulette appare molto più rassicurante: se punto sul rosso o sul nero so di avere il 50% di probabilità e se gioco su un numero so che le mie chances sono una su trentasette. In borsa no, nessun calcolo delle probabilità funziona. 

A partire dagli anni Settanta si è così avviato un processo, sempre più rapido e intenso, di finanziarizzazione del capitalismo mondiale. Il lavoro ha lasciato uno spazio sempre maggiore al capitale e alle transazioni monetarie ed è in seguito a questa trasformazione, che prende via via sopravvento lo spirito dell’incertezza. È importante riprendere la distinzione formulata dall'economista Frank H. Knight, tra incertezza e rischio. Le situazioni di rischio sarebbero quelle in cui gli esiti sono sconosciuti, ma la distribuzione delle probabilità è nota fin dall’inizio. Al contrario, in quelle dell’incertezza, la distribuzione delle probabilità è invece ignota. Il rischio è ormai parte integrale del meccanismo capitalistico contemporaneo e i dispositivi che misurano, modellano e prevedono il rischio, sono centrali nella finanziarizzazione del moderno capitalismo.

 

Ph Bert Hardy.

 

Il mondo che emerge dalle pagine di Luyendijk è fatto di attori che sembrano comprendere poco questo meccanismo, ma che soprattutto non sanno metterlo in relazione con la vita al di fuori dei loro uffici. Si potrebbe quasi parlare di “banalità della finanza”, nel sentire questi operatori dire che non si rendono conto di potere ridurre milioni di persone in miseria con un clic o una telefonata. Attori che vivono alla giornata, in una arena feroce, dove tutti sono contro tutti. Non a caso la maggior parte degli intervistati chiede l’anonimato e sceglie luoghi nascosti per incontrare l’autore. Una banca ti può licenziare in cinque minuti e quindi il tuo orizzonte di interesse è di cinque minuti.

 

Nessuna fedeltà, ognuno per sé.

Già negli anni Settanta un altro antropologo, Abner Cohen, aveva studiato le donne e gli uomini della City, una élite formata da individui che ogni giorno trattano affari per milioni di sterline senza uso di documenti scritti, combinati soprattutto a voce, in conversazioni faccia a faccia o telefoniche. Una comunità che si fonda sull’oralità e pertanto su una forte fiducia reciproca, che può esistere solamente tra persone che si conoscono reciprocamente, condividono gli stessi valori, parlano un linguaggio comune e soprattutto sono legati da una rete di relazioni primarie governate dagli stessi valori e dagli stessi modelli di comportamento. Una comunità apparentemente informale, ma dietro la quale si nasconde una trama fatta di evidenti legami anche di tipo parentale. Il tasso di endogamia tra le persone che lavorano nella City è infatti molto elevato. 

 

Ph Bert Hardy.

 

Anche Luyendijk rivela come tra computer, tablet e telefoni sempre caldi ci siano dei rituali particolari, esclusivi, caratterizzati da un linguaggio infarcito di termini tecnici, volto a distinguere chi è lì da chi è fuori. Tra chi suda per guadagnare un po’ di denaro e chi ne vede scorrere a fiumi e sa, come afferma uno degli intervistati, di lavorare in un mondo che spreca denaro. Denaro altrui.

Linguaggio esoterico, circolazione ristretta di informazioni, endogamia, abbigliamento particolare: tutti elementi che evocano valori e codici arcaici, come afferma ancora Cohen quando sostiene che in fondo la City è una comunità «tenuta insieme da un complesso corpo di usanze che, per chi ne è fuori, sono esoteriche e bizzarre come quelle di una qualsiasi cultura estranea». Una cultura che sembra operare al di fuori degli schemi dominanti, proprio come fanno maghi e stregoni. Costoro tentano di controllare e manipolare la natura servendosi di pratiche e mezzi particolari, esclusivi, di cui solo loro conoscono i poteri.

 

«Se un uomo trova un diamante, ha fortuna, se un uomo trova due diamanti, ha molta fortuna, se un uomo trova tre diamanti: è stregoneria» recita un proverbio africano. La stregoneria e la magia, infatti, spiegano ciò che è evidentemente molto lontano dalla normalità. «L’uomo pretende ragioni e spiegazioni», scriveva il grande antropologo statunitense Clyde Kluckhohn, e religione, stregoneria e magia possono fornire spiegazioni a eventi difficilmente classificabili con le categorie del quotidiano. La finanza non è molto diversa.

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