Atelier d’estate / 2

9 Agosto 2013

Ogni anno lo stesso dilemma: leggere o rileggere, colmare lacune, ritornare ai classici della gioventù o aspettare il libro per caso. Mentre spizzico, un amico, corrispondente per l’area balcanica del Frankfurter Allgemeine Zeitung, arriva con la sua scoperta. Mi passa un libro di sole foto, in bianco e nero, unico testo un’introduzione di Ismail Kadare – Loic Chauvin et Christian Raby, Marubi. A dynasty of Albanian photographers (Écrits de Lumière, Parigi 2011).

 

 

Sono ritratti di principi e barbieri, consoli e ufficiali con la sciabola, scrittori e poeti, donne velate musulmane e cattoliche, donne a capo scoperto musulmane e cattoliche, di uomini con l’abito tradizionale, di popi ortodossi, preti e mendicanti. In posa, lo sguardo volto all’interlocutore, sono le prime foto dei Balcani. I 150.000 negativi originali, foto in bianco e nero 21x27, riconosciuti patrimonio internazionale dall’Unesco, sono oggi conservati nel museo storico di Scutari.

 

 

L’originale fotografo è l’italiano Pietro Marubi. Architetto, pittore e scultore, nato a Piacenza nel 1835, in fuga per la partecipazione ai moti garibaldini, Marubi attraversò l’Adriatico e finì a Scutari, nel nord dell’Albania. Scutari, una delle città più vecchie dell’Albania, capitale del regno illirico e nel XI secolo del governo slavo, era un importante insediamento cattolico. Nel 1369 è venduta a Venezia, nel 1497 diventa conquista ottomana e tale rimane fino alla prima guerra balcanica (1912). In questa città di spie e orefici, prostitute e armaioli, dove la tradizione epica è ancora fortissima, Marubi porta la nuova professione e apre un Atelier che chiamerà “writings of light”.

 

  

 

Scatta le prime immagini nel 1858 – tra queste quella di Hamze Kazazi, l’eroe dell’insurrezione nazionale, e quella del poeta arabesh Leonardo De Martino, discendente degli albanesi scappati in Italia dopo la conquista ottomana. Marubi stupisce e conquista i suoi soggetti, nel suo Atelier lavorerà con figli e assistenti, la sua attività proseguirà per tre generazioni. Documenterà gli eventi maggiori della storia dell’Albania. Fino al 1944. Uno degli ultimi scatti ritrae un giovane Enver Hoxha che nel 1936 arringa la folla circondato da rappresentanti di altre forze politiche. In una foto successiva, ritoccata nel 1980, su quel balcone il dittatore comunista è solo. 

 

Mi accorgo per caso che la Galleria Fotoklub di Zagabria ospita, fino al 9 settembre, proprio una mostra curata da Chauvin e Raby che per vent’anni sono andati a caccia di immagini pubbliche e private, hanno identificato e digitalizzato le foto. Forse, ora che qui è Europa, il passato balcanico sta per diventare cool.  

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